di Eva Signorile

Seggi in ospedale: è garantita la segretezza del voto? Il racconto

BARI -«Come si fa a garantire la segretezza del voto a queste condizioni?». L’interrogativo ci è posto dalla Signora Elia, 58enne ricoverata nel reparto di chirurgia generale dell’ospedale San Paolo di Bari. Costretta nel nosocomio, la donna ha dovuto ricorrere al cosiddetto “seggio speciale” per poter esercitare il suo diritto al voto per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio scorsi. Ha votato quindi in ospedale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In più trovandosi nell’impossibilità di raggiungere le cabine elettorali allestite all’interno della struttura, Elia ha chiesto di usufruire del servizio che permette il ritiro delle schede votate all’interno della stanza di degenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si sono presentati tre giovani (un presidente, un segretario e uno scrutatore, ndr) –racconta Elia – e hanno dato a me e alla mia compagna di stanza le schede e le matite copiative. Poi hanno allestito delle cabine particolari e le hanno montate davanti a noi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fin qui tutto bene. Ma c’è un però. Alla signora (e nemmeno a noi) è piaciuto il modo in cui è avvenuto il ritiro delle schede. «Qualche minuto dopo che avevamo votato – spiega Elia - i tre sono tornati e hanno ritirato le nostre schede, inserendole in una busta grande (come quella comunemente usata per la spedizione di plichi) contenente le schede votate dagli altri pazienti, senza però che la stessa fosse poi richiusa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una volta usciti dalla stanza delle due signore, le tre figure si sono recate nelle altre camere per ritirare le schede rimanenti, mantenendo sempre la busta aperta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


La signora Elia ha un lungo passato come presidente di seggi e questa prassi la ha lasciata davvero perplessa: «Senza assolutamente mettere in dubbio la professionalità e l’integrità morale delle tre persone che sono venute a ritirare queste schede, il servizio offerto, a mio avviso, non mette comunque al sicuro la riservatezza del voto espresso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come essere certi infatti che qualcuno non decida di aprire queste schede elettorali esposte così al “vento”? E volendo pensare a male: chi assicura che le schede non possano essere modificate una volta aperte?

Sul regolamento stilato dal ministero degli Interno, non si dice nulla del metodo da utilizzare in questi casi. Viene segnalato solo che le tre figure sopracitate sono adibite “esclusivamente alla raccolta del voto dei degenti”, come sancito dal comma 7, art. 9, legge n.136 del 23/04/1976. I loro compiti si esauriscono quindi con la consegna del plico alle urne: l’autenticazione delle schede e il loro inserimento nelle stesse urne è compito del personale adibito al seggio di riferimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quindi di fatto ognuno può fare come vuole, quando invece, come sottolinea giustamente la signora Elia,  «l’ideale sarebbe che i tre “raccoglitori” fossero accompagnati da un rappresentante delle forze dell’ordine. Ma soprattutto sarebbe opportuno inserire ogni singola scheda in un’apposita busta da chiudere al momento della consegna. Sulla busta andrebbero poi apposti il timbro del seggio e la firma del presidente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mica ci vuole molto.  



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