di Gaia Agnelli e Maddalena Fiore

Bari, la storia di "Peppino uè op": il fornaio equilibrista che consegnava a domicilio
BARI L’anno scorso vi abbiamo parlato del forno “pubblico” in pietra situato a San Pasquale vecchia, uno dei pochi rimasti in città. Prima però Bari era piena zeppa di questi luoghi, dove chi non aveva una cucina in casa poteva portare i propri alimenti per farli cuocere.

Tra questi non si può non menzionare un forno che è stato attivo sino a 18 anni fa. Situato in strada Boccapianola, a pochi passi dal Museo Civico e dal Monastero di San Nicolò dei Greci, era il regno della famiglia Prudente, che lo aprì nei primi del 900. Un locale che è ricordato da tutti gli abitanti del centro storico per via del suo ultimo proprietario: l’oggi 83enne Giuseppe, meglio conosciuto come “Peppino uè op”.

Si tratta del fornaio “equilibrista” che dal Dopoguerra sino al 2002 ha preparato e portato a domicilio i prodotti sfornati per le vie della città antica. La consegna avveniva spesso in bicicletta e Giuseppe, dopo aver poggiato le cibarie su una tavola di legno, poneva quest’ultima sulla sua testa destreggiandosi tra i passanti, i quali si spostavano al grido “uè op” utilizzato da Peppino al posto del flebile suono del suo campanello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo dunque andati a trovare questo personaggio barese nella sua abitazione del quartiere San Paolo, dove ci ha raccontato la sua storia. (Vedi foto galleria)

Una volta entrati in casa e fatta la conoscenza della 78enne Lucia, la moglie di Giuseppe che ha condiviso con lui gli ultimi quarant’anni di vita del forno, cominciamo a parlare con l’uomo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tutto iniziò nel Dopoguerra, quando a pochi anni d’età, assieme a mio fratello Costantino, imparai il mestiere guidato da mio padre Vincenzo, colui che aveva fondato l’esercizio agli inizi del 900 – ci dice Peppino -. Noi abitavamo al piano superiore della palazzina del locale, perciò la nostra era una sorta di casa-bottega».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre però il fratello era impegnato principalmente all’interno del “negozio”, Giuseppe aveva il doppio compito di cucinare e portare poi a domicilio il cibo appena sfornato. «Fui uno dei primi a effettuare questo tipo di consegne – afferma –: trasportavo sia alimenti fatti da noi come pane, taralli e scarcelle, che teglie di focaccia o patate riso e cozze preparate dalle signore del centro storico. Le passavo a ritirare per poi cuocerle e riportarle a destinazione una volta pronte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


All’inizio della sua “carriera” il giovane fornaio si spostava a piedi, faticando parecchio, fino a quando all’età di 10 anni decise di utilizzare come mezzo di trasporto la bicicletta.

«È così che sono diventato “Peppino uè op” – ci spiega mostrandoci una foto che lo ritrae in sella al suo “bolide” -. All’inizio suonavo il campanello per avvisare i passanti del mio arrivo, ma siccome nessuno mi ascoltava ero costretto a rallentare per farmi spazio. Un giorno però ebbi l’intuizione di usare la mia voce e urlai “uè op”, che sarebbe una sorta di “fai attenzione”. La cosa funzionò e così da quel momento in poi diventò il mio “grido di annuncio”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come detto il fornaio-garzone era famoso anche per essere un vero equilibrista. «Trasportavo tutto sulla mia testa – ci dice –: spesso capitava che portassi addirittura due tavole, l’una sull’altra, come fossero due piani di tegami. L’idea nacque perché all’inizio non sapevo come portare le teglie, non avendo un cestino o un portabagagli. Presi così la decisione di adagiarle sul capo. Dopo le prime difficoltà con il tempo diventai bravo e ne feci un mio “marchio di fabbrica”: del resto nella mia vita mi sono cadute solo una volta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

C’è da dire che le consegne avvenivano a volte anche al di fuori dal centro storico, in quartieri come Japigia, San Girolamo e Fesca, anche se per quegli spostamenti Peppino utilizzava una più veloce Vespa o un’Ape.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutto però ebbe fine nel 2002. Il perché ce lo spiega Lucia, mentre ci mostra emozionata le foto del loro matrimonio e dei sei figli nati dalla coppia. «Hanno tutti intrapreso strade diverse dalla nostra – sottolinea – è così una volta diventati anziani non abbiamo potuto che chiudere definitivamente l’attività».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma Peppino, nonostante siano passati ormai 18 anni, continua a pensare costantemente al suo vecchio lavoro. E così ogni santo giorno, la mattina presto, prende un autobus che dal San Paolo lo porta a piazza Garibaldi. Poi si dirige a piedi nel centro storico dove, in strada Boccapianola, si trova ancora un portone in ferro arrugginito. E qui, attraverso le inferriate, dà uno sguardo a una porta in legno: quella che un tempo conduceva al suo antico forno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Siamo andati a trovare Peppino nella sua abitazione del quartiere San Paolo, dove ci ha raccontato la sua storia
Una volta entrati in casa e fatta la conoscenza della 78enne Lucia, la moglie di Giuseppe che ha condiviso con lui gli ultimi quarant’anni di vita del forno, cominciamo a parlare con l’uomo
«Tutto iniziò nel Dopoguerra, quando a pochi anni d’età, assieme a mio fratello Costantino, imparai il mestiere guidato dal mio papà Vincenzo, colui che aveva fondato l’esercizio all’inizio del 900», ci dice Peppino (nella foto assieme al padre)
Giuseppe aveva il doppio compito di cucinare e portare poi a domicilio il cibo appena sfornato. «Trasportavo tutto sulla mia testa – ci dice –: spesso capitava che portassi addirittura due tavole, l’una sull’altra, come fossero due piani di tegami»
«È così che sono diventato “Peppino uè op” – ci spiega Giuseppe -. All’inizio suonavo il campanello per avvisare i passanti del mio arrivo. Un giorno però ebbi l’intuizione di usare la mia voce e urlai “uè op”, che sarebbe una sorta di “fai attenzione”. La cosa funzionò e così da quel momento in poi diventò il mio “grido di annuncio”»
Tutto però ebbe fine nel 2002. Il perché ce lo spiega Lucia, mentre ci mostra emozionata le foto del loro matrimonio e dei sei figli nati dalla coppia. «Hanno tutti intrapreso strade diverse dalla nostra – sottolinea – è così una volta diventati anziani non abbiamo potuto che chiudere definitivamente l’attività»
Ma Peppino, nonostante siano passati ormai 18 anni, continua a pensare costantemente al suo vecchio lavoro. E così ogni santo giorno, la mattina presto, prende un autobus che dal San Paolo lo porta a piazza Garibaldi. Poi si dirige a piedi nel centro storico dove, in strada Boccapianola...
...si trova ancora un portone in ferro arrugginito...
...E qui, attraverso le inferriate, dà uno sguardo a una porta in legno: quella che un tempo conduceva al suo antico forno



Gaia Agnelli
Scritto da

Scritto da

Lascia un commento


Powered by Netboom
BARIREPORT s.a.s., Partita IVA 07355350724
Copyright BARIREPORT s.a.s. All rights reserved - Tutte le fotografie recanti il logo di Barinedita sono state commissionate da BARIREPORT s.a.s. che ne detiene i Diritti d'Autore e sono state prodotte nell'anno 2012 e seguenti (tranne che non vi sia uno specifico anno di scatto riportato)