L'oasi di Torre Calderina: fra terra e mare un rifugio per piante e animali rari
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martedì 27 novembre 2018
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di Eva Signorile
L’area, protetta da vincoli paesaggistici, si trova a metà strada tra Molfetta e Bisceglie. Per raggiungerla da Bari è necessario percorrere la statale 16 fino ad arrivare nei pressi del lido Nettuno, struttura che durante la bella stagione organizza tour all’interno dell’oasi. Nel resto dell’anno però se si vuole arrivare sul litorale non resta che imboccare una stradina sterrata che si trova subito dopo lo stabilimento balneare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il viottolo, che costeggia il muro di cinta di un ex cementificio, ci porta dopo cinquecento metri sul mare. Sulla nostra destra sfila la silhouette della Torre Calderina che dà il nome alla zona. Si tratta di una delle 6 torri di avvistamento presenti nel barese, costruite nel 500 dagli spagnoli per contrastare gli attacchi degli invasori provenienti dal mare. Oggi per via del suo isolamento è frequentata anche dai nudisti.
Non ci resta ora che cominciare a perlustrare gli scogli bianchi e levigati che sono sotto i nostri piedi. Tra le fessure spuntano numerose piantine, tra cui una molto speciale che mostra ancora i segni di una recente fioritura. «È il limonio del Caspio: ormai cresce solo in qualche specifica parte del Nord Barese», ci spiega la nostra guida, il naturalista Enrico Ricchitelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’esperto ci racconta che proprio davanti a questo tratto di costa ha scoperto l’estate scorsa due gruppi di cavallucci marini, di cui ci mostra le foto. «Si tratta di una specie in via d’estinzione – chiarisce Enrico –. È veramente difficile avvistarli sulle coste pugliesi, anche se pare che qui abbiamo trovato un ambiente idoneo alla loro sopravvivenza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo ora leggermente verso nord, per avventurarci in un altro sito di interesse naturalistico: il “Pantano”. «Si tratta della foce di lama Santacroce – spiega la guida – anche se in questo punto confluiscono pure le acque del depuratore di Ruvo e Corato». E questo spiega l'odore non proprio “marino” che percepiamo al nostro arrivo. Malgrado ciò, il luogo è un piccolo angolo fuori dal tempo: un quieto specchio di mare in cui dondolano placidamente colorati gozzi in legno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il Pantano è un luogo “umido”, caratterizzato da canneti che attirano numerosi uccelli. Mentre parliamo notiamo infatti zampettare pigramente davanti a noi un maestoso airone cenerino. Non facciamo in tempo però a fotografarlo: l’animale dispiega le ali e scompare in un attimo nel cielo. La nostra presenza disturba anche una bianca garzetta, che vola via in fretta assieme a un gabbiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«L'airone e la garzetta sono esemplari “da passo” – sottolinea Enrico – vivono nel Nord Europa per poi migrare in Africa a svernare. Utilizzano quest’area come “autogrill”, per ristorarsi prima di riprendere il lungo viaggio. E’ possibile vederli qui in autunno, quando si spostano verso sud o in primavera, quando tornano al nord. Accade a volte però che all'interno di uno stormo ci siano individui più fragili che, impossibilitati a proseguire, decidono di rimanere nell’oasi per il resto dell'anno».
Lasciamo ora la costa per dirigerci verso l’interno, una zona coltivata che rappresenta l'ultimo tratto di ecosistema agrario costiero a nord di Bari prima delle Saline di Margherita di Savoia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui c’è un pozzo in cui Enrico ha scovato dei “gamberi salentini”, chiamati così perché notati per la prima volta nella grotta della Zinzulusa, nel leccese. «Sono animaletti ciechi che vivono nelle zone in cui ci sono sorgenti di acqua dolce - ci racconta Ricchitelli -. Si tratta di una specie rarissima, finora avvistata solo in Salento, qui e a Mola di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E mentre ammiriamo un carrubo dell’età di duecento anni, Enrico ci mostra il rudere di un caseggiato rurale, uno dei luoghi frequentati dal colubro leopardino. «Si tratta di un serpente innocuo e assai difficile da scorgere – spiega -. Ormai si trova solo in determinate zone del barese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Infine l’ultima meraviglia del posto: le orchidee selvatiche. Il naturalista ha censito 14 specie, tra cui “L’orchidea di Robert”, di cui è presente un unico esemplare. Per questo si sta dedicando a una paziente opera di impollinazione, nella speranza che possa servire a moltiplicare il loro numero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È l’ennesima particolarità di quest’oasi: un luogo sospeso fra terra e mare, prezioso rifugio per animali e piante che hanno deciso di provare a sopravvivere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- nicola - Complimenti Eva, io mi occupo del VillaggiolidoNettuno e mi sono emozionato durate la lettura. Complimenti