di Gabriella Mola

Aprire un ristorante a NYC, è la storia della barese Cecilia: «Ma le cime di rapa non sono piaciute»
NEW YORK - «Non è stato semplice emergere in una città cosmopolita e immensa come New York, ma dopo tanti sacrifici ce l’ho fatta, riuscendo a portare la mia idea di cucina negli Stati Uniti». Parole della 41enne barese Cecilia Di Paola (nella foto), proprietaria del “Naked Dog”, ristorante che da sette anni offre ai clienti americani i piatti della tradizione italiana e pugliese, quali polpo arrosto, burrata e focaccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il locale si trova nel popoloso distretto di Brooklyn, affacciato sull’East River. È ospitato all’interno di un antico palazzo dai tipici mattoni marroni, che nel 1997 è stato il set cinematografico del film “Donnie Brasco”, con protagonisti Al Pacino e Johnny Depp.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tutto ha avuto inizio nel 2006, quando partii in vacanza per New York dopo aver concluso gli studi di Giurisprudenza – racconta Cecilia -. L’idea era quella di godermi un po’ la città, ma dopo qualche giorno la sua bellezza e vitalità mi conquistarono. Scelsi quindi di trasferirmi definitivamente in America per intraprendere la carriera legale, che però durò poco. La mia vera passione era il cibo: mangiare bene e cucinare, così alla fine lasciai tutto per aprire un ristorante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Innamorata della Grande Mela (e dell’americano Dan, che diventerà poi suo marito), la barese decise dunque di cominciare questa nuova avventura che l’ha portata nel 2015 ad aprire il suo “Naked Dog”. «Volevo dare al locale un nome che avesse un significato importante per me – spiega – e ho pensato al mio cane Luigi, un beagle che ora non c'è più ma che adoravo. Non voleva mai indossare né collari né vestitini: la sua “indipendenza” mi ha così guidato nella creazione di un posto libero da schemi imposti, soprattutto in materia di “italianità” all'estero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’esercizio si distingue infatti dai tanti ristoranti italiani presenti a Brooklyn sia per la location sia per il menù proposto. «La maggior parte dei locali che si ispirano al Bel Paese – sottolinea la barese – è arredata seguendo un gusto troppo baroccheggiante e nostalgico. Io invece ho optato per un mobilio in legno e lampadari discreti, con ampie vetrate che creano un ambiente luminoso e accogliente. E per quanto riguarda l’offerta culinaria mi distinguo dalla concorrenza grazie alle lavorazioni a mano e “fatte in casa”, come quelle della pasta fresca e del pane. Uso poi solo olio extra vergine d’oliva».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


La giovane propone tagliatelle alla bolognese, bruschette, spezzatino, ravioli e tiramisù: piatti della tradizione italiana a cui ha aggiunto delle “colonne portanti” delle tavole baresi, tra cui polpo arrosto, frittura di pesce e focaccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Si tratta di portate che è veramente difficile trovare a NYC – dichiara con orgoglio la 41enne –. Ho provato a inserire pure la pasta con le cime di rape, ma non è piaciuta: con mia grande delusione è stata una delle pochissime proposte che ho dovuto eliminare. La burrata invece è stato un successo sin da subito: i clienti la adorano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E come Michele Fiore, il “boss” della pasta fresca a Londra, i fratelli D’Alessio, i “re” dei panzerotti di Milano, Gianfranco, che sforna focaccia nel centro storico di Valencia, Michele e Vito, che si sono trasferiti a Dubai per vendere sgagliozze e calzoni, anche Cecilia è stata capace di ricreare all’estero un angolo che profuma di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il locale è riuscito quindi a incontrare i gusti degli americani, abituati a pranzare e a cenare fuori casa praticamente ogni giorno, sopravvivendo in una città difficile come New York. «Perché è vero che qui è più facile avviare un’attività vista la burocrazia meno pressante che in Italia – sottolinea –, ma bisogna però considerare i tanti esercizi che chiudono dopo poco tempo: non reggono infatti gli elevati costi della città e del personale, non riuscendo spesso nemmeno a “convincere” gli esigenti clienti della Grande Mela».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cecilia invece da sette anni “”resiste”, anche grazie all’aiuto della famiglia. «Parenti e amici mi hanno sempre supportato, pur se da lontano – conclude -. La distanza del resto è il prezzo che ho dovuto pagare per realizzare il mio sogno. Una volta all’anno però torno a Bari e così, anche se solo per qualche settimana, riesco a riappropriarmi del sentimento profondo che mi lega alla mia terra».


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Gabriella Mola
Scritto da

Lascia un commento
  • Danilo - E niente... mi è venuta fame! Passo da NY
  • Lella - Ho cenato da te con la mia famiglia. Qualche anno fa mi trovavo a NY e Giancarlo mi ha dato il tuo indirizzo. Tutto perfetto e buonissimo!! Cari saluti da Ravello


Powered by Netboom
BARIREPORT s.a.s., Partita IVA 07355350724
Copyright BARIREPORT s.a.s. All rights reserved - Tutte le fotografie recanti il logo di Barinedita sono state commissionate da BARIREPORT s.a.s. che ne detiene i Diritti d'Autore e sono state prodotte nell'anno 2012 e seguenti (tranne che non vi sia uno specifico anno di scatto riportato)