di Eva Signorile

''No'' alle trivellazioni per il petrolio: «L'Adriatico è pieno di ordigni bellici»
MOLFETTA – Dunque la Puglia si è espressa: il 22 settembre scorso il Consiglio regionale ha detto sì al referendum contro le trivellazioni. Nel giugno scorso il ministero dell'Ambiente ha emanato undici decreti attuativi per le indagini conoscitive nell'Adriatico da parte di società petrolifere straniere, che coinvolgono oltre 3 milioni di ettari di mare, dei quali 1,6 milioni tra il Gargano e il Salento. Da lì è scattata la reazione di ambientalisti ed enti locali che hanno portato alla richiesta di un referendum popolare contro la possibilità che si trivelli il fondale del mare pugliese alla ricerca del petrolio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si temono infatti ripercussioni su turismo, pesca e ambiente, ma nella discussione "trivelle sì-trivelle no" è stato ignorato un dato che ci giunge direttamente da un lontano passato di guerra e di morte. Parliamo del bombardamento del porto di Bari, avvenuto il 2 dicembre del 1943 ad opera della Luftwaffe tedesca e la conseguente strage di civili causata dagli ordigni a base di iprite (un gas vescicante e mortale) presenti sulla nave statunitense "John Harvey".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cosa lega quel momento buio della storia, ribattezzato "La Pearl Harbour 'Europa", all'eventualità di eseguire trivellazioni nell’Adriatico? Proprio la presenza di bombe altamente pericolose disseminate nelle acque pugliesi. Gli ordigni rappresenterebbero infatti un grave rischio per le popolazioni in caso di incidenti con gli "air gun", gli strumenti utilizzati per eseguire le prospezioni sottomarine in cerca di oro nero. Si tratta di cannoni che sparano violentissimi getti di aria compressa il cui rumore è il doppio di quello emesso da un aereo in fase di decollo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Matteo d'Ingeo, presidente del Comitato Bonifica di Molfetta fa il punto della situazione. Da qualche anno il suo gruppo si occupa proprio della presenza di bombe nel mare di Molfetta e nell'Adriatico in generale. «Dopo la Seconda guerra mondiale – spiega – si dovette procedere alla bonifica del porto di Bari, che avvenne tra il 1945 e il 1946. Fu deciso che gli ordigni sarebbero stati trasferiti al largo tra Bari e Molfetta, a circa 20 miglia dalla costa e a una profondità di almeno 460 metri. Dato l'enorme arsenale da smaltire, furono assoldate flotte di pescherecci che venivano retribuite per ogni carico. Dobbiamo pensare che la sola John Harvey aveva a bordo probabilmente 2000 ordigni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dunque molti pescatori si improvvisarono traghettatori di bombe, spesso chimiche. Il posto indicato dalle autorità però non sempre veniva raggiunto. «A volte i pescatori e gli armatori preferivano risparmiare carburante: accadeva così che le bombe venissero rilasciate molto prima del luogo convenuto, un po' ovunque», sottolinea d’Ingeo. Questo consentiva un doppio vantaggio: da un lato si risparmiava sul carburante, dall'altro si potevano fare più viaggi e quindi ricevere più denaro. Non solo, c'era anche chi recuperava gli ordigni affondati per riciclare metalli ed esplosivo, ma a volte accadeva che gli operai impiegati si ferissero e allora le bombe venivano rilasciate dove capitava.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Molfetta, nella sola area di Torre Gavetone, tra il 1974 e il 1977 furono rinvenuti 837.089 ordigni. Tutto questo è raccontato molto approfonditamente nel documentario "Red Cod" prodotto dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Oggi sull'area di Torre Gavetone pesa il divieto di balneazione perché sono state rinvenute delle bombe ad appena 20 metri dalla costa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma non finisce qui: gli aerei americani di ritorno dalla guerra nei Balcani negli anni 90 hanno rilasciato in tutto l'Adriatico diverse tonnellate di ordigni non utilizzati. Il risultato è che nel mare esistono delle zone in cui sono state ufficialmente stoccate tonnellate di bombe, convenzionali e non e tutta una costellazione di ordigni