Daniel Pennac, Bari accoglie lo scrittore con incanto ed empatia
Letto: 3723 volte
domenica 18 novembre 2012
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di Eva Signorile
Davanti a un pubblico eterogeneo, costituito da bambini, ragazzi, adulti e anziani, l’autore ha letto brani tratti dal suo libro. Lo scrittore ha incantato tutti riuscendo a sviluppare un’empatia tale per cui, a un certo punto, le sue parole arrivavano ai lettori senza più attendere la traduzione della brava interprete.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Pennac racconta che il titolo originario dell’opera era “Diario di un corpo”. «Questo titolo – sottolinea l’autore in un italiano traboccante di “r” arrotate - spiega effettivamente tutto: un uomo che scrive il diario del suo corpo, dai 12 agli 87 anni». Il narratore inizia a scrivere il diario del proprio corpo in reazione a un trauma: durante un campo scout, i compagni di squadra lo legano a un albero e lo lasciano solo nella foresta. Inizialmente il ragazzo sente di poter dominare le sue ansie, ma la scoperta di un formicaio lì vicino ha su di lui effetti devastanti: la paura che lo assale è tale che il povero dodicenne se la fa letteralmente sotto. Tornato a casa, il ragazzo inizierà la stesura dei quaderni, scrivendo più volte la frase “Non avrò più paura”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Così, ha inizio l’avventura di questo corpo che è anche un po’ quello di tutti noi. Pennac gioca infatti con il pubblico, chiedendo a ognuno un'età, che lui rintraccia all’interno del libro: pubertà, adolescenza, maturità e senilità. Tutte le fasi della vita di un uomo sono infatti presenti in questo libro, ma viste attraverso una prospettiva inusuale: quella di un corpo. Odori, sapori, sensazioni visive e uditive: ogni giorno annotato in questo diario è una vera scoperta di come il nostro corpo agisce, al di là della nostra volontà o della nostra ragione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è la rivelazione della merenda a base di pane con il mosto fermentato di uva fragola, intinto nel latte freddo e che richiama la “madeleine” di Marcel Proust, come, diverse pagine più in là ammetterà lo stesso narratore e c’è ancora il gusto del caffè di cicoria degli anni passati nella resistenza. Ma c’è anche la curiosità per la prima eiaculazione notturna o la scoperta della malattia, sempre più frequente con il trascorrere degli anni. Pennac si conferma un grande scrittore anche quando scrive di rutti, flatulenze e deiezioni corporali, perché su tutto, posa il suo sguardo ironico, a tratti dissacrante, che non concede mai spazio alla volgarità.
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