Spedire un'antenna nello spazio tra il gelo dell'Artico: la storia del barese Vittorio
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mercoledì 28 febbraio 2018
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di Antonio Bizzarro
La sua avventura è stata resa possibile dal "Rexus/Bexus", il progetto dell'Agenzia che permette agli studenti europei più meritevoli di installare esperimenti tecnologici a bordo di appositi razzi sonda. Il giovane ha infatti conseguito il suo titolo accademico a Venezia con una tesi sui moduli per ambienti extraterrestri, elaborando poi l'idea di un congegno assieme a un gruppo di colleghi del corso di ingegneria aerospaziale di Padova. Vittorio ha lavorato a “Drex”, un’antenna per le comunicazioni "pieghevole", che si apre a un'altezza di 12 chilometri dal suolo prima di proseguire verso l'orbita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Mi sono occupato in particolare della logistica e della comunicazione - spiega Vittorio -. Ho contattato diverse aziende che hanno realizzato gratuitamente varie componenti del dispositivo, provvedendo personalmente alla loro spedizione in Svezia in modo che arrivassero integre. Gli organizzatori del progetto hanno poi approvato e finanziato la nostra intuizione, concedendoci quindi il "go", ossia il via libera per raggiungere la Scandinavia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'impatto con il nuovo posto non è stato semplicissimo. «Siamo giunti nella base il 7 ottobre - continua il 28enne -, "accolti" da poca luce giornaliera e da una temperatura che toccava i dieci gradi sotto zero. Attorno non c'era nulla, a parte una lunga distesa di ghiaccio e strade deserte spesso battute da animali selvatici. I paesi più vicini poi distavano centinaia di chilometri».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«All'interno del centro di ricerca c'erano regole ferree - prosegue il giovane -. Ognuno di noi aveva un badge personale, senza il quale non potevamo circolare tra i vari fabbricati. Il "dome", cioè la zona operativa, era separata dall'area contraddistinta dai dormitori e le cucine, ciascuna delle quali era chiamata con il nome di un astronauta: la nostra per esempio era intitolata a Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche gli orari dei pasti si sono rivelati abbastanza scomodi, perlomeno se paragonati a quelli tipici italiani. «Colazione alle 6,30, pranzo alle 11,30 e cena alle 18 - sottolinea Netti -. La sera spesso non avevo fame ma mi toccava comunque mangiare, conscio che non avrei visto cibo fino al mattino seguente. A volte però ci è venuto in soccorso un altro team di lavoro attivo nella stazione, proveniente da Roma: con loro ci siamo permessi diversi "spuntini" a mezzanotte a base di pasta all'amatriciana».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per fortuna il tempo libero ha regalato emozioni insolite. «Una sera siamo andati a pescare su un laghetto ghiacciato nelle vicinanze - evidenzia Vittorio -, bucandolo con un trivellone e usando dei cucchiaini luccicanti come esca: a quelle temperature infatti i pesci non sentono gli odori e per attirarli bisogna "stuzzicarne" la vista, anzichè l'olfatto. E poi ci sono state le notti in cui siamo riusciti ad ammirare spettacolari aurore boreali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con il passare dei giorni però le pause si sono fatte sempre più rare. «Abbiamo montato minuziosamente l'antenna - commenta il barese – e pian piano ci siamo avvicinati alla "finestra di lancio", ossia al periodo in cui era previsto il rilascio della sonda attraverso un pallone aerostatico. Il primo tentativo fu però annullato a causa delle intemperie, il secondo andò a buon fine dopo un conto alla rovescia durato quattro ore».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una grossa soddisfazione, tenendo conto poi che il titolo di studio di Vittorio è ben lontano dalle materie aerospaziali. «Quando scelsi la facoltà di architettura – conlude il ragazzo - mai avrei immaginato che un giorno avrei potuto lavorare in una base di lancio, realizzando almeno in parte il sogno che sin da piccolo custodivo nel cassetto: fare l'astronauta».
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Antonio Bizzarro
Antonio Bizzarro