di Mina Barcone

Il cimitero polacco di Casamassima, meta di persone alla ricerca del proprio passato
CASAMASSIMA - Immerso tra i vigneti, curatissimo e meta di tante persone alla ricerca del proprio passato. Parliamo del piccolo cimitero militare polacco di Casamassima, alle porte di Bari: qui riposano 431 soldati morti in battaglia su suolo italiano durante la Seconda guerra mondiale, tutti al servizio degli Alleati che tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944 cominciarono a risalire la Penisola per scacciare i nazifascisti. (Vedi foto galleria)

Di camposanti simili in tutto lo Stivale ce ne sono solo altri tre: a Montecassino, Loreto e Bologna, anch'essi colmi di vite spezzate nei due anni di lotta contro tedeschi e repubblichini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'esigenza di costruirlo nasce al termine del 1943, quando gli Alleati sbarcano a Taranto. I combattenti che arrivano in Puglia sono in gran parte inglesi, ma tra loro figurano anche 50mila uomini del Secondo corpo polacco, guidati dal generale Wladyslaw Anders, che subito lascia la sua "impronta" su tutta la regione. Organizza infatti centri di addestramento come quelli di Ostuni e Fasano, stabilisce il suo quartier generale a Mottola e allestisce due ospedali militari a Palagiano e Casamassima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Subito nel piccolo comune dell'hinterland barese si instaurò un certo feeling con la popolazione locale. A raccontarcelo è Gianluca Vernole, che assieme a Stefania Castellano e alla polacca Zaneta Nawrot fa parte della "Piccola Polonia", associazione nata lo scorso ma che i cui membri da un decennio si occupano di ricostruire quei mesi così drammatici e aiutare chi cerca notizie sui propri cari scomparsi all'epoca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È il 1944 quando qui vede la luce il più grande complesso sanitario polacco dell'Italia meridionale - spiega Gianluca -. Fu predisposto nell'edificio che oggi ospita la scuola elementare "Marconi", accogliendo anche i civili: gratuitamente. "Niente soldi, piuttosto mettete dei fiori alla Madonna" rispondevano i coraggiosi medici ai casamassimesi. Naturalmente nel nosocomio giungevano soprattutto centinaia di polacchi feriti in giro per la Penisola, molti dei quali provenivano dalle battaglie di Ancona, Bologna e quella celebre di Montecassino. Non tutti purtroppo sopravvissero durante la degenza: da qui si avvertì l'esigenza di edificare un luogo di sepoltura a pochi chilometri di distanza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E 73 anni dopo quel luogo è più "attivo" che mai, soprattutto se confrontato con la desolazione del Bari war cemetery, eretto nello stesso periodo per sotterrare i corpi degli Alleati caduti nel terribile bombardamento del porto del capoluogo pugliese del 2 dicembre 1943. Quello di Casamassima è infatti visitato da scolaresche e parenti dei defunti provenienti da tutto il mondo ed è impreziosito ogni 2 novembre da una funzione commemorativa preparata dal Comune. Il decoro è assicurato da due custodi stipendiati da "Onorcaduti", struttura dipendente dal Ministero della Difesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo andati alla scoperta del cimitero. Ci immettiamo sulla statale 100 in direzione Taranto e imbocchiamo l'uscita Adelfia-Rutigliano-Valenzano, guidando lungo la complanare in senso contrario. Dopo tre chilometri un cartello ingiallito segnala la svolta a sinistra che conduce alla nostra meta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un viale alberato circondato da vigneti porta davanti all'ingresso monumentale, costituito da quattro imponenti colonne. Quelle centrali riportano i disegni simmetrici neri di una donna che impugna una spada e uno scudo: è la sirena di Varsavia, stemma del Secondo corpo polacco. Sui pilastri laterali invece sono citati gli anni 1943 e 1946, praticamente l'inizio e la fine di questa presenza straniera in Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Sulla sommità dell'entrata campeggia una grossa scritta latina, interrotta da solo da una grande croce: Bonum certamen certavi fidem conservavi – ideo reposita est mihi corona iustitiae, cioè "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia". Ai lati dell'accesso spiccano inoltre due colonnine con sopra la statua dell'emblema nazionale polacco: una grande aquila coronata con le ali spiegate, entrambe realizzate da uno scalpellino di Casamassima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo all'interno del sepolcreto, circondato da cipressi e organizzato su un'area rettangolare. Dopo esserci lasciati alle spalle due grosse bandiere (una polacca e l'altra italiana) camminiamo lungo il viale principale. Ai nostri lati osserviamo in silenzio decine e decine di croci bianche disposte per file: ciascuna di esse ha una targa in bronzo che indica grado militare, nome, cognome, data di nascita e di morte del caduto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Leggiamo di veterani come Matczak Jan, spirato a 50 anni, ma anche di giovani come il 24enne Olkiewicz Franciszek e il 23enne Soroko Michal. Ci sono persino dei 17enni che per colpa delle armi non sono mai riusciti a diventare adulti. Colpisce che in tutta l'area non vi sia traccia di foto, fiori e lumini: per regolamento infatti è proibito depositare qualunque oggetto sulle tombe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poco più avanti troviamo l'altare monumentale di marmo, poggiato su un supporto di sei scalini. Alla sua base notiamo una targa bianca con su scritto Ne vi ius opprimatur fortiter et nobilitier ceciderunt, che in italiano significa "Non distrutti dalla forza della legge, caduti coraggiosamente e nobilmente". Sulla parte alta dell'opera balza