di Eva Signorile

Ipogei, volontari alla riscoperta del patrimonio culturale dimenticato
BARI –  Secoli difficili, quelli del Medioevo: pestilenze, invasioni, violenze... e Bari non faceva eccezione. Ma anche in quei tempi bui, la genialità locale seppe inventare soluzioni creative per la propria sopravvivenza: così, molti abitanti di allora preferirono “ritirarsi” a vivere sottoterra. Nacquero quindi gli “ipogei”: cioè degli insediamenti abitativi sotterranei che, pur essendo tipici del Mediterraneo, qui a Bari assunsero caratteristiche architettoniche a tutt’oggi considerate uniche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ciò che rende tanto speciali gli ipogei della nostra città rispetto ai “cugini” sparsi nei Paesi dell’area mediterranea, è la presenza di un atrio esterno e l’esistenza del “criptoportico”, cioè un portico sotterraneo attorno al quale si distribuiva il resto dell’abitazione, secondo il modello tipico delle ville romane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nonostante la loro eccezionalità architettonica, gli ipogei di Bari stanno progressivamente affondando nelle sabbie mobili del degrado e dell’incuria delle persone, vittime spesso di un’urbanizzazione spericolata e poco attenta alle nostre radici, malgrado molti di essi siano anche sottoposti a vincoli di tutela.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alcuni cittadini hanno deciso di ribellarsi a questo stato di cose e, stanchi di lanciare appelli alle istituzioni preposte alla protezione e alla valorizzazione dei nostri tesori storico-culturali, hanno preferito compiere il più rivoluzionario dei gesti: rimboccarsi le maniche e scendere in campo. È nata così la “squadra ipogei”, guidata dalla storico Sergio Chiaffarata, che organizza visite guidate gratuite negli ipogei.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Luigi Macchia, ingegnere barese 36enne, fa parte della “squadra” che ora conta circa una decina di persone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Come funziona la “squadra ipogei”?

«Ci organizziamo sfruttando facebook, nello stesso modo in cui si organizziamo le visite guidate: Chiaffarata pubblica sulla sua bacheca il giorno e il luogo di intervento. Una volta sul posto, facciamo i lavori più disparati: scaviamo, zappiamo, puliamo i siti dalle erbacce che li ostruiscono, li liberiamo dalle pietre. L'ultima volta abbiamo lavorato quasi per tutto il giorno, allestendo il sito per la visita serale e illuminandolo con le tea light».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Episodi curiosi da ricordare?

«Un giorno abbiamo ritrovato due grosse casse di legno e abbiamo chiamato la polizia perché temevamo il peggio: si è scoperto poi che contenevano ossa di cani. Ma la cosa più divertente è stata che la polizia ci ha interrogati a lungo per capire cosa facessimo lì.  Un’altra volta, faceva già caldo, siamo stati attaccati da parassiti. Per questo motivo, in estate, sono state interrotte le visite e i lavori della squadra»

Cosa spinge questa sorta di “armata Brancaleone” a passare il sabato a lavorare?

«E' una domanda che mi rivolgono anche gli amici, che spesso pensano che il mio interesse sia dovuto alle ragazze della squadra. In realtà ho sempre sognato di fare l’archeologo e poi, anche se abbiamo percorsi culturali e di vita completamente diversi, c’è un bel clima tra noi del gruppo, perché siamo legati dal desiderio di restituire nuova dignità a questi tesori».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per saperne di più sugli ipogei di Bari: http://www.facebook.com/groups/298412943513962/


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