Il cimitero di Bari e un'antica statua: ritrae Nella e Ninetta, sorelline uccise dalla Spagnola
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giovedì 26 novembre 2020
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di Gaia Caprini
L’opera si trova in quel punto da quasi cento anni e simbolicamente rappresenta Ninetta che domanda a sua sorella maggiore dove stanno andando, con quest’ultima che le indica l’aldilà. Entrambe morirono infatti in tenera età (Nella a 4 anni nel dicembre 1920, Ninetta a 3 anni nell’agosto 1921), a causa dell’epidemia che uccise decine di milioni di persone in tutto il mondo a cavallo tra gli anni 10 e gli anni 20.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La storia ci viene raccontata dalla loro nipote: la 65enne Graziamaria Milella. «Da bambina andavo con i miei genitori a salutare i nonni Francesco e Vita Maria nel cimitero di Bari e all’esterno del loro sepolcro notavo sempre questa statua che mi incuriosiva - spiega la donna -. Un giorno chiesi in famiglia se qualcuno conoscesse le bimbe raffigurate e con mia grande sorpresa scoprì che si trattava delle sorelle di mia madre, di quelle che se fossero vissute sarebbero state le mie zie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La statua fu fatta realizzare dal padre delle bimbe, Francesco Primignani (nonno di Graziamaria). Lui e sua moglie infatti non superarono mai il trauma della morte delle due figlie e continuarono a visitare la loro tomba ogni santo giorno, anche se il tempo non lo permetteva. Così dopo qualche anno pensò di edificare una cappella per dare riparo sia al sepolcro che a coloro che lo andavano a visitare. E nell’occasione pose all’esterno un momumento in gesso bianco che, a perpetua memoria, ritraesse le due piccine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’opera che si trova ancora lì, protetta da una teca di vetro e che ha ispirato due anni fa anche una poesia: “Le pecenènne du cammesande" (Le bambine del camposanto), scritta dall’autore Emanuele Buonvino. Il letterato barese, pur non conoscendone la storia, è rimasto colpito dalla scultura, decidendo di intotolargli alcuni versi poi inseriti nel suo libro “Penzate e scritte”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Sono stata colpita dal testo di Buonvino - conclude Graziamaria – e sono felicissima che qualcuno abbia dedicato delle belle parole a Nella e Ninetta: le mie piccole e sfortunate zie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La poesia “Le pecenènne du cammesande" di Emanuele Buonvino:
Sò aggrazziàte chiss’e ddò sore, avvrazzàte che ttutte u-amòre: stonne o Cammesande de BBare, iùne cu discete o cìile e ll’alde che le fiùre ndra le mane!
Tènene le capidde che le riccele, come a ddò angiudde…vestute com’a na volde cu fiòcche n-gape.
Ci sò…nonn-u sacce, ma da quanne iève pecenùnne, le vedève sèmbe, acquànne passave nnanze a llore, pe sscì a le parìinde mi!
Mò ca so ffatte granne, le vègghe sèmbe com’a ttanne: iì so cressciùte…ma lore avonne remanute sèmbe pecenènne!
De secure me canoscene, percè so tand’anne ca le vègghe, nge so affezzionàte, come ce so do sore mè…
Vu,ca staten-gìile, pregate pure pe mmè, ca sò come a nu frate e ppò… speriàme ca nge vedime e ttanne pur’ì agghi-a ièsse viàte!
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Gaia Caprini
Gaia Caprini