di Raffaella Ceci

Impact Hub: in Fiera 140 giovani e uno spazio per lavorare e ideare insieme
BARI -  Uno spazio comune in cui i giovani possano lavorare, ideare e collaborare. E’ Impact Hub, una rete internazionale nata a Londra nel 2005 e diffusasi in Italia a partire dal 2008 a Milano per iniziativa di un gruppo di ragazzi che trovavano troppo deprimente e limitante lavorare da soli, magari da casa. Da qui l’idea di condividere degli spazi in cui svolgere la propria professione, un modo per incontrarsi, relazionare, scambiarsi pareri e trovare partner.  Anche a Bari è nato un Impact Hub (uno sei sette oggi esistenti in Italia): si trova all’interno della Fiera del Levante, in un padiglione di 1600mq che dispone di scrivanie in open space, sale riunioni, una zona relax, una biblioteca e persino una cucina. (Vedi foto galleria)

«“Hub” vuol dire “nodo”: sta a indicare appunto un insieme di “nodi” che si connettono tra loro per avere un “impatto” positivo sulla realtà», precisa la 35enne Monica Del Vecchio, fondatrice di Hub Bari con Diego, Giusy, Angela e Francesco e come loro anche “host”, figura responsabile che organizza eventi, facilita le conversazioni, sviluppa i servizi e rafforza la comunità dei membri. «Abbiamo fondato Impact Hub Bari nell’ottobre del 2012 – ricorda il 35enne Diego Antonacci, laureato in Scienze Politiche e che si occupa di progetti di innovazione sociale. - Non vogliamo semplicemente una scrivania, un ufficio o una postazione da “prendere in affitto”, ma un luogo in cui lavorare sentendoci parte di una “community”, cooperando tra di noi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La sede di Bari oggi conta circa 140 persone, definite “hubbers”. Provengono perlopiù da Bari, ma non solo, anche da Valenzano, Bitritto, Bisceglie, Lecce. Sono freelance, web designer, web marketing, architetti, fotografi, programmatori, avvocati, tra i 24 e i 36 anni (con l’eccezione di qualche 40-45enne), che si riuniscono in Fiera dalle 8.30 alle 21 di ogni giorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo spazio viene pagato in base all’utilizzo: chi vuole accedere alla sede in maniera illimitata stringe una “membership” versando 180 euro mensili. Arriva con il proprio pc, si appoggia a una scrivania che diventa sua per tutta la durata del suo contratto, lavora e può utilizzare tutti gli spazi. Chi invece sa di non dover fare un grosso utilizzo di questa realtà stabilisce una “membership virtuale”: può disporre di 50 ore pagando 80 euro al mese. Poi in base alle esigenze ci sono pacchetti diversi. Soldi che servono a pagare l’affitto del padiglione (120mila euro per i primi 6 anni), più le bollette e i costi di gestione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma se si ha la possibilità di lavorare da casa, soli e con tranquillità, magari senza neanche togliersi di dosso il pigiama la mattina, perché si dovrebbe prendere la macchina o un mezzo pubblico per cominciare una giornata di lavoro? «Qui ogni mattina incontro professionisti del mio stesso settore, con cui non sorge competizione ma, al contrario, cooperazione – spiega Francesca, da un anno e mezzo in Hub –. Chi svolge un lavoro creativo non sempre è in grado di fare tutto da solo. Se stilando un progetto a un certo punto non sai come proseguire, non resti inchiodato sulla tua sedia di fronte alla deprimente parete bianca di casa, ma stando qui chiedi consiglio a un collega del tuo settore e magari la “lampadina si accende”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Collaboro con istituti di ricerca e con l’Università– dice la 32enne bioinformatica Lydia, in Hub dall' scorso gennaio -. Nel mio settore qui, rispetto agli altri, sono più estraniata, ma se lavorassi a casa sarei completamente sola. Poi c’è sempre confronto, magari qualcuno ha notizia di un bando scientifico e mi suggerisce di partecipare. É un modo per “venire a conoscenza” di qualcosa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Se ci viene in mente un progetto e abbiamo bisogno di collaboratori, immediatamente si crea un team: si preferisce attingere da risorse che ci sono qui, perché già ci si conosce», conferma Francesca. E’ ciò che è avvenuto con Diego, che nell’agosto 2012 ha presentato “Pop Hub”, la società che ha creato una piattaforma online dove è possibile trovare (grazie alla segnalazione degli utenti) tutti gli immobili in disuso in Italia. Noi ce ne siamo occupati parlando dei 189 edifici abbandonati di Bari.

Pop Hub tra il 25 e il 27 settembre organizzerà l’evento “Riattiviamo via Manzoni”: alcuni dei locali commerciali chiusi da tempo saranno riaperti dai proprietari per “occuparli” con workshop, mostre, laboratori ed esposizioni artistiche, mentre la via del rione Libertà sarà invasa da band musicali, giocolieri e artisti di strada. «Vogliamo riaccendere i riflettori su quel luogo e aprire una discussione su come poter ridar vita a quella parte della città», spiega Diego.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima di lasciare i ragazzi, chiediamo loro: ma la cucina che serve?  «A incentivare la collaborazione – risponde Monica -. Un giorno abbiamo organizzato “la sexy salad”. Ognuno ha portato un ingrediente, abbiamo preparato e mangiato l’insalata e poi dopo aver pulito e lavato tutto, ognuno è tornato a lavoro, con tanta voglia di fare ed entusiasmo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito di Impact Hub Bari


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Diego Antonacci, uno dei fondatori di Impact Hub Bari
Il team di Hub Bari durante l'evento sexy salad prepara l'insalata per il pranzo
La 32enne Francesca, web designer e grafica, da un anno e mezzo in Hub Bari
Il team barese di host e hubber impegnato in eventi di startUp, nel settembre 2012
La sede dell'Impact Hub di Bari
Il team di Impact Hub di Bari
Gli hubbers di Bari durante le ore lavorative quotidiane



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