è sparsa ovunque. Riposiamo su una polveriera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Comitato consulta quotidianamente il sito internet del Ministero dell'Ambiente: è così che viene a sapere a sapere che la Global Petroleum, una società petrolifera inglese, ha inoltrato domanda per ottenere il permesso di eseguire delle prospezioni tra il Gargano e Brindisi. L’associazione però si accorge che l'area interessata coinvolge ben due depositi ufficiali di ordigni, conosciuti dal Governo e presenti su molte carte nautiche. Spediscono quindi le loro osservazioni al ministero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A questo punto curiosamente – afferma d’Ingeo - il ministero chiede alla stessa Global se è vero che nelle zone delle loro indagini ci sono gli ordigni. E la società risponde in maniera del tutto onesta: conferma che effettivamente le bombe sono presenti, proprio lì dove vorrebbero usare gli air gun». In effetti, come illustrano le mappe nella galleria fotografica, l'area della zona di prospezione intercetterebbe due depositi di ordigni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ma quando abbiamo chiesto se la Global avesse pensato a un piano di emergenza nel malaugurato caso in cui si fosse verificato un incidente – continua l’attivista -  la risposta pervenuta al ministero da parte della società petrolifera è stata “no”, perché non esiste una casistica di riferimento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Riassumendo: a marzo scorso il Comitato ha inviato le sue ulteriori osservazioni alla proposta della Global e da allora non se ne sa più nulla, ma questo non vuol dire che la domanda della società sia stata rigettata o sospesa. In “compenso”, nel mese di giugno altre due società, la Spectrum Geo e la Northern Petroleum, hanno ottenuto il permesso di operare con gli air gun nelle acque tra il Gargano e il Salento. Eppure come detto il ministero sa benissimo degli ordigni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nel 2001 è partito il contratto di programma di risanamento del Basso Adriatico, proprio a seguito di un monitoraggio condotto dal ministero dell'Ambiente alla fine degli anni 90. Il progetto prevedeva lo stanziamento di 5 milioni di euro per la bonifica del tratto di costa tra il Gargano e Ostuni», rivela il presidente . Nelle osservazioni che il Comitato ha fatto al Ministero dell'Ambiente tra l'altro compaiono le parole dell'ex ministro alla Difesa, Giampaolo di Paola, che affermava: "I residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina. Ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma, la situazione è nota da tempo. «Però la sensazione – conclude d'Ingeo con amarezza - è che il ministero sappia, ma faccia finta di non sapere, forse sperando che certe decisioni passino inosservate».


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La mappa della zona di prospezione petrolifera nell'Adriatico secondo la proposta della società Global Petroleum: l'area incorniciata di rosso è la zona interessata dalle trivellazioni che intercetterebbe gli ordigni. Le bombe sono segnate con dei cerchi
In quest'altra cartina sono visibili in viola i depositi di ordigni che le eventuali trivellazioni andrebbero a intercettare



Eva Signorile
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  • Giacomo - Non sanno più cosa scrivere. E non sanno cosa dicono. 837000 ordigni in 3 anni in una zona ristretta fa circa 32 ordigni rinvenuti ogni ora lavorando 24 ore al giorno!!! Conosco bene la storia del bombardamento di Bari e ci fu una tragedia nella tragedia causata dall'iprite. Per fortuna il vento spirava verso il mare ed i fumi pestiferi delle navi in fiamme, compresa quella che trasportava i fusti di iprite, non andarono verso la città e l'entroterra, altrimenti sarebbe stata una tragedia immane. Che ci siano ordigni inesplosi è molto probabile ma non nella concentrazione indicata e tra l'altro dopo 70 anni in mare sono del tutto inefficaci, diversamente da quelli interrati. Quelli eventualmente trasportati ad hoc come è stato già osservato furono certamente privati di spoletta!


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