di Gaia Agnelli

Triggiano, l'antica e vilipesa Villa Carbonara: «Vi racconto quando vivevo qui, immersa nella natura»
TRIGGIANOVi abbiamo parlato recentemente di Villa Carbonara, antica dimora del 1847 situata alla periferia di Triggiano, comune in provincia di Bari. Un edificio che fu abbandonato nei primi anni 90 del 900 per divenire prima “rifugio” per i giovani del posto e in seguito, una volta murato, discarica a cielo aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

C’è stato un tempo però in cui la villa è stata “viva”: circondata da un grande giardino e abitata da persone che qui, tra pozzi e cantine colme di vino, coltivavano ortaggi, crescevano animali, cenavano attorno al camino. Abbiamo deciso quindi di raccontarvi la storia di Villa Carbonara: un racconto che si è trasformato in uno spaccato di vita rurale “di una volta”, quando nelle periferie delle città, oggi dominate dal cemento, la faceva ancora da padrone la natura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad aiutarci la 42enne Elisa Difronzo, membro dell’ultima famiglia che abitò la villa sino al 1992. In quell’anno infatti l’edificio venne lottizzato dai proprietari e ceduto in parte al Comune di Triggiano in vista della realizzazione di una biblioteca: un progetto mai realizzato. (Vedi foto galleria)

Incontriamo Elisa in via Pertini, lì dove si trova la villa, oggi interamente circondata da moderni palazzi. «Ho vissuto qui tutta la mia infanzia - esordisce la donna -. Mio nonno materno Giuseppe era infatti il bracciante agricolo dei Mastrolonardo, i proprietari storici della villa. Così quanto questi all’inizio degli anni 80 si trasferirono altrove, gli fu affidata la cura della tenuta in cui andò a vivere con mia nonna Teresa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E fu poco dopo la nascita di Elisa, nel 1982, che anche i suoi genitori, Sebastiano e Grazia, si trasferirono nell’antico edificio insieme ai nonni. A questo proposito ci mostra uno scatto che la ritrae a pochi mesi di vita: è in braccio alla mamma che posa con la nonna nel giardino della villa. Un giardino visibilmente fiorito e colmo di verde, tra piante e palme che fanno da contorno all’abitazione il cui colore delle pareti era ancora acceso e vivido.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura era infatti inglobata in un vero e proprio boschetto, dove c’era persino chi andava a cacciare. Ma di tutti quegli alberi, a causa dell’urbanizzazione dell’area, è rimasto ben poco. Ciò che è sopravvissuto è stato anche invaso da rifuti di ogni genere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«C’erano molti più arbusti al tempo: alberi di gelsi e fichi, agrumeti e vigneto – sottolinea facendoci vedere una foto di suo nonno alle prese con alcune coltivazioni –. Lui era un amante del giardinaggio, anche se veniva chiamato da tutti u fucialant perché aveva combattuto nella guerra in Libia. Eravamo del resto in una zona di aperta campagna: viverci era come stare tutto l’anno in villeggiatura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Elisa ci conduce intanto nel lato della villa dove vi era l’accesso principale, oggi murato. «A delimitare il confine dell’abitazione ci pensava un cancelletto, accanto al quale vi era una fontanella e un pozzo dal quale il nonno ci teneva alla larga», afferma la signora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Un pozzo in pietra tuttora esistente, posto a pochi passi dalla strada asfaltata, la cui bocca però è stata chiusa da una colata di cemento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma ecco che mentre parliamo Elisa si accovaccia e raccoglie quella che potrebbe sembrare una banale pietra. «Sono i resti del tavolo sul quale pranzavamo e cenavamo ogni giorno all’esterno, quando il tempo lo permetteva», racconta con gli occhi lucidi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tavolo di cui Elisa conserva diversi scatti. In uno vi è proprio lei da piccola che vi sale su, aggrappata a suo nonno, mentre un altro immortala la tavolata apparecchiata. «Quante candeline spente qui e quanti desideri espressi soffiando tra gli applausi dei parenti – ricorda –. Ancora oggi ne sento rimbombare le voci, cosi come riesco a immaginare l’odore di fritto di quando la nonna cucinava all’esterno, nell’atrio di cui oggi non rimangono che gli archi murati e un capitello».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre di fronte alla facciata, dove resistono le scale oggi sotterrate da una pioggia di aghi di pino, c’era “l’area giochi”, lì dove trascorrevano le giornate Elisa e suo fratello Gigi, scomparso prematuramente. «Questa casa conserva tutti i ricordi dell’infanzia di mio fratello – afferma, mentre si avvicina a una pino, lo stesso che abbracciava con lui in una foto ingiallita –. Ci piaceva tanto stare immersi nella natura con i nostri cani: ne avevamo parecchi, vista la vastità di area verde a disposizione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma la quotidianità di Villa Carbonara non si svolgeva solamente all’esterno. «L’interno era strutturato su due piani, con una terrazza e una cantina dove mio nonno conservava il vino che proveniva dalle nostre viti - afferma la donna -. Le camere da letto erano tre, c’era un grande soggiorno (con un bel camino) e addirittura due cucine. Il pavimento poi era tutto realizzato a mosaico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci mostra infatti alcune immagini dove Gigi riposa tra le braccia di mamma Grazia: qui è evidente lo stile delle mattonelle. Le stesse che poi ritroviamo anche all’esterno, cercando tra quel poco della villa che è rimasto intatto e non devastato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una magia di vita quotidiana che volò via nel 1992. «La villa fu inclusa in un progetto che mirava alla riqualificazione della zona – afferma la signora -: così noi fummo trasferiti nei nuovi edifici limitrofi appena costruiti». Purtroppo però la “Carbonara” non conobbe mai un’altra esistenza: dopo essere servita negli anni 90 da punto di incontro per i giovani è stata murata e giace da allora inutilizzata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ho il cuore a pezzi a vederla ora in questo stato, vilipesa, imbrattata e vandalizzata - conclude Elisa -. Nonostante ciò vengo sempre a farle visita. Mi piace sedermi sulla scalinata dove si rilassava mia madre tenendomi in braccio da piccolina e faccio riaffiorare alle mente i ricordi e gli odori della mia infanzia, