Le fatiscenti stalle di via Oberdan: cosa è rimasto dopo lo sgombero del campo rom
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giovedì 24 novembre 2016
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di Ilaria Palumbo
Quello che ci siamo trovati davanti ha dell’incredibile: a poche centinaia di metri dal sottopasso Luigi di Savoia che conduce in centro, si trova una struttura senza tetto, fatiscente, a rischio crollo. Qui i rom dormivano, mangiavano, si lavavano. Il tutto mentre le auto passavano indisturbate sull’estramurale e i treni della sud-est fermavano nella stazione che si trova a due passi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questo è un luogo molto antico: è qui che nel 1943 furono ospitati alla men peggio i profughi istriani che scappavano dalle persecuzioni di Tito. Un luogo da sempre adibito a stalla, praticamente rimasto lo stesso nonostante il passare dei decenni.
Siamo a pochi metri a sud del passaggio a livello della sud-est, di fronte a un autolavaggio. A ridosso dei binari della ferrovia si trova l’ex campo rom. Entriamo e ci ritroviamo in un cortile in totale disfacimento, al cui centro spicca lo scheletro di un’auto bruciata e al cui fianco si trova un cane randagio che ci fissa con aria interrogativa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Su entrambi i lati ci sono i piccoli e bassi box in pietra: le “stanze” abitate dai rom, in forte contrasto con gli alti e colorati palazzi del quartiere Madonnella che spuntano alle spalle della struttura. I locali diroccati, pervasi da un odore sgradevole, sono tutti privi di tetto e di porta, con i solai a vista e le finestre dotate di inferriate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proviamo a dare un’occhiata all’interno delle stanze. Nella prima si trovano ammassati una serie di mobili distrutti, un comodino smembrato, stracci e vestiti. Mentre quella accanto doveva essere utilizzata come bagno della “casa”: sono presenti infatti uno specchio e un lavandino. Proseguendo notiamo un passeggino per la spesa e un grosso bidone verde dell’Amiu, che però non deve essere servito a molto, visto che i rifiuti sono sparsi un po’ ovunque.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sulla destra ci sono due locali ancora più colmi. Il primo, dotato di porta in vetro, raccoglie una piramide di oggetti di ogni genere: una sedia in vimini, scatole di cartone, cestini, jeans, buste, tutto concentrato e sorretto da un divano rosso, unica punta di colore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il secondo è invece quello più equipaggiato: coperto da un soffitto costruito con tegole di legno tenute ferme da alcune gomme d’auto, ospita un frigorifero aperto e una credenza ormai vuota. Doveva essere la cucina. Una tenda rossa e una leopardata servivano probabilmente non solo ad “abbellire” ma anche a riparare, per quanto possibile, dal freddo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un luogo che sembra Beirut dopo i bombardamenti. Mentre scriviamo, l’ingresso dell’ex stalla sta per essere murato, per essere nascosta forse per sempre agli occhi degli indifferenti passanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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