La raccolta differenziata va a rilento: "porta a porta" diffuso in tutta la provincia ma non a Bari
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giovedì 10 ottobre 2024
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di Francesco Sblendorio
Il problema è la poca diffusione del “porta a porta”: un sistema in cui le singole abitazioni e quelle inserite in piccoli condomini dispongono di bidoncini e sacchetti individuali, colorati in base al tipo di rifiuto, da lasciare fuori dal portone nei giorni prestabiliti per la raccolta. Nei condomini più grandi il conferimento della spazzatura avviene in appositi bidoni “collettivi”, posizionati nei cortili o in appositi vani dello stabile e svuotati sempre in base a un determinato calendario. Avendo ogni palazzina i propri bidoni dell’immondizia, è naturalmente più semplice effettuare controlli e, in caso di inosservanza, elevare una sanzione al condominio che ha differenziato male.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi la stragrande maggioranza dei paesi della provincia di Bari hanno adottato il porta a porta, tranne il capoluogo. O meglio, in città ci sono quartieri in cui è stata attivato questo tipo di raccolta differenziata, ma sono pochi e periferici. Si tratta di Santo Spirito, Palese, San Paolo, Carbonara e Santa Rita, Ceglie, Loseto, San Girolamo e Fesca. In tutto il resto della città, dal Murattiano a Madonnella, da San Pasquale a Carrassi, da Libertà a Japigia l’immondizia si continua a gettare senza un criterio, utilizzando i vari cassonetti posizionati su strade e marciapiedi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il tutto infatti viene lasciato al “buon cuore” del cittadino. C’è chi si prende la briga di differenziare, ma molti altri invece buttano tutto alla rinfusa nei bidoni “generici”. Anzi, c’è chi dai paesi limitrofi viene apposta a Bari per smaltire rifiuti ingombranti e speciali che nel proprio Comune non è possibile gettare senza incorrere in sanzioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Peccato perché una città che differenzia non è solo una città più civile, ma anche più pulita e ordinata. Basta farsi un giro per qualsiasi zona di Bari per notare come le strade pullulino di maleodoranti e antiestetici bidoni strapieni di immondizia, i quali tra l’altro, essendo molto ingombranti, vanno a occupare diversi metri quadri di suolo pubblico. (Vedi foto galleria)
I dati - Numeri alla mano, si nota come Bari faccia registrare tassi di raccolta differenziata inferiori non solo alla media nazionale, ma anche a quella regionale e della sua stessa provincia. Gli ultimi dati pubblicati da Legambiente e da Unirima (Unione nazionale imprese raccolta, recupero, riciclo e commercio di maceri e altri materiali) si riferiscono al 2022. In quell’anno il capoluogo pugliese ha raccolto in modo differenziato solo il 39,7% dei rifiuti prodotti. Molto lontana dalla percentuale raggiunta a livello nazionale (62,2%) e regionale (58,6%).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bari ha fatto peggio non solo delle città del Nord Italia, ma anche ad esempio di Salerno, Messina, Roma e Napoli. A livello regionale degli otto Comuni capoluogo di provincia la città si è piazzata al sesto posto, seguita solo da Taranto e Foggia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In base ai dati forniti dall’Osservatorio regionale dei rifiuti, nel 2023 la situazione è leggermente migliorata e Bari è salita al 43,31%. Ma resta ben lontana dalle percentuali dei centri della provincia. Solo per citarne alcuni, notiamo la differenza abissale con Ruvo (85,9%), Bitetto (78,7%), Bitonto (78,1%), Santeramo (75,7%), Mola (75,65%), Corato (73,3%), Modugno (69,25%), Molfetta (67,4%), Triggiano (64,6%).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La geografia della raccolta rifiuti in città – Eppure Bari, almeno nelle intenzioni, partì bene. Risale addirittura al 2006 un progetto di raccolta porta a porta inaugurato a Japigia, Poggiofranco e parte di San Pasquale. Ma la cosa durò molto poco per un mix di scarsa comunicazione istituzionale e di incomprensioni diffuse tra i cittadini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bisogna quindi arrivare al 2017 per sentir di nuovo parlare di porta a porta a Bari. In quell’anno infatti il quartiere Santo Spirito fece da apripista per la raccolta differenziata. A distanza però di sette anni però il porta a porta è stato esteso solo a Palese, San Paolo, Carbonara e Sant Rita, Ceglie, Loseto, Santa Rita, San Girolamo e Fesca. C’è poi il progetto di farlo partire anche a Torre a Mare, San Giorgio e Sant’Anna, mentre per tutto il resto del capoluogo pugliese si continua con il vecchio metodo.
