Un'area verde che unisca Bari vecchia al porto: il sogno Parco del Castello
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martedì 28 ottobre 2014
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di Salvatore Schirone
Quel sogno è il “Parco del Castello”. Un progetto che sarebbe capace non solo di valorizzare uno dei monumenti simbolo di Bari, ma in grado di aprire finalmente il porto ai cittadini, restituendo alla città un pezzo di mare che le è stato tolto. Ma cos'è questo Parco del Castello? Chi lo sogna? Da cosa è ostacolato? Siamo andati a chiederlo ad uno dei suoi più convinti sostenitori, l'architetto Arturo Cucciolla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima che scoppiasse il caso della palazzina pare che nessuno sapesse dell'esistenza di un progetto di parco urbano intorno al Castello.
Eppure il progetto risale all'inizio degli anni 90. Fu proprio il Comune di Bari, in attuazione del piano regolatore generale "Quaroni" del 1972, a commissionare un “Piano particolareggiato per Bari vecchia” che oltre a stabilire regole per gli interventi privati nell'area del borgo antico, prevedeva anche importanti opere pubbliche. Tra queste, la valorizzazione del Castello attraverso la realizzazione di una grande area pedonale e verde estesa da piazza Ruggero il Normanno (la cosiddetta “banchina”) fino a piazza Massari, con lo spostamento dell'attuale strada che costeggia il Castello nell'area portuale, al di là degli attuali uffici del Provveditorato ai lavori pubblici (confronta i disegni nella galleria fotografica). Il piano fu approvato dal consiglio comunale di Bari nel 2001 all'unanimità, con una sola astensione. Alcune opere pubbliche hanno visto la luce negli anni scorsi, vedi la riqualificazione e pedonalizzazione della Muraglia e di piazza del Ferrarese. Ma il Parco del Castello è rimasto inattuato. Sono stati i cittadini, questa volta, a riportarlo alla memoria della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per i detrattori l'idea Parco del Castello appare come un novità stravagante, tirata in ballo solo per fermare i lavori di costruzione della palazzina del Provveditorato.
E invece l'idea è tanto antica quanto lungimirante. Possiamo farla risalire al 9 giugno 1906, quando il noto giornalista del Corriere delle Puglie, Armando Perotti, raccontando l'evento del giorno, l'abbandono del Castello da parte dell'Arma dei Carabinieri, si augurava che fosse liberato anche dai carcerati. Il Castello infatti era anche un istituto di detenzione. Perotti annotò: «Tutti dissero di star male (nel Castello), carcerati e gendarmi, topi e gatti». Egli si rendeva conto che la città non poteva tollerare la riduzione a carcere di uno dei suoi più insigni monumenti e per primo auspicò la sua destinazione a museo, immaginando «che là dove arrivavano i flussi marini vi fossero fiori e verde guarnire il rinascente Titano». Cioè che il verde si potesse estendere nella neonata spianata costituita proprio in quegli anni dopo l'interramento del mare che lambiva in passato il costone del Castello (alcune foto d'epoca in galleria).
A sostegno di questa visione, nel 1930, l'allora soprintendente ai monumenti della Puglia e Basilicata, Quintino Quagliati, appose un vincolo di tutela per garantire “luce e visibilità al Castello”. La cartografia mostra chiaramente che il perimetro del vincolo abbracciava una buona parte dell'attuale area portuale estendendosi fino alla dogana. Il suo intento era quello di evitare edificazioni e a scongiurare che eventuali infrastrutture viarie sorgessero a ridosso del Castello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E cosa è successo dopo?
La solita storia. I “poteri forti” hanno imposto la logica della deroga al vincolo e l'oblio dell'idea originaria. Per primo fu proprio Araldo Di Crollalanza, che da ministro dei lavori pubblici (1930-1935), malgrado la forte resistenza di Quagliati, impose la costruzione di quello che sarebbe diventato l'attuale Lungomare De Tullio che costeggia il Castello tagliandolo dalle restante area verde che negli anni successivi fu pure inghiottita nel demanio del porto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La seconda grave deroga al vincolo fu dettata nel 1954 dall'allora soprintendente Franco Schettini, che concesse il nullaosta alla costruzione della palazzina del "genio opere marittime" per la quale oggi si sta completando il suo ampliamento. In quegli anni era il Ministero ad autorizzare direttamente l'opera e Schettini in una lettera del'11 marzo dichiara di non essere riuscito a convincere l'ufficio di genio a scegliere altri luoghi, «mantenendo libera la zona di rispetto del monumento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi la storia si è ripetuta anche questa volta?
Infatti. Oggi la Soprintendenza dei beni architettonici, nella persona di Emilia Pellegrino, riconosce il vincolo ma poi dice che i lavori in corso sono compatibili con esso a causa della notevole azione di antropizzazione dell'area, cioè del fatto che l’uomo nel frattempo sarebbe intervenuto pesantemente su quell’ambiente, trasformandolo. Cosa assurda dato che l'attuale legge dello Stato del 2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, ha accolto e inglobato in sé tutti i vincoli precedenti aggiornando la terminologia ma confermando ed estendendo la loro sostanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come pensate di recuperare ora il progetto, dal momento che la Camera di consiglio del Tar lo scorso 15 ottobre con un’ordinanza ha revocato il fermo dei lavori e dato il via al completamento della palazzina?
Malgrado ciò il sogno del Parco del Castello e il nostro impegno sono più vivi che mai. Anzi, porteremo l'ordinanza davanti al Consiglio di Stato. Quegli edifici saranno demoliti. Siamo infatti convinti che il Parco del Castello prima o poi si farà. E' una grossa opportunità non solo paesaggistica per la nostra città ma anche economica e turistica. E già da ora si può cominciare a realizzarlo: possiamo subito ripartire rimettendo il verde al posto dell'attuale orribile parcheggio della banchina, come prima cosa. Il Comune ha recentemente ribadito il suo impegno in questa direzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma il Comune non ha soldi e nel passato ha fatto scelte di senso opposto, vedi la ristrutturazione di piazza Massari che certo non è in linea con l'idea del Parco.
Abbiamo avanzato grosse critiche sui lavori in quella piazza. Il piano particolareggiato prevedeva lì la pedonalizzazione della strada che costeggia la piazza e porta a Bari Vecchia. Lo stesso dicasi per la concessione di licenze per paninoteche e bar. Il piano prevedeva invece incentivare gli esercizi di artigianato. Ci aspettiamo ora segni concreti, per esempio che il Comune apra i cancelli del porto per ridare alla città l'affaccio sul suo mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il Provveditore Francesco Musci nella nostra intervista ci disse però che dopo l'11 settembre questo è impensabile per motivi di sicurezza.
Non è tema di mia competenza, ma non posso che prendere atto che grandissimi porti, come ad esempio Genova, sono aperti alla città. A Trieste ci sono i moli di imbarco e c'è pure una delle più belle piazze neoclassiche d'Italia dove la gente ci passeggia regolarmente. Certo, per fare questo la condizione è che si apra un tavolo di confronto tra Comune, Soprintendenze, Autorità portuale e militari, enti che oggi spesso non parlano tra loro.
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Scritto da
Salvatore Schirone
Salvatore Schirone