all'occhio invece l'effigie nera della Madonna di Czestochowa, patrona della Polonia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltrepassiamo il monumento e guardandoci attorno ci accorgiamo di alcune lapidi con la stella di David, simbolo dell'ebraismo e di altre con la mezzaluna e la stellina, emblema della fede musulmana. Poco più in là si stagliano una decina di croci ortodosse, che a differenza di quelle cristiane hanno un doppio asse orizzontale. «Qui i soldati riposano tutti assieme - sottolinea Vernole -. Si consideravano fratelli, a prescindere dalla religione professata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La nostra guida mostra alcune delle foto scovate in anni di studi. «Il signore qui ritratto è Andrej Dolecki - afferma brandendo una delle immagini - ferito a Montecassino e morto nell’ospedale militare di Bari. Era fidanzato con una certa Antonina: lo sappiamo perchè due anni fa Elisabeth, nipote della donna, è venuta qui a visitare la sua tomba. I due innamorati furono costretti a separarsi a causa della guerra: Andrej venne in Italia, Antonina finì in India. Lei fece forgiare un anello di fidanzamento che avrebbe mostrato al suo innamorato, il quale però non fece più ritorno. Così dopo 70 anni, sopraggiunto il decesso della signora, la nipote ha voluto "realizzare" il suo desiderio, portando il gioiello davanti alla lapide del defunto perito in battaglia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perchè a distanza di più di 70 anni dalla fine delle ostilità, quel conflitto continua a dar vita a storie commoventi. «Proprio ultimamente – racconta uno dei due custodi che ci ferma prima di andare via – ho assistito a una scena toccante. Una donna sulla settantina giunta qui da lontano che piangeva dalla gioia: dopo decenni di ricerche era riuscita a trovare in questo luogo la salma del padre scomparso in guerra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Daniela Barcone)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Partendo dal centro abitato ci immettiamo sulla statale 100 in direzione Taranto e imbocchiamo l'uscita Adelfia-Rutigliano-Valenzano, guidando lungo la complanare in senso contrario. Dopo tre chilometri un cartello ingiallito segnala la svolta a sinistra che conduce alla nostra meta
Un viale alberato circondato da vigneti porta davanti all'ingresso monumentale...
...costituito da quattro imponenti colonne
Sui pilastri laterali sono citati gli anni 1943 e 1946, praticamente l'inizio e la fine della presenza polacca in Italia
Sulla sommità dell'entrata campeggia una grossa scritta latina: Bonum certamen certavi fidem conservavi – ideo reposita est mihi corona iustitiae, cioè "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia"
Ai lati dell'accesso spiccano inoltre due colonnine con sopra la statua dell'emblema nazionale polacco: una grande aquila coronata con le ali spiegate, entrambe realizzate da uno scalpellino di Casamassima
Entriamo all'interno del sepolcreto, circondato da cipressi e organizzato su un'area rettangolare, con due vialetti interni che si intersecano formando una croce
Ai nostri lati osserviamo in silenzio decine e decine di croci bianche disposte per file: ciascuna di esse ha una targa in bronzo che indica grado militare, nome, cognome, data di nascita e di morte del caduto
Poco più avanti troviamo l'altare monumentale di marmo, poggiato su una base di sei scalini. Sulla parte alta dell'opera balza all'occhio invece l'effigie nera della Madonna di Czestochowa, patrona della Polonia
Oltrepassiamo il monumento e guardandoci attorno ci accorgiamo di alcune lapidi con la stella di David, simbolo dell'ebraismo e di altre con la mezzaluna e la stellina, emblema della fede musulmana
Poco più in là si stagliano una decina di croci ortodosse, che a differenza di quelle cristiane hanno un doppio asse orizzontale. «Qui i soldati riposano tutti assieme - sottolinea Gianluca Vernole, la nostra guida -. Si consideravano fratelli, a prescindere dalla religione professata»
La nostra guida mostra alcune delle foto scovate in anni di studi. «Il signore qui ritratto è Andrej Dolecki - afferma Gianluca brandendo una delle immagini - ferito a Montecassino e morto nell’ospedale militare di Bari»
Andrej Dolecki era fidanzato con una certa Antonina. I due innamorati furono costretti a separarsi a causa della guerra: Andrej venne in Italia, Antonina finì in India. Lei fece forgiare un anello di fidanzamento che avrebbe mostrato al suo innamorato, il quale però non fece più ritorno. Così dopo 70 anni, sopraggiunto il decesso della signora, la nipote ha voluto "realizzare" il suo desiderio, portando il gioiello davanti alla lapide del defunto perito in battaglia
Gianluca ci fa vedere altre tre instantanee in bianco e nero. La prima, ottenuta dal Sikorski Museum di Londra e scattata dal tetto dell'ospedale, immortala alcune tende piazzate attorno all'edificio
Un'altra ritrae invece il personale medico del nosocomio militare intento a visitare un paziente: è stata donata dal Marian Juras, infermiere in servizio che finì per sposare una ragazza di Casamassima
Sull'ultima c'è il volto di Tadeusz Sokolowski, colonnello e direttore del reparto di ortopedia, nominato poi cittadino onorario del Paese per le cure concesse ai civili



Mina Barcone
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  • andrea santoro - mancano gli orari e i giorni di apertura
  • VINCENZO - Ho visitato dal 1963 al 1967 il Cimitero Militare Polacco di Casamassima. Ogni 2 Novembre andavo insieme a mio padre buonanima che ara Carabiniere in servizio alla Stazione Caabinieri di Casamassima e per me anche ora a distanza di oltre 50 anni è sempre una forte emozione vedere questo luogo santo.


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