Via Oberdan, un angolo di Bari in rovina: «Abbandonati da Cristo»
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mercoledì 9 luglio 2014
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di Mariangela Dicillo
Ci facciamo una passeggiata in questa zona e subito un agglomerato di edifici fatiscenti sulla sinistra colpisce il nostro sguardo. Ci sono delle officine diroccate, di cui alcune ormai chiuse. Ci avviciniamo un po’ per parlare con quei pochi che ci lavorano ancora. Cosimo, 76enne che fa il meccanico da quando era ragazzino, ci racconta: «Faccio parte del piccolo gruppo di superstiti dei commercianti e operai che si trovavano qui. Prima eravamo molti di più, ma con il passare del tempo quasi tutti hanno chiuso i battenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Camminiamo ancora e piccole case con un solo piano attirano la nostra attenzione. Cadono a pezzi. Le entrate sono tutte sbarrate, ma si sentono dei rumori e si vedono luci trasparire dalle serrature delle porte, che in alcuni casi non sono altro che lastre di lamiera. Una signora si affaccia da una fessura minuscola nel muro, proviamo a parlarle, ma senza alcun risultato: la donna ritorna subito dentro. Ci fermiamo dal benzinaio che si trova nelle vicinanze e il gestore ci spiega: «La gente qui è molto diffidente qui e non conviene insistere se non vogliono parlare, altrimenti si potrebbe incorrere in spiacevoli inconvenienti». Poi accompagna le sue parole con un gesto abbastanza eloquente: si passa il pollice sotto la gola e mostra un espressione minacciosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Noi però non ci facciamo intimorire e andiamo avanti. A un certo punto sembra di trovarsi per un attimo nel borgo antico. Due palazzine una di fronte all'altra di due piani ciascuna lasciano che si schiuda fra loro una viuzza stretta, mentre sul marciapiede si erge una “cap d firr”, le antiche fontane in ferro che si trovavano a Bari negli scorsi decenni e ormai in via d’estinzione. Ma qui non ci sono strutture dal fascino storico e artistico come a Bari vecchia, né la pavimentazione è quella degli antichi romani. Qui le case cadono a pezzi e al posto delle persiane si usano grandi tendoni, sistemati ad hoc per filtrare i raggi del sole. Le tubazioni del gas non ci sono e i fili elettrici, totalmente scoperti, sono collegati da un palazzo all’altro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci inoltriamo allora in questa stradina che però oltre che essere senza uscita a causa della ferrovia che la blocca, è senza nome. Le inferriate non sono per nulla stabili e le porte d’ingresso delle case sono solo appoggiate. Gerani in fiore decorano balconcini che a ogni sussulto del suolo dovuto ad un treno che passa, sembra stiano per crollare. Un vecchietto riempie delle taniche con l'acqua della fontana, due bimbe siedono sulle scalinate e si raccontano dei voti avuti a scuola. Ma ecco che un uomo ci viene incontro. Ha l'aspetto trasandato, l'aria un po' minacciosa e, capendo che non siamo della zona, chiede cosa facciamo lì. Poi rassicurato, ci racconta la sua storia. «La casa dove abito era di mio nonno – dice -. Quando ero piccolo vivevamo tutti insieme e poi quando ho perso i miei genitori sono venuto qui a vivere con la mia famiglia. Sono molto legato a questa casa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma nonostante l'affezione che si può provare per la dimora in cui si è passata la propria infanzia, di fatto questi palazzi non sembrerebbero abitabili. Qui mancano servizi essenziali come l’acqua e il gas, in alcuni casi le finestre sono troppo piccole e non si aprono, le mura cadono a pezzi e gli spazi sono veramente piccoli. Tra l’altro ogni casa regge sull’altra. Si avvicina a noi nel frattempo un signor di mezza età, si chiama Giovanni. «Queste case non crolleranno mai - - afferma - sono più instabili quelle che costruiscono adesso. L’unico problema è il rumore dei treni, ma ci si abitua, "si fa l’orecchio". È vero, manca l'acqua e le porte cigolano, ma viviamo bene e tranquilli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fin troppo tranquilli, viene da