Bari Vecchia, la storia della mitica Finella: «Le sgagliozze? Le ha "inventate" lei»
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venerdì 31 gennaio 2020
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di Gaia Agnelli
Un qualcosa questo che oggi fanno in tante. Qualche tempo fa vi parlammo ad esempio di “Nunzia dell’arco di San Nicola”, di “Maria la pantofolaia” e di “Maria delle sgagliozze”: tutte signore che hanno raccolto l’eredità della maestra Finella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo dunque andati a incontrare gli amici e i parenti della “regina” (così come in molti la definivano), per ricostruire la storia di questa antesignana dello “street food” scomparsa nel 2004, all’età di 80 anni. (Vedi foto galleria)
L’arco predetto si trova in strada Santa Teresa delle Donne, in zona San Pietro, l’area più antica della città vecchia. Qui ci viene incontro il 57enne Michele Cellamare, uno dei nove figli di Giuseppina. «Si posizionava in questo punto tutti i giorni – ci racconta – sia d’inverno che d’estate, dalla mattina alla sera. Ricordo le sue mani, sporcate dai segni del tempo passato a lavorare. Ma lei lo faceva per amore. Non si volle fermare neanche nell’ultimo periodo della sua vita, quando la sua salute peggiorò drasticamente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A detta di Michele fu proprio la madre la prima ad avere l'idea di friggere la polenta a Bari.
«Suo padre, Umberto Amoretti, detto u ndrépede (“l’intrepido”) era solito girovagare per il mondo – dichiara il signore -. Durante la Seconda guerra mondiale, lui, la moglie e i suoi tre figli (tra i quali mia madre), vissero a Milano. Lì si consumava tantissima polenta, un cibo nutriente ed economico. Poi a conflitto terminato tornarono tutti a Bari, anche se mio nonno riprese a viaggiare lasciando sola la sua famiglia, che si dovette quindi arrabattare per poter campare. E fu allora che Finella ebbe l’idea di vendere cibo per strada, andando a friggere proprio quella polenta che aveva imparato ad apprezzare in Lombardia. Di fatto è lei che ha "inventato" le sgagliozze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Michele ci mostra alcune foto della mamma, che appare con i capelli grigi e raccolti all’indietro e i lineamenti del viso molto delicati e “fini” (da cui il nomignolo di Finella, derivante a sua volta da Pinella). E assieme al 55enne fratello Luciano ci indica la casa dove la donna ha abitato per anni, situata in un vicolo che porta ai ruderi di Santa Maria del Buonconsiglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Qui nostra madre si inventò anche il primo bed&breakfast di Bari – affermano i due -. Durante il periodo della festività di San Nicola ospitava infatti i pellegrini. C’erano molti posti letto perché eravamo parecchi figli, anche se ovviamente noi quei giorni dovevamo arrangiarci altrove per dormire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nome di Finella è naturalmente conosciutissimo in tutto il centro storico. «Per noi è un simbolo ed è un onore parlarne», dice il 51enne Domenico. «Finella? Mamma mia quanto chiacchierava – esclama un’anziana donna dietro la tenda della sua casa -. Abitava di fronte a me e decève sèmbe (“parlava sempre”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Raccontava i fatti suoi a ognuno dei suoi clienti – sottolinea Vito -. E ogni tanto qualcuno da lontano urlava “Finè pinze a fare le sgagliozze sennò facììme notte”». «Confermo – interviene il 62enne Giovanni -, anche se sulla sua cucina non le si poteva dire nulla: era semplicemente la “regina”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La sua giornata iniziava alle 4 di mattina – ci spiega la 90enne Teresa -. Preparava il pentolone, metteva l’acqua a bollire e girava col mestolo, mentre il marito Francesco la aiutava a tagliare la polenta. Già dall’alba, l’odore entrava nelle finestre di tutti e ci svegliava di buon umore».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Per noi ragazzi era un mito, facevamo la fila di sera per mangiare le sue creazioni – aggiunge il 57enne Lorenzo -. Ricordo che quando qualcuno allungava la mano per assaggiare prima di tutti una popizza, lei rispondeva prontamente con una “mazzata di cucchiaio” sulle dita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si, perché nessuno doveva toccare i suoi strumenti da lavoro. «Ed era fissata con la pulizia – dichiara Domenico -. Dopo aver finito gettava sempre un secchio d’acqua con la varechina: non andava a dormire fin quando non vedeva la strada brillare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Finella come detto ha fatto tante proseliti a Bari Vecchia: tra queste la 66enne Carmela, che frigge in largo Albicocca. «Con i clienti ci sapeva veramente fare – ci dice la donna -. Tra i tanti suoi soprannomi c’era anche quello di “signora degli innamorati”, perché alle giovani coppiette piaceva mangiare romanticamente sotto l’arco di San Pietro. E comunque su una cosa non ci sono dubbi: la “regina” è stata la prima di tutte noi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Vito Petino - Ho avuto il piacere di essere ospite in casa loro, la signora Giuseppina, il marito Ciccillo e i tanti figli. Ho conosciuto Ciccillo grazie al fratello Vito, nostro dirimpettaio a Japigia. Ero un ragazzino allora. Ma quando ho cominciato lavori edili in proprio, ho subito pensato a Ciccillo per gli impianti idrici. E quando si è trattato di cominciare qualsiasi lavoro, lui si è sempre presentato con i suoi tanti figli, anche in arte, Domenico il più grande, poi Vito che mise su una impresa idrica molto organizzata, e Michele che pur più piccolo "rubava" il mestiere ai suoi. Degli altri più piccoli ho un vago ricordo. Ma della regina delle sgagliozze, dei suoi modi gentili e spicci, della sua sacrale innata ospitalità tutta barese il ricordo è indelebile. Un episodio che ha visto protagonisti marito e moglie, più Ciccillo che Giuseppina, è incancellabile. Eravamo al tempo dei telefoni a gettone, e Ciccillo mi chiese di accompagnarlo a un telefono pubblico per avvisare la moglie che non andava a pranzo. Entrati in un bar affollato, fatto il numero, Ciccillo così parlò. "S'ppina, chiamind a mme. Vit ca no'ng vengh a mangià." E in tutto il bar scoppiò un'epidemia l'ilarità. E Ciccillo conclude "Cazz ten'n da rit" ...