La storia delle ''grotte di San Cataldo'', cavità scavate durante la guerra
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lunedì 3 giugno 2013
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di Mariangela Dicillo
Un giorno, proprio in queste campagne, scoprirono tre strutture in pietra che aprivano dei varchi nel terreno e si spingevano sottoterra: le chiamarono “grotte di San Cataldo”. E immaginarono storie di pirati e prigionieri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Avevamo 12 o 13 anni quando scoprimmo le grotte», ci raccontano i quasi cinquantenni Donato e Giovanni. «Le liberammo dai detriti perché eravamo curiosi di vedere cosa ci fosse dentro - ricordano -. C’era molto da scoprire per noi bambini: ci improvvisammo archeologi, anche se avevamo molta paura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Muniti solo di una corda e di una torcia arrangiata, costruita legando ad una tavola di legno l’indicatore di direzione di un'auto («di una 126», specifica Giovanni), una grossa batteria e due fili elettrici con il nastro adesivo, entrarono nelle cavità. Si aprirono una via per esplorarle e, una volta ripulite, le trasformarono in un posto tranquillo per giocare circondato solo da campagna e affacciato su una strada dove raramente passavano macchine. Vi portarono dentro un tavolino e da quel momento passarono il tempo giocando a carte e comprando a turno le patatine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma Donato e Giovanni ci confessano: «La nostra tranquillità non durò a lungo perché quelli più grandi scoprirono il nostro rifugio e iniziarono a spaventarci. Tra questi ci ricordiamo di machidd che nelle notti di luna piena imitava il verso del lupo, facendoci correre a casa terrorizzati e di aloh, un senzatetto che dormiva nelle case abbandonate là vicino, che chiamavamo così a causa del suo gridare a squarciagola “aloh, aloh, aloh!”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Affascinati dal racconto degli ex avventurieri, abbiamo provato a fare chiarezza, cercando di capire cosa siano realmente queste “grotte di San Cataldo” e siamo andati quindi sul luogo, affiancati dallo storico Sergio Chiaffarata (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Non possiamo chiamarle grotte - ha subito precisato l’esperto - perché non sono cavità naturali, ma sono buche realizzate dall’uomo. Servivano a difendere il faro durante gli attacchi aerei della Seconda Guerra Mondiale. L’imponente proiettore luminoso, infatti, con i suoi oltre 66 metri di altezza, fu un punto strategico durante gli anni del conflitto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi le grotte sono in realtà postazioni di artiglieria costruite negli anni ’40.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le "caverne" sono due, nascoste quasi interamente dalla vegetazione spontanea. Hanno struttura interna identica: una scala conduce sotto il terreno verso delle piccole stanze dove i militari si proteggevano e nascondevano le armi, le pareti sono composte da blocchi asimmetrici di tufo. Una è inaccessibile a causa dei detriti. Quella che i ragazzi avevano identificato come una terza “grotta” è in realtà una polveriera, adibita a deposito di munizioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mistero svelato quindi. E chissà, se quarant’anni fa Giovanni e Donato avessero conosciuto la storia di queste grotte, probabilmente avrebbero giocato ai piccoli soldati.
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Scritto da
Mariangela Dicillo
Mariangela Dicillo