pensare nel sentire le parole di Chella, un'anziana signora che si intromette nel discorso. «Nessuno viene mai qui – si sfoga – anche quando scoppia un tubo o la fogna “esplode tutta”. Che vi devo dire, è come se non ci fossimo nel quartiere: le nostre sono abitazioni "fantasma". I numeri civici li abbiamo dovuti aggiungere noi disegnandoli con la bomboletta a spray, perchè neanche la posta arrivava mai. Questa è proprio una zona "abbandonata da Cristo"». E poi continua: «Ultimamente poi sono venuti qui anche un gruppo di immigrati albanesi, iracheni, indiani, io non lo so cosa sono. So solo che vivono allo stato brado e che non pagano niente a nessuno, occupando un appartamento che era rimasto vuoto, disturbandoci e facendo casino tutto il giorno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proviamo, a questo punto, ad avvicinarci a questo appartamento. Un bimbo dagli occhioni neri e la pelle scura si avvicina e ci sorride. Con un accento poco distinguibile e un italiano difficile da capire ci confessa: «Vivo con i miei fratelli, mamma, papà, gli zii e tutti. Siamo qui da un anno, prima stavamo in un parco». Ma il bimbo non fa in tempo a finire la frase che arriva il padre. Ci urla contro e ci obbliga ad andare via minacciandoci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci congediamo e procediamo lungo via Oberdan ancora un po’. E scopriamo che le mura che costeggiano la ferrovia svelano delle porte, apriamo una di queste e troviamo un vano occlusi dai rifiuti e dalla sporcizia. Cerchiamo di entrare, ma risulta proprio impossibile: pezzi di tavolo, sedie, buste, divani e immondizia bloccano il passaggio. Luigi, che lavora presso la pompa di benzina, ci spiega: «Quelli non sono altro che vecchi depositi che si affacciavano sulla ferrovia. Ora danno solo fastidio perchè i barboni occasionalmente ci vanno a vivere dentro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alziamo a quel punto lo sguardo e notiamo un altro edificio fatiscente. E’ più alto rispetto agli altri, ha quattro piani, le mura sono consumate e il copriferro, lo spessore di circa tre centimetri che separa l’intonaco dallo scheletro, è ormai a vista. Pezzi interi sono venuti via dalla struttura e in alcuni punti si intravede il cemento. Le due canne fumarie sono distrutte e le finestre rotte ad intervalli. Si affaccia sull’altro lato dei binari. Ci inoltriamo per il sottopasso alla ferrovia, anche questo in condizioni pessime e sbuchiamo su Corso Sonnino, nel rione La Madonnella. Qui possiamo osservare la struttura da vicino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un uomo si affaccia dal balcone, chiediamo informazioni e lui ci risponde: «Non so nulla, mi sa che è una caserma degli anni 30». Una caserma? In quelle condizioni? Ci avviciniamo ancora e alla fine lo troviamo: un cartello giallo, attaccato alle inferriate, che recita così: "Zona militare. Divieto d’accesso". Cerchiamo l’entrata e proviamo a citofonare, nessuna risposta. Intravediamo un gabbiotto e un’insegna bianca a caratteri blu su cui c’è scritto: "Comando militare III regione aerea". Vorremmo più informazioni, ma al gabbiotto non c’è nessuno. Poi, mentre stiamo per andar via, scorgiamo una figura nell’ombra. Subito ci precipitiamo per sapere qualcosa in più. «Sì, è una caserma dell’aereonautica questa – ci risponde la voce -. Non vi posso dire perchè è ridotta così, non posso dirvi nulla in realtà, perchè sono in servizio, neanche come mi chiamo. Andate via».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per l’ennesima volta durante la nostra “gita” in questo quartiere fatto di case fantasma, accogliamo la richiesta e ci allontaniamo. Ma mentre torniamo indietro non possiamo fare a meno di osservare in che stato sia, anche da quel lato, quella che abbiamo scoperto essere una caserma: i cancelli sono arrugginiti, ci sono ancora finestre rotte, crepe nei muri. Un edificio che si erge su una zona di Bari che sì, come dice la signora Chella, è proprio abbandonata, non da Cristo però, ma dalle Istituzioni.
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Scritto da
Mariangela Dicillo
Mariangela Dicillo