di Gaia Agnelli

Chi era e come morì Rossano: il cantante barese che si spense a New York a soli trent'anni
BARI -  Fece breccia nel cuore degli italiani con la romantica canzone “Ti voglio tanto bene” ed è stato uno dei pochi baresi (insieme a Gino Latilla, Anna Oxa e Marco Armani) ad aver partecipato come big al Festival di Sanremo. Lui è Rossano, talento canoro nato nel 1946 nel rione Carrassi e morto a soli trent’anni a New York, in circostanze mai del tutto chiarite.  

Ma chi era davvero Rossano, qual era il suo legame con Bari, come mosse i primi passi nel panorama musicale e, infine, perché la sua esistenza fu spezzata così presto? Per rispondere a queste domande abbiamo deciso di ripercorrere la sua vita, aiutati dai racconti e dalle testimonianze fotografiche del suo amico Matteo Pesce e dalla nipote Silvia Attolico, figlia del fratello Leonardo. (Vedi foto galleria)

Fu in una famiglia povera e numerosa che, il 15 marzo 1946, nacque Rossano Attolico, il minore di otto fratelli. «Per questo sin da piccolo fu costretto a fare sacrifici, lavorando come tappezziere in via Capruzzi - ci dice la 65enne Silvia -. Anche se la sua passione era tutt’altra e si trattava della musica. Lui cantava sempre e per migliorarsi frequentava lezioni gratuite offerte dal vicino di casa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i suoi amici di infanzia c’era Matteo, all’epoca soprannominato “spaghetto” per il suo fisico esile. «Abitavamo a pochi passi di distanza, lui in via Isonzo e io in via Montegrappa – rammenta l’uomo, oggi 75enne –. Da adolescenti passavamo i pomeriggi e le serate con la nostra comitiva nei dintorni dello storico Bar Gardenia di via Giulio Petroni. E Rossano immancabilmente, tra una chiacchierata e l’altra, ci deliziava cantando. E dato che anche io ero un appassionato di musica spesso suonavamo insieme».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A questo proposito Matteo ci mostra alcune foto che custodisce gelosamente da anni: risalgono al 1965, quando lui e Rossano giocavano per le strade di Carrassi con i loro amici. In una si vede l’artista prendere sulle spalle un compagno, nell’altra posa sorridente con gli occhiali da sole, e in una terza immagine è in compagnia di tutto il suo gruppo. Lo stesso che rivediamo “cresciuto” qualche anno dopo in altro scatto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E fu proprio nel 1965 che il giovane visse la sua prima soddisfazione artistica. «Aveva 19 anni quando a Bari, all’Arena Imbriani di via Napoli, partecipò a un concorso per voci nuove – racconta il suo amico -. Chi avesse vinto avrebbe preso parte al festival di Venezia: un’importante rassegna internazionale di musica leggera. Rossano quel giorno trionfò al concorso e ottenne così il pass per volare in Veneto, nel 1966».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Silvia ci mostra una foto della manifestazione canora: ritrae lo zio assieme ad altre due giovani promesse: Orietta Berti e Caterina Caselli. Alla competizione Rossano si classificò primo tra gli emergenti, accaparrandosi il premio “Gondola d’argento”: un qualcosa che rappresentò per lui il vero trampolino di lancio. Fu infatti chiamato subito a Milano per incidere due dischi per l’etichetta “C.a.r Juke Box”, oltre a essere invitato a partecipare al programma Rai “Settevoci” di Pippo Baudo, al quale presero parte anche Franco Battiato, Massimo Ranieri e Al Bano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una scia positiva che continuò con il contratto con la Variety, la casa discografica milanese sorella minore della nota etichetta Ri-Fi, fondata da Giovanni Battista Ansoldi. Fu quest’ultimo a battezzare Rossano come esecutore di vecchi brani rivisitati in chiave melodico-moderna, guidandolo sino alla pubblicazione di quello che sarebbe divenuto il suo cavallo di battaglia: “Ti voglio tanto bene”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si trattava di una canzone proposta trent’anni prima da Beniamino Gigli, che il barese portò al girone B dell’edizione del 1969 del Cantagiro, vincendo. «Fu la colonna sonora degli amori della nostra gioventù – commenta l’80enne barese Giuseppe –. Era tra i lenti più gettonati delle feste che organizzavamo in casa: non solo era bellissima e romantica, ma all’epoca ci riempiva d’orgoglio per il fatto di essere eseguita da un artista della nostra terra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


“Ti voglio tanto bene” raggiunse la cima delle hit parade portando al successo Attolico. E sul più bello arrivò anche la chiamata per Sanremo, al quale il nostro partecipò come big nel 1970 presentando il brano “Occhi a Mandorla” in coppia con Dori Ghezzi. L’anno dopo fu invece la volta del festival “Un disco per l’estate” al quale partecipò con il pezzo “Ho perso il conto” composto da Roberto Vecchioni.

E dato che tra le doti di Rossano c’era anche la notevole bellezza, diventò protagonista di fotoromanzi e attore in film quali “Fratello Sole, sorella Luna” di Zeffirelli e il musical “Caino e Abele” di Cucchiara.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Intanto nel campo musicale la sua notorietà continuava a crescere, a tal punto che all’inizio degli anni 70 l’artista fu convinto da Mina a spostarsi nella sua casa discografica: la Pdu. Per l’etichetta pubblicò nel 1972 il singolo “Perdersi” e nel 1973 il 33 giri “Viaggio a Sud del cuore”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A questo punto della carriera e con il sogno di esibirsi davanti un pubblico sempre più ampio, Rossano decise di volare a New York per conquistare la comunità italo-americana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Fu durante una delle serate nei club americani, a Toronto in Canada, che lo rincontrai dopo anni – rammenta “spaghetto” che in quel periodo suonava Oltreoceano –. Mi chiese di andare a trovarlo a casa sua, nella Grande Mela e io accettai: fui forse l’ultimo tra i baresi a vederlo in vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poco meno di un mese dopo infatti, il 3 dicembre del 1976, giunse l’inaspettata e sconvolgente la notizia: Rossano era stato ritrovato impiccato nella sua camera newyorkese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si parlò subito di suicidio e così le indagini si chiusero in breve tempo. Eppure ancora oggi, a distanza di tanti anni, c’è chi non è convinto che il giovane barese si sia tolto la vita. Qualcuno mette in mezzo la mafia americana, qualcun altro un litigio con il compagno di stanza, ma in pochi vogliono credere che Rossano abbia deciso di porre fine alla sua esistenza.  

«Quando andai a trovarlo prima della scomparsa – commenta Matteo –, mi ritrovai davanti allo stesso ragazzo di sempre: bello, simpatico, felice e pieno di progetti. Lo conoscevo bene e se avesse avuto qualche problema me ne avrebbe parlato o perlomeno me ne sarei accorto: io sono convinto che non si sia ucciso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Silvia invece è tra coloro che propende per la tesi del suicidio, anche se non a causa dell’attrice Edwige Fenech e del suo presunto amore non corrisposto (come riportò la stampa dell’epoca).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Posso smentire con sicurezza la storia della Fenech – afferma la donna – per una semplice ragione: lui era omosessuale e aveva anche un compagno in America. La verità è che una volta approdato a New York provò a comporre musica: gli stava ormai stretto il ruolo di mero esecutore di brani. Si impegnò nello scrivere per testi, partiture e arrangiamenti, ma nessuno gli diede credito. Una serie di rifiuti lo trascinarono così in un periodo buio, aggravato dal fatto che il suo essere gay “disturbava” alcune etichette discografiche. Quando ci chiamava lo sentivamo sempre molto giù. Fu probabilmente la depressione a condurlo a compiere il drammatico gesto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il corpo di Rossano dopo i funerali a New York venne riportato a Bari, lì dove ebbe luogo l’estremo saluto all’interno della chiesa del Santissimo Sacramento di via Pasubio. Proprio a Carrassi, il rione che aveva visto nascere e crescere quel giovane che cinquant’anni fa cantava: «Dimmi che l'amore tuo non muore, è come il sole d'oro, non muore mai più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video Rossano interpreta “Ti voglio tanto bene” al Festival di Rieti del 1969:



© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
La storia di Rossano. Il suo amico Matteo Pesce ci mostra alcune foto che custodisce gelosamente da anni: risalgono al 1965, quando lui e Rossano giocavano per le strade di Carrassi con i loro amici
In una si vede l’artista prendere sulle spalle un compagno...
...nell’altra posa sorridente con gli occhiali da sole...
...e in una terza immagine è in compagnia di tutto il suo gruppo
Lo stesso che rivediamo “cresciuto” qualche anno dopo in altro scatto
Silvia ci mostra invece una foto della manifestazione canora di Venezia del 1966. Ritrae lo zio assieme ad altre due giovani promesse: Orietta Berti e Caterina Caselli
Una scia positiva che continuò con il contratto con la Variety, la casa discografica milanese sorella minore della nota etichetta Ri-Fi, fondata da Giovanni Battista Ansoldi. Fu quest’ultimo a battezzare Rossano come esecutore di vecchi brani rivisitati in chiave melodico-moderna...
...guidandolo sino alla pubblicazione di quello che sarebbe divenuto il suo cavallo di battaglia: “Ti voglio tanto bene”
Si trattava di una canzone proposta trent’anni prima da Beniamino Gigli, che il barese portò al girone B dell’edizione del 1969 del Cantagiro, vincendo
E sul più bello arrivò anche la chiamata per Sanremo, al quale il nostro partecipò come big nel 1970 presentando il brano “Occhi a Mandorla” in coppia con Dori Ghezzi



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