di Gaia Agnelli

Bari, muore il titolare e la clinica veterinaria chiude dopo 38 anni: ma la figlia la rimette in piedi
BARI – «Mio padre era ossessionato dall’idea che la sua attività potesse non avere un futuro, così mi sono adoperata per proseguire ciò che lui aveva creato». Sono le parole della 29enne Giulia, figlia di Michele Lattanzi, veterinario scomparso lo scorso novembre all’età di 62 anni. L’uomo aveva aperto nel 1984 una tra le prime cliniche baresi dedicate agli animali: la “Croce Azzurra”, un luogo che però ha rischiato di chiudere per sempre alla morte del suo fondatore. Da qui la decisione della giovane di lasciare temporaneamente il suo lavoro di psicologa per rimboccarsi le maniche e rimettere in piedi ciò che il padre aveva realizzato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a trovare Giulia per farci raccontare la sua storia. (Vedi foto galleria)

Per raggiungere l’attività ci immergiamo nell’ex “contrada Padreterno” del quartiere Carrassi, lì dove al numero civico 7/1 di via Effrem Datto si trova l’ingresso di “Croce Azzurra”. Entriamo così nell’area d’attesa, dalla quale intravediamo una sala operatoria per i pazienti a quattro zampe e veniamo accolti da Giulia che ci conduce in una zona all’aperto. Qui, davanti a una vetrata su cui è riportato ancora il nome del direttore sanitario Michele Lattanzi, ci racconta la storia del padre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Papà, classe 1960, si laureò in medicina veterinaria e all’età di 24 anni fondò, in società con il chirurgo veterinario Gianfranco Pastorelli, la “Croce Azzurra” – esordisce la giovane –.  All’epoca fu tra i primissimi ambulatori aperti a Bari h24 sette giorni su sette e sicuramente il primo in Puglia ad avviare un pronto soccorso notturno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 2000 però i due soci si separarono e Michele diventò l’unico titolare dell’attività, che a quel punto trasformò seguendo il suo amore per la botanica. Giulia ci conduce infatti in una rigogliosa oasi arricchita da panchine, alberi da frutto, bonsai e un glicine che, arrampicandosi con i suoi rami su tutte le superfici, ha creato nel tempo una sorta di tetto verde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quando mio padre rimase da solo diede libero sfogo alla sua passione – spiega Giulia –. Creò tre laghetti collegati tra loro che grazie a dei tubi danno un effetto cascata. E lì ci inserì carpe, pesciolini rossi e meravigliose ninfee».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giardino che divenne un paradiso per i “pelosetti” che venivano qui per il pronto soccorso o la pensione. «I nostri clienti erano felicissimi di portarli perché sapevano che gli animali sarebbero stati in buone mani – sottolinea la 29enne -. Mio padre del resto viveva per il suo lavoro: non chiudeva mai. Abbassò le saracinesche solo due volte, quando nacqui io e quando morì sua madre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Michele chiese l’aiuto di un considerevole numero di collaboratori, alcuni dei quali dopo essere stati formati da lui divennero direttori di altre cliniche. Ma un pensiero tormentava il veterinario: che cosa ne sarebbe stato di questo posto dopo di lui? Sì perché, l’unica sua erede Giulia, nel frattempo aveva scelto tutt’altra strada laureandosi in Psicologia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Divenne consapevole dell’idea che non sarei mai diventata veterinaria ma, anche se non me lo faceva mai pesare, sapevo che gli dispiaceva parecchio - ci racconta la giovane -. Aveva paura di non trovare qualcuno che gestisse il luogo dopo di lui e non riusciva a farsene una ragione: più volte ho cercato di fargli capire che non sarebbe stata la fine del mondo, ma per mio padre lo era».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Timore di Michele che qualche mese fa ha rischiato di divenire realtà. Nel novembre scorso infatti, allo scoccare del trentottesimo compleanno dell’attività, il direttore Lattanzi si è tolto inaspettatamente la vita, mettendo così a repentaglio anche il futuro della sua amata attività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Non riesco ancora a comprendere il perché l’abbia fatto – dichiara la figlia –: non era malato e non aveva problemi né economici né di altro tipo. Non ha lasciato nemmeno un biglietto per spiegare la sua scelta. Mi ci è voluto tempo per metabolizzare l’accaduto e per riflettere sul da farsi. Mi ritornavano in mente i suoi dubbi sul futuro della clinica e a un certo punto ho capito che glielo dovevo: la Croce Azzurra, almeno lei, non doveva morire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è qui che è iniziata la nuova vita di Giulia, la quale quest’anno si è messa in moto per far risorgere l’attività di suo padre, rimasta nel frattempo senza guida. «Non essendo un veterinario non potevo certo risollevarla da sola – sottolinea –. Così ho rintracciato il vecchio socio di mio padre e con il suo aiuto ho rimesso pian piano in piedi questo posto, convincendo anche tutto lo staff a tornare. E ci sono riuscita: l’ambulatorio è ora aperto sei giorni su sette, pronto soccorso compreso, anche se solo diurno. E pure il giardino è stato salvato, riemergendo dal buio della temporanea chiusura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giulia che ora vorrebbe tornare al suo lavoro, per seguire comunque a “distanza” la clinica. «Il mio desiderio è che la Croce Azzurra possa camminare sulle proprie gambe come ha fatto per quasi quarant’anni - conclude -. Questa però rimarrà per sempre la mia vera casa: il luogo che mi lega al mio amato padre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Per raggiungere l’attività ci immergiamo nell’ex “contrada Padreterno” del quartiere Carrassi...
...lì dove al numero civico 7/1 di via Effrem Datto si trova l’ingresso di “Croce Azzurra”
Entriamo così nell’area d’attesa, dalla quale intravediamo una sala operatoria...
...per i pazienti a quattro zampe...
...e veniamo accolti da Giulia che ci conduce in una zona all’aperto
Qui, davanti a una vetrata su cui è riportato ancora il nome del direttore sanitario Michele Lattanzi...
...ci racconta la storia del padre
«Papà, classe 1960, si laureò in medicina veterinaria e all’età di 24 anni aprì, in società con il chirurgo veterinario Gianfranco Pastorelli, la “Croce Azzurra”», esordisce la giovane
Nel 2000 però i due soci si separarono e Michele diventò l’unico proprietario dell’attività, che a quel punto trasformò seguendo il suo amore per la botanica
Giulia ci conduce infatti in una rigogliosa oasi arricchita da panchine, alberi da frutto, bonsai...
...e un glicine che, arrampicandosi con i suoi rami su tutte le superfici, ha creato nel tempo una sorta di tetto verde
«Quando mio padre rimase da solo diede libero sfogo alla sua passione – spiega Giulia –. Creò tre laghetti collegati tra loro che grazie a dei tubi danno un effetto cascata...
...e lì ci inserì carpe, pesciolini rossi...
...e meravigliose ninfee»



Gaia Agnelli
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  • Vito rinaldi - Bravissima Gaia Agnelli, desidererei leggere tutto ciò che scrive. Grazie


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