La storia di Bruno e Roberta: da Poggiofranco a Manhattan per proporre la "Pizza Bari"
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giovedì 21 aprile 2022
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di Mattia Petrosino
Al “314” (numero che ricorda le cifre del Pi greco) è possibile gustare infatti carciofi fritti, cime di rapa, ragù e burrata, accompagnati da vini quali Primitivo e Nero di Troia. Il tutto però “strizzando l’occhio” ai gusti newyorkesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Sì perché ci sono piatti che agli americani non piacciono proprio – sottolineano i due –. E quindi, per non rinunciare del tutto alle nostre origini, abbiamo ceduto a qualche rivisitazione. Ad esempio per far accettare il sapore amarognolo delle rape ci abbiamo aggiunto la dolcezza della ricotta e del pesto, così come non disdegnamo di servire il cappuccino con la frittura di pesce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma qual è la storia di Bruno e Roberta?
«Tutto è cominciato nell’estate del 2014 – racconta il giovane –, quando venne a trovarmi a Bari uno zio che vive a New York da 30 anni. Mi chiese se mi sarebbe piaciuto trascorrere un periodo da lui. Io gestivo un bar nel quartiere Poggiofranco e da un po’ di tempo desideravo fare un’esperienza all’estero. Decisi quindi di partire per l’America per andare a seguire un corso di bartender, così da avere un approccio più moderno alla preparazione dei cocktail».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bruno rimase lì per tre mesi, ma l’anno dopo scelse di tornarci e questa volta assieme alla fidanzata, con il proposito di fermarsi un po’ di più per imparare l’inglese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«E la Grande Mela ci ha ammaliato sin da subito – interviene Roberta –. Dopo averne assaporato il fascino, la bellezza, l’entusiasmo e l’intraprendenza, abbiamo deciso di prolungare la nostra permanenza di sei mesi in sei mesi studiando in un college, sino a quando nell’ottobre del 2018, sfruttando l’esperienza di Andrew e di Bruno, abbiamo dato vita al “314”, situato vicino alla Columbia University».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’idea era quella di offrire ai clienti americani, oltre al food, anche cocktail e superalcolici. Licenza che però non è stata mai concessa a causa della vicinanza del locale a una scuola. In America infatti vige il divieto di vendere bevande di questa natura nei pressi di luoghi “sensibili”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Inizialmente – continua la ragazza – offrivamo 50% pizza e 50% cucina pugliese, la quale comprendeva addirittura le orecchiette con le cime di rapa e patate riso e cozze. Con dispiacere però notammo che queste portate non riscontravano particolare successo: quando sparecchiavamo i piatti erano sempre mezzi pieni, mai consumati del tutto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu un duro colpo per i giovani che avevano investito tanto per creare un angolo di baresità a New York. «Non ce la siamo vista bene – ci confida Bruno – e in quel momento abbiamo cominciato a capire quant’era difficile “campare” in America. Perché se è vero che qui è sicuramente più semplice aprire un ristorante rispetto all’Italia, di contro bisogna ammettere che di locali ce ne sono tanti e non è facile reggere la concorrenza. A un certo punto ci siamo quindi resi conto che dovevamo cambiare, cedendo a qualche obbligata rivisitazione e mettendo le pizze al centro della nostra offerta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il menù del “314” ne comprende alcune che agli italiani farebbero storcere il naso, come quella con il pollo fritto o con il ketchup, ma la coppia è riuscita comunque a mantenere i classici del Bel Paese, inserendo addirittura una chicca chiamata “Pizza Bari”. «È composta da mozzarella, burrata, prosciutto e olio extravergine d’oliva e continua ad avere un enorme successo», ci dice compiaciuta Roberta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma le radici meridionali i due le manifestano anche con l’accurata selezione dei vini, che importano tutti dall’Italia. «Proponiamo Negramaro, Susumaniello, Primitivo, Nero di Troia e Verdeca – dichiara Bruno –: gli americani li apprezzano e non possiamo che esserne fieri. Perché noi teniamo molto a ricordare la terra natìa così lontana, a tal punto che al centro di ogni tavolo poniamo sempre il beneaugurante pumo pugliese. Molto apprezzate sono anche le cartoline che doniamo assieme al conto, le quali ritraggono i capisaldi della nostra cultura, come i trulli di Alberobello, Castel del Monte e naturalmente le orecchiette e la focaccia».
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Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
I commenti
- Antonio Colavitti Arkydesign - un po' carucci però i ns. Menù a 150 dollari...expensive! da amico in lower Manhattan