Palese, villaggio neolitico: relazioni inidonee nel silenzio degli esperti
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lunedì 9 marzo 2015
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di Eva Signorile
Tutta la vicenda ruota quindi attorno alla sentenza del Tar (n. 2884) del 2006, che è stata espressa a seguito del ricorso inoltrato da uno dei proprietari del suolo, contro l'imposizione del vincolo indiretto sull'area. Siamo riusciti a leggere questo documento (vedi foto galleria), che di per sé dice molto poco. Bisogna in realtà risalire a una sentenza precedente, la n. 5660 del 2005 che abolisce il decreto di imposizione del vincolo indiretto sulle proprietà vicine. Come si legge nel provvedimento del 2005, quel vincolo era stato imposto per "garantire la prospettiva, la luce, le condizioni di ambiente e di decoro delle cose di interesse archeologico", del vicino sito archeologico su cui insiste invece ancora oggi un vincolo diretto: stiamo parlando del sito archeologico della spiaggia libera "La Punta".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la relazione tecnica fornita a supporto della richiesta di vincolo nel 1989 era, a parere del Tribunale, "lacunosa e inidonea" perché non aveva evidenziato "le concrete ragioni che asservono il territorio estraneo a quello in cui è ubicato il bene protetto". Senza un'adeguata documentazione, dunque, il vincolo apposto si trasformava in un "ingiustificato sacrificio del diritto di proprietà privata". Ragion per cui il Tar ha ritenuto opportuno far decadere il decreto con cui il vincolo era stato stabilito. E si è trattato di una sorta di "tana libera tutti", che ha permesso il crollo del vincolo su tutte le proprietà che un tempo vi erano sottoposte. La sentenza del 2006 quindi, quella relativa esclusivamente all'area interessata dal sito neolitico, non fa che prendere atto di questa situazione e ratificarla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Certo, ci sarebbe da chiedersi come mai una relazione tecnica sia stata giudicata "lacunosa e inidonea”, ma tant’è: il vincolo è caduto e l'unica autorità in grado di apporne uno nuovo è la Soprintendenza, la quale ha però stabilito che il sito scoperto nella proprietà in via Vittorio Veneto non è meritevole di un tale provvedimento (nella nostra intervista dello scorso dicembre, il Soprintendente Luigi La Rocca aveva definito una "sequenza di pietre" quanto era stato rinvenuto).
Anche se non si capisce perché il villaggio emerso nell'area privata non sia degno di vincolo, mentre quel poco che resta visibile sulla spiaggia "La Punta", che occupa un'area molto meno estesa, è invece ancora sottoposto a vincolo archeologico diretto, richiesto e ottenuto sempre dalla Soprintendenza. Eppure quando il sito è stato scoperto tutti gli studiosi ne parlarono con toni entusiastici. Ad esempio il professor Sandro Sublimi Saponetti, docente di Antropologia dell'Università di Bari che per un certo tempo si è occupato degli scavi nel sito, definì il villaggio neolitico un “santuario”, “patrimonio di tutti”, “che meriterebbe attenzione anche da parte della comunità scientifica internazionale".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il problema è che dopo il clamore suscitato dai rinvenimenti iniziali, a un certo punto sul sito di Palese è calata una cortina di silenzio: gli archeologi intervenuti sull’area hanno smesso di parlare e nessuno degli studiosi ha mai speso pubblicamente una parola per difendere il villaggio dall’azione delle ruspe. E non solo. In una relazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Archeologia vengono riportati i ritrovamenti relativi ai primi "sei saggi di scavo 2012 a carattere preventivo". Ma poi il nulla. Ad esempio non c’è traccia dell’annunciato ritrovamento dello scheletro della tomba n.6, ritenuto importante perché trovato in posizione prona (evento insolito) e vicino a una statuetta raffigurante una dea madre, anch'essa piuttosto rara (si tratta del terzo ritrovamento di questo tipo in Italia).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questi reperti esistono solo in vecchie dichiarazioni fatta ai giornali dagli archeologi ma non su atti ufficiali. I reperti sarebbero stati portati "nelle sedi opportune" (come afferma il Soprintendente nella nostra intervista) e restano a tutt'oggi “oggetti di studio”. Strana sorte per un sito che nella stessa relazione del Ministero, è definito "uno dei più significativi della costa adriatica pugliese in quanto ad estensione (4 ettari) e durata (VI-IV millennio a.C.)".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Manifestazioni di protesta, incontri di sensibilizzazione, un esposto in Procura firmato da 385 cittadini, oltre a una petizione online indirizzata al Presidente della Repubblica e firmata da quasi 500 persone, stanno mantenendo per fortuna vivi i riflettori su una vicenda che invece sembra che in molti vogliano chiudere il più velocemente possibile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel frattempo pubblichiamo nella galleria fotografica alcune immagini esclusive del sito, scattate da due giovani appassionati di archeologia urbana durante gli scavi avvenuti nella scorsa primavera.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Francesco - Mi piace questo tener acceso i riflettori su questa vicenda barese sempre più kafkiana! Parenti importanti quelli del costruttore?
- Gino Ancona - alcune considerazioni - mercato edilizio in discesa rapida e in paralisi, crescenti "interessi" privati in "ambiti culturali": è ancora il "mattone" un buon investimento?