Facebook e quella strana abitudine di commentare gli articoli senza averli prima letti
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martedì 1 marzo 2022
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di Mattia Petrosino
Ma da dove nasce la “necessità” di esprimere considerazioni senza prima informarsi? Perché gli utenti spesso danno pareri senza comprendere il pezzo, basandosi solo su titolo e foto (che per loro natura non possono essere esaustivi)? Eppure basterebbe un semplice click per venire a conoscenza dell’argomento e dare avvio magari un dibattito serio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo posto queste domande al 46enne sociologo Francesco Giacomantonio, dottore di ricerca in Filosofie e teorie sociali contemporanee presso l’Università di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Commentare un articolo senza nemmeno averlo aperto: come si spiega questa “curiosa” abitudine?
Non è raro. Purtroppo è una logica che appartiene alla società contemporanea, caratterizzata dalla velocità e dall’apparenza che stanno togliendo spazio al necessario momento riflessivo. Oggi non si ha più voglia di dedicare tempo a leggere e approfondire, al contrario spesso si giudica basandosi esclusivamente sulla prima impressione. La causa è attribuibile ai social network, mezzi attraverso i quali la comunicazione si fa molto superficiale: un fenomeno legato all’estremizzazione di tutte le logiche della modernità i cui effetti collaterali sono stati già colti dalla tradizione della teoria sociologica. Si pensi ad esempio alle valutazioni di Debord sulla società dello spettacolo o ai tanti interventi degli esponenti della Scuola di Francoforte sull’industria culturale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È possibile quindi trovarsi davanti a utenti “pigri”, che fanno domande alle quali troverebbero risposta semplicemente leggendo l’articolo…
Come se i giornalisti fossero “amici” loro…
Sì, questi mezzi hanno di fatto abbattuto le barriere e la distinzione tra ruoli: ognuno pensa di essere autorizzato a scrivere tutto ciò che gli passa per la testa, non considerando il peso dell’interlocutore.
Poi ci sono quelli che definiamo “polemici”: persone che si lanciano in giudizi sui contenuti senza nemmeno aprire il link, basando magari le proprie “argomentazioni” solo sul titolo.
Parliamo di utenti che hanno un’idea prestabilita sulle cose: non aspettano altro che venga trattato un determinato tema per poter affermare il proprio pensiero, a prescindere da ciò che è scritto effettivamente nel pezzo. I social rappresentano delle “piazze” in cui ognuno può gridare al mondo le proprie convinzioni, senza considerare ciò che dicono, pensano e scrivono gli altri.
I cosiddetti “leoni da tastiera”…
Esattamente. Persone capaci di sostenere per ore e ore le proprie argomentazioni, spesso in maniera dura e aggressiva. Questo perché si sentono protetti da uno schermo, non correndo il rischio di sostenere un difficile dibattito a quattr’occhi. Lo stesso Umberto Eco aveva segnalato la distorsione del web che permette anche a persone “poco accurate” di far conoscere le loro irrilevanti riflessioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Del resto su Facebook pare che tutti siano esperti di tutto…
C’è ormai la falsa certezza di poter discutere di qualsiasi tema semplicemente smanettando cinque minuti con lo smartphone. La padronanza di un tema richiede invece tempo, riflessione e competenza. Però c’è da dire che a volte anche gli studiosi, non sottraendosi al mero esibizionismo, tendono ad alimentare la comunicazione sui social, favorendo così l’idea che tutti possano intervenire su argomenti importanti.
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Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
I commenti
- Vito Petino - È stata trascurata la categoria più numerosa dei, come io li definisco, fessbucchini, I DROGATI DI FACEBOOK. Dormono, se dormono, con lo smartphone sul comodino, ma non a mo' di sveglia mattutina, che al dormiveglia non serve proprio. Ma soltanto come eccitante, più o meno forte, in misura dei continui suoni di avviso delle notifiche che arrivano a cui, essendo naturalmente numerosissime nell'arco delle 24 ore, diviene impossibile rispondere. Così pur di apparire, impiegano pochi secondi per infilarci in risposta una faccina secondo l'umore del momento, a volte sbagliando pure icona, mettendone una contraria a quel che volevano esprimere in realtà; tanto dopo altri secondi minimi le loro impressioni vengono sepolte da milioni di altre faccine o commenti. I pochi commenti appunto, vengono compilati in fretta, limitandosi a dire la propria solo per quel che in un lampo sono riusciti a recepire nel leggere il solo primo rigo al massimo secondo, senza capire, rispondendo dunque alla sanfasò. A tarda notte passano alla contabilità. Cinque, seimila notifiche, 2.000 "mi piaci", 1.400 "risate", 700 "incazzati", 550 "abbracci", 350 "cuoricini", pochi commenti infarciti con abbondanti parolacce e nessun segno di buonsenso. E come sanno saettarlo bene e rapido quell'unico dito, l'indice, sui tasti. Vi sono poi i campionissimi della tastiera i quali, rendendo invisibile il movimento alla Speedy dei due pollici, in alternanza sulle due metà del tastierino, riescono a comporre financo madrigali. Tanto lavoro e nessun guadagno. Sono allo studio attività per possessori di indici, sia destro che sinistro, e pollici sviluppati quanto bicipiti...
- Emanuele Triggiani - il vero, grave problema è l'esibizionismo diffuso, il desiderio di COMPARIRE indipendentemente dal come e dal perchè o dal valore dell'intervento