Molfetta, Palazzo Poli: un viaggio nel passato tra antichi cimeli e nobile splendore
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giovedì 2 maggio 2019
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di Eva Signorile
Il Palazzo è stato aperto al pubblico dal febbraio scorso per delle visite gratuite su prenotazione: ne abbiamo approfittato per dargli un’occhiata. (Vedi foto galleria).
L’edificio in pietra, a due piani, si presenta con una facciata rettangolare munita di tre balconcini e dieci finestre, abbellite da persiane verde chiaro. Sul portone si staglia lo stemma della nobile famiglia: sormontato da una corona, raffigura sette stelle sul mare e l’ago di una bussola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo aver varcato il portone in legno, ci ritroviamo in un androne dove una targa celebra i giorni del maggio 1847 in cui il re Ferdinando II di Borbone e la regina Maria Teresa soggiornarono proprio qui, ospiti di Giacinto Poli. I reali erano a Molfetta per controllare lo stato dei lavori della nuova banchina del porto e ne approfittarono per passare qualche ora in compagnia degli “amici molfettesi”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sì, perché Giacinto era il nipote di Giuseppe Saverio, fisico, biologo e naturalista che era stato precettore di Francesco, principe ereditario del Regno delle Due Sicilie, cosa che lo aveva portato a stringere solidi rapporti tra i Borbone e i Poli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È quindi con una certa soggezione che imbocchiamo la rampa di scale in pietra che ci conduce all’appartamento situato al primo piano. Una volta dentro varchiamo la porta sulla nostra destra, per ritrovarci nella “stanza degli avi”, così chiamata per la presenza dei ritratti dei membri della famiglia. Non è la sala più ricca della casa, ma possiamo già comprendere cosa ci aspetta per il resto del tour: un viaggio in un vero e proprio “regno dell’antiquariato”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ambiente, pavimentato con un marmo rosa tenue che ritroveremo poi in tutto il palazzo, è di fatto uno studiolo. Alla nostra sinistra troviamo un accogliente caminetto e uno scrittoio a ribalta su cui fanno mostra di sé un libro rilegato in bianco e delle rose seccate, che il tempo non è riuscito a privare dell'antica bellezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una porta ci introduce invece nella camera da letto. Qui l'atmosfera si alleggerisce: le pareti sono tappezzate da una carta da parati a righe in colori pastello e spicca il grande letto matrimoniale. Cattura l'attenzione un'imponente culla sormontata da un'aquila in legno. «È del 700 e viene da Vienna», ci dice la nostra guida, Isabella De Pinto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di fronte si trova un terzo ambiente: è particolarmente luminoso, ma solenne. La statua di un santo si erge al centro, un'altra brilla sul fondo a sinistra: siamo infatti nella cappella di famiglia. Una consolle ospita vari oggetti votivi o religiosi: un libro di preghiere, un ostensorio al cui interno si intravede una reliquia e, poco più in là, un "turibolo" in metallo, cioè un vaso utilizzato per spargere l'incenso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo per ritrovarci in un'accogliente stanzetta decorata nei toni pastello: il rosa cipria del divano e delle poltroncine duetta con il verde salvia di una vetrinetta profilata in oro che ci sorveglia da un angolo. Un elegante cappello a tesa larga sembra dimenticato lì da qualche nobile dama: non ci è difficile immaginarla mentre, adagiata sul sofà, sorseggia un caldo tè, godendosi qualche minuto di tranquillità in questo lezioso ambiente. «Siamo nella "Saletta cinese" – ci avverte la guida -, così chiamata perché un tempo qui dentro erano presenti tele e disegni cinesi, poi diventati patrimonio di un altro erede della famiglia. L’estremo oriente è però ancora ricordato dal soffitto, il cui disegno ricorda una pagoda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lasciamo il piccolo locale per entrare in un luogo la cui maestosità è anticipata da tre monumentali lampadari in cristallo e ottone. Siamo nella "Sala delle feste", la più sontuosa, dedicata alla pinacoteca della Reggia di Caserta. Non a caso, sulle cinque porte, compaiono altrettante tele: tutte copie di altrettanti dipinti presenti nell’antica dimora dei Borbone. Tra spade e lettere del re Ferdinando I, un grande specchio dorato riflette in un gioco di rimandi e richiami la vertigine di ori e cristalli che ci circondano. Infine una statua che raffigura Giuseppe Saverio è sistemata sul fondo: sembra scrutare il mare, forse nella speranza di carpirne un nuovo segreto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da ultima, visitiamo la stanza "Giuseppe Saverio Poli", forse la più graziosa. Qui, la carta da parati si carica di un allegro turchino e di motivi floreali, andando a sfidare il rosa del pavimento, solcato da intarsi neri che riproducono dei fiocchi. Su una parete fa sfoggio un presepe napoletano settecentesco, disposto su più livelli, mentre i ghirigori di un enorme lampadario diffondono una calda luminosità, amplificata dal grande specchio incastonato tra le vetrinette. Al centro, su un ripiano in marmo, trova posto un orologio-carillon in ottone. Proprio mentre lo osserviamo ci omaggia dei suoi musicali rintocchi: è il segnale che il nostro tuffo nel nobile splendore del passato, purtroppo, è volto al termine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per visitare Casa Poli: 0803340519
(Vedi galleria fotografica di Eva Signorile)
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