di Marco Montrone

Il regista Fulvio Wetzl: «Per girare un film a Bari chiedemmo il permesso ai Capriati»
BARI – La criminalità a Bari Vecchia esiste ancora, è molto forte, fa affari con la politica ed è dedita ai più svariati traffici. Però si “vede” molto di meno. Diversamente dal passato si è infatti data una “ripulita”, non dà nell’occhio e ha tutto l’interesse a che baresi e turisti si sentano al sicuro in città. Molti bar, ristoranti e b&b del resto sono gestiti da prestanome per conto della malavita, che ha investito in esercizi commerciali i proventi delle proprie attività illecite. Ai boss quindi conviene che ci sia movimento e gente in giro nel centro storico.  

È bene sempre ricordare cos’era prima Bari Vecchia: una città a parte dove si respirava un’aria di “impunità”. Un luogo dov’era la criminalità a comandare e a organizzare racket delle estorsioni e contrabbando di sigarette. Il tutto mentre tanti giovani “scippatori”, a bordo dei motorini, imperversavano nei vicoli per andare a strappare borse, collane e portafogli ai malcapitati di turno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel nuovo millennio è tutto cambiato. Il contrabbando è stato debellato (grazie all’Operazione Primavera del 2000) e i borseggiatori pian piano sono spariti perché impiegati nel più florido spaccio di droga. In più alle fine del 900 sono arrivati i fondi europei del Piano Urban, che attraverso grandi ristrutturazioni e fornitura dei servizi essenziali, hanno donato nuova vita al centro storico, favorendo l’apertura di locali e di esercizi commerciali.

I baresi della “città nuova” hanno così ricominciato a frequentare Bari Vecchia, passandovi le serata e in alcuni casi prendovi anche casa. Negli ultimi anni poi, con il boom del turismo, si sono moltiplicati b&b e ristoranti e quindi oggi è facile vedere visitatori camminare a qualsiasi ora del giorno tra i vicoli della città antica.

Come detto però è bene non dimenticarsi di ciò che è stata Bari Vecchia sino a pochi anni fa. Perché solo conoscendo il proprio passato si può apprezzare il proprio presente e migliorare il proprio futuro.


Per questo abbiamo deciso di pubblicare il racconto di Fulvio Wetzl, regista e produttore cinematografico veneto, che nel 1989 girò nel centro storico di Bari alcune scene del film “La sposa di San Paolo” (tra le pochissime pellicole ambientate all’epoca nel capoluogo pugliese). L’autore passò in città tre giorni, subendo le angherie della famiglia Capriati, clan da sempre egemone a Bari Vecchia. Il tutto nel silenzio delle istituzioni.

Ecco il racconto.

«Nel 1989, 35 anni fa, misi in produzione un film, “La Sposa di San Paolo”, tratto da una soggetto della compianta scrittrice leccese Rina Durante. La pellicola (prodotta dalla mia società di allora, “Nuova Dimensione”) trattava sulla scorta del libro “Sud e magìa” di Ernesto De Martino il fenomeno del tarantismo, ipotizzando il viaggio dalla Capitanata al Salento di una "tarantolata" con il seguito dei musici.

Per esigenze artistiche più mie che della regista Gabriella Rosaleva, cui il film era stato affidato, chiesi e ottenni per le scene girate a Bari l'uso di piazze, del cortile della Basilica di San Nicola e della chiesa di San Gregorio, luoghi romanici intatti di cui ero innamorato. Questo nonostante l'ispettore di produzione Franco Salvia sconsigliasse in un primo momento l'uso di tali spazi.

Avemmo così l’ok per filmare il centro storico. Da chi? Dalla famiglia Capriati, che ci "diede il permesso" di girare ma a “certe condizioni”. Fatto inusuale per noi, abituati a chiedere i permessi alle autorità pubbliche. Si trattava di condizioni capestro che fummo costretti ad accettare obtorto collo, visto che la macchina produttiva si era già avviata e non poteva fermarsi o dirottare.

Organizzammo i tre giorni di riprese a patto che usassimo cento comparse, imposte dai Capriati, prese dalle file degli affiliati o dei simpatizzanti del clan. Non solo: avremmo dovuto pagare per “la vigilanza”, per evitare che i camion di produzione e i gruppi elettrogeni venissero “asportati”. Costo: lire 10.300.000 a notte.

Infine l’ultima richiesta fu di dover utilizzare le 100 comparse anche nella scena finale, ambientata nel cortile di Castel del Monte, costringendoci a spostare figuranti e danzatrici con i pullman forniti da una ditta dell'"indotto" dei Capriati.

Con queste condizioni iniziammo le riprese. Alla mattina del primo giorno la macchina della Polizia che presidiava piazza San Nicola, visto che eravamo "al sicuro" nelle mani della famiglia Capriati, si eclissò per  ripresentarsi solo la sera del terzo giorno, a fine riprese. Fummo così lasciati in balìa della famiglia, passando giornate punteggiate da ulteriori angherie, furti e umiliazioni che però non impedirono che il film venisse portato a compimento.

Nei mesi a seguire io e la compianta produttrice Gabriella Rebeggiani vivemmo  nel terrore di sortite dei Capriati a Roma che purtroppo non mancarono. Blitz minacciosi nella Banca Nazionale del Lavoro che amministrava le rate del contributo dello Stato, richieste a brutto muso agli allarmatissimi cassieri e al povero direttore della banca Pepe. E poi appostamenti e scampanellamenti alla nostra casa in Balduina. Il tutto per essere certi di incassare il denaro pattuito.

Non sono più tornato a Bari per 15 anni, amareggiato e traumatizzato da quella esperienza. Ho raccontato tutto questo per descrivere cos'era la Puglia 35 anni fa e per paragonarla alla Puglia di oggi: un posto rimasto meraviglioso ma che oggi è ritornato a essere un paese civile, trasformandosi in un polo attrattivo turistico e ambientale».


Foto di Francesco De Leo


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Marco Montrone
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  • sara.sara - perchè il compagno Fulvio Wetzl non ha denunciato allora tutto alla magistratura?


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