di Federica Calabrese - foto Valentina Rosati

Bari, Stadio del nuoto: la desolazione della grande piscina scoperta. «È a rischio crollo»
BARI – Calcinacci a terra, solai divelti, colonne portanti pericolanti. È lo “spettacolo” offerto dalla grande vasca esterna dello Stadio del Nuoto di Bari, più noto come Piscine Comunali. Costruito negli anni Settanta e riqualificato completamente per ospitare i Giochi del Mediterraneo del 1997, il complesso è il fiore all’occhiello delle infrastrutture sportive baresi. Ma oggi la sua gloriosa piscina scoperta di 50 metri, una delle più grandi del Sud Italia, è inagibile a causa dell’avanzato stato di degrado.

È infatti dal 2019 che la vasca dell’outdoor è chiusa per cedimenti strutturali. Da allora, nonostante promesse di ripristino e riprogettazione fatte dal Comune (proprietario dello stadio), nulla è stato concretizzato.

Siamo così andati a visitare l’impianto situato nel quartiere Marconi, adiacente all’Arena della Vittoria. (Vedi foto galleria)

Varchiamo il grande cancello rosso d’ingresso situato in via Angelo Albanese e alla nostra sinistra notiamo subito l’ingresso all’area esterna che ogni estate si apriva ad atleti, amatori o semplici bagnanti che volevano godersi una giornata di sole e nuoto.

Noi però proseguiamo e saliamo la scalinata del corpo principale del complesso, punto d’accesso delle due piscine coperte. Dopo aver varcato la pesante porta trasparente, entriamo nella reception ormai inattiva a causa dell’emergenza Covid e perciò priva dell’usuale viavai di iscritti e istruttori.

Ad accoglierci è Giovanni Tau, uno dei quattro soci della Waterpolo Bari, società che gestisce lo Stadio del Nuoto. Mentre ci accompagna verso la piscina di fuori, è lui a raccontarci qualcosa in più sull’accaduto. A quanto pare due anni fa il Comune ha erogato circa 700mila euro per il ripiastrellamento dell’intera vasca, ma i tecnici hanno lavorato non curandosi della situazione di degrado sottostante.

Sì, perché solo una volta conclusi i lavori gli operatori si sono resi conto che il solaio era gravemente compromesso e pericolante, rischiando addirittura il crollo sotto il peso di tonnellate d’acqua. Così ne hanno decretato l’inagibilità e quindi la chiusura.

Attraversando il bar (anch’esso in disuso per la pandemia) ci troviamo nello spazio esterno, circondati da sedie abbandonate e ammassi di foglie portate dal vento. Di fronte a noi si erge il trampolino in cemento con le sue ringhiere rosse consunte affacciato su un’azzurra vasca quadrata profonda 6 metri e completamente vuota, eccetto che per un po’ di acqua stagnante e rifiuti.


«Non è quasi mai stata usata – ci spiega Giovanni –, perché le competizioni di tuffi negli anni si sono contate sulle dita di una mano e in estate la si chiudeva perché pericolosa per i bambini. Nel progetto di riqualificazione si pensava di colmarne parzialmente il fondo e destinarla a corsi di acquagym, ma per ora non è arrivato nessun perito comunale a studiare la situazione».

E a pochi metri ecco la prestigiosa vasca da 50 metri. Le sue piastrelle bianche e azzurre sono l’unica nota di colore in un luogo ormai spento e silenzioso, senza spettatori incitanti sugli spalti né l’incalzare di bracciate a pelo d’acqua di nuotatori.

Osservando la superficie della piscina pulita, i blocchi di partenza nuovi e le lucide scalette in ferro, nulla farebbe pensare a uno stato di degrado o inagibilità. Ma come detto la realtà è ben diversa. «Le fondamenta dell’intera struttura sono pericolanti – sottolinea Giovanni –. Riempire l’impianto e quindi appesantirlo ulteriormente, significherebbe rischiare un cedimento».

Passando per una porticina bianca e scendendo una rampa di strette scale ci dirigiamo assieme a lui verso i vani tecnici, laddove si trovano le fondamenta del complesso. La scena che ci appare davanti è inquietante: mattoni esposti sul soffitto da cui si staccano pezzi di intonaco bianco, cavi elettrici pendenti, tubi consunti e finestre di areazione rotte.

Attraversiamo un lungo e buio corridoio, superando i grandi e arrugginiti filtri della piscina nonché contatori con tasti divelti, fili elettrici e cotti a vista. Alzando lo sguardo notiamo anche “toppe” di malta su vecchie tubature. «Sono state realizzate anch’esse due anni fa - ci dice ancora il gestore -, non considerando però tutto il restante stato d’incuria».

Raggiungiamo quindi il fondo della vasca olimpionica, dove la situazione di fatiscenza ci appare inequivocabile: lastre di intonaco che cedono al solo passaggio, grappe metalliche completamente coperte di ruggine e piloni di sostegno ormai prossimi al crollo.

«Per far comprendere l’urgenza di un intervento immediato, lo scorso anno abbiamo lanciato una petizione che ha raccolto più di 2500 firme – dichiara il nuotatore Fabrizio de Serio, in passato assiduo frequentatore dello Stadio del Nuoto –. Le abbiamo sottoposte al sindaco e all’assessore allo Sport, ma dopo tante promesse di finanziamento e inaugurazione dei lavori di ripristino non abbiamo ancora visto nessuno all’opera».

(Vedi galleria fotografica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Federica Calabrese
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  • Vito Petino - Nel 1975 ho fornito con montaggio in opera tutti i controsoffitti in doghe d'alluminio nelle piscine coperte. Fu un piacere lavorare con don Angelo Camardelli, titolare dell'impresa che costruì lo stadio del nuoto, ottimo imprenditore e serio pagatore, col suo placido faccione rubicondo e i suoi riccioli rossicci sopra due occhi azzurri come il cielo, oltre che preparatissimo appaltatore di lavori ferroviari. Don Angelo, dove sei? Di gente come te ne abbiam perso lo stampo...


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