E' barese la migliore giovane attrice italiana: la storia di Licia Lanera
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lunedì 19 gennaio 2015
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di Stefania Buono
In che modo sei diventata attrice?
Ho cominciato a recitare alla fine del quinto anno dei superiori, grazie a un laboratorio teatrale. Dopo questa esperienza e per merito anche della spinta emotiva data da chi credeva nelle mie potenzialità, ho deciso di continuare dopo il liceo. Ho frequentato un corso al Teatro Osservatorio e li mi si è aperto un mondo: ho iniziato a fare i primi spettacoli con loro, mi sono iscritta all’Università e sono passata al Cut (Centro universitario teatrale) e lì ho capito che non potevo più fare a meno di questo mondo e che sarei diventata un’attrice di professione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E poi sono iniziati i primi provini, alcuni anche andati male…
Esattamente. Inizialmente provai a fare casting per entrare nelle scuole di teatro più prestigiose ma mi scartarono. Ho cercato anche di entrare del Piccolo di Milano e a ripensarci mi fa sorridere il fatto di esserci ritornata da scritturata dopo parecchi anni, visto che poi ho recitato in quel teatro. Un paradosso ma anche una divertente soddisfazione. Evidentemente all’epoca o non ero ancora pronta o forse avevo una personalità troppo potente e prepotente per rimanere impigliata nelle griglie di una scuola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi hai deciso di prendere strade diverse, al di fuori delle scuole di teatro…
Sì, ho frequentato alcuni stage, anche fuori Bari, ma la svolta l’ho avuta dopo aver incontrato Riccardo Spagnulo, che è diventato poi anche mio compagno nella vita oltre che nel teatro. L’ho conosciuto al Cut e ho iniziato a lavorare con lui all’interno di una compagnia teatrale pugliese, ma non eravamo soddisfatti pienamente del lavoro che facevamo. Cercavamo qualcosa che ci somigliasse di più. Quindi ad un certo punto ci siamo detti, “proviamo a fare qualcosa da soli”, anche perché io ho sempre avuto una passione anche per la regia e lui per la scrittura e così noi abbiamo messo su nove anni fa “Fibre Parallele”. In questi anni abbiamo dedicato alla compagnia tutta la nostra vita, le nostre energie e i nostri risparmi e questo lavoro è stato riconosciuto dal pubblico e dalla critica, come dimostrano i premi vinti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Però il premio Ubu l’hai vinto grazie alla recitazione in uno spettacolo di Luca Ronconi. Come è nata la collaborazione con il regista?
Due anni e mezzo fa ho conosciuto Ronconi alla biennale di Venezia dove sono andata per fare uno stage con lui. Lo conoscevo bene come regista: un mito assoluto. Nei mesi seguenti io andai a seguire come assistente alla regia un suo lavoro e lui venne a vedere un mio spettacolo a Milano ed alla fine della rappresentazione mi fece i complimenti. Tempo dopo mi telefonò per chiedermi di lavorare con lui come attrice, mi disse che aveva tra le mani un ruolo perfetto per me. Gli risposi che non mi sentivo all'altezza, ma lui affermò che ce l’avrei fatta senza alcun problema. E così è stato. Un’esperienza emozionante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tornando a “Fibre parallele”, che tipo di rappresentazioni proponete?
Gli spettacoli che portiamo in scena parlano di attualità, di politica, del presente. Il tutto messo in scena in maniera provocatoria e chiara, senza tabù e perbenismi. Non di rado la gente si scandalizza durante i nostri spettacoli: ci sono spesso scene di nudo integrale, violenza, sesso. Non ce lo fanno fare dappertutto ma a noi piace raccontare la società così com’è, senza censure. L’idea è quella di provocare e di dare uno scossone a chi ci guarda, perché di divertimento e consolazione abbiamo già troppi input dalla televisione che continua a dirci che va tutto bene ed a nascondere la realtà. E’ comunque un tipo di teatro semplice, che punta a raccontare storie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È stato difficile riuscire a emergere?
Molto. All’inizio eravamo senza un euro per pagare i collaboratori e non sapevamo bene come far muovere le cose. Tant’è che oltre agli attori, ai registi e agli scrittori facevamo anche i sarti, i facchini, gli scenografi. Nel nostro primo spettacolo in scena c’eravamo solo noi due e nel secondo solo io, essendo un monologo. Con gli anni poi siamo riusciti a dividere le cose. Mentre la parte drammaturgica e registica è rimasta nostra, in scena ora andiamo assieme ad altri attori oltre che a organizzatori e tecnici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Hai detto di aver portato uno spettacolo a Milano, quindi lavorate anche al di fuori di Bari e della Puglia?
In realtà finora abbiamo girato più tra il Nord e il Centro Italia rispetto al Sud: fuori ci sono molti più teatri quindi maggiori possibilità di farsi conoscere. Tant’è che il nostro primo spettacolo è stato portato in scena a Roma e finora il debutto di ogni nostra rappresentazione avvenuto sempre al di fuori della Puglia. In effetti nella nostra regione abbiamo girato sempre poco, pur essendo di Bari e pur avendo sempre vissuto qui. Ma purtroppo ci sono ancora troppi tabù da sfatare tra il pubblico meridionale. Non tutti ci capirebbero.
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Scritto da
Stefania Buono
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