Nelle poche zone in cui è operativo, il sistema pare comunque dare i suoi frutti: ad esempio nel Municipio IV (Carbonara, Ceglie, Loseto, Santa Rita) con l’introduzione del porta a porta a ottobre 2023, si è passati dal 22,44% al 62,04% di rifiuti differenziati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le ragioni del porta a porta limitato - Ma perché il porta a porta non può essere ampliato fino a comprendere tutti i rioni della città?
Secondo Elda Perlino, neoassessore all’Ambiente al Comune di Bari, nei quartieri centrali e semicentrali tale sistema non sarebbe fattibile. «La città vecchia è fatta di strade molto strette e composta quasi solo di abitazioni singole – afferma -. Con il porta a porta avremmo file di mastelli ogni giorno che ostacolerebbero la circolazione e deturperebbero il contesto storico-artistico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sarà, però anche Bitonto, Polignano o Monopoli hanno importanti centri storici fatti anch’essi di strade strette, eppure da loro il porta a porta è partito bene, anche nella città antica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E comunque tralasciando Bari Vecchia, perché in quartieri come Madonnella, Picone, Carrassi o Libertà non si differenzia? «Qui la densità di popolazione e di condomini è molto alta – risponde l’assessore - e spesso negli edifici mancano cortili o spazi idonei a contenere i bidoni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a Salerno, Messina o Roma non hanno una densità di popolazione elevata? E i grandi Comuni del Nord? Perché lì si riesce a differenziare?
Il vero problema è che il porta a porta ha un impatto notevole per il bilancio comunale. Come ammise in una recente intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno l’ex presidente dell’Amiu Sabino Persichella: «Attivare il porta a porta è difficile: costa di più rispetto alla raccolta stradale. A Bari non si potrà fare ovunque, costerebbe troppo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per questo tipo di smaltimento dell’immondizia servono infatti tanti bidoni e buste di colore diverso a seconda della tipologia di rifiuto da smaltire, ma soprattutto il servizio di raccolta necessita di più mezzi (anche di diverse dimensioni) e molto più personale.
Il tutto in una città come Bari che non si è mai distinta per una particolare vocazione “ambientalista”. Da parte dei cittadini infatti non è mai stata sollevata la richiesta di una più efficiente raccolta differenziata. «Anzi, l’atto di differenziare a Bari viene percepito come un problema, come un “trauma culturale – sottolinea Daniela Salzedo, presidente di Legambiente Puglia -. Se mai il porta a porta dovesse essere un giorno esteso a tutta la città bisognerebbe predisporre forti campagne di comunicazione e di certo un sistema di sanzioni molto efficace».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Claudio Manzari - Ottimo articolo esauriente; avendo lavorato e vissuto al Nord, mi permetto un piccolo contributo riguardante i grandi condomìni privi di cortile ove posizionare i carrellati; c’è un ulteriore problema, sul quale ho constatato conflittualità condominiale al Nord: CHI s’incarica di spostare i carrellati - la sera prima dello svuotamento - dal (inesistente) cortile al marciapiede? Stabilire un calendario dei turni in assemblea condominiale si rivela illusorio: i pensionati non ce la fanno col peso (specialmente quello del vetro), le donne si tirano indietro, i lavoratori obbiettano che, dopo una giornata di lavoro, non sopportano altre incombenze. I carrellati restano in cortile pieni, e così comincia il “turismo del rifiuto” trasportato in auto. Faccio presente che i “condomìni alla barese” - cioè privi di cortile, col portone che affaccia direttamente sul marciapiede - sono anche all’origine del “dramma parcheggio”: tutto ciò che è stato edificato (o riedificato dopo il ’67 a seguito di abbattimenti) lo è stato aggirando la Legge-Ponte che imponeva i posti-auto INTERNI al condominio, sotto forma di cortile, garage interrato o box individuali; i residenti sono costretti a parcheggiare in strada; i clienti di negozi/uffici … in 2a fila, ostruendo un’intera corsia di marcia. Sull’argomento sarebbe interessantissimo un Vs approfondimento; un professionista esperto in Storia dell’architettura e dell’urbanistica - come p. es. l’Arch. Eugenio Lombardi - potrebbe spiegare molto sull’argomento. Un cordiale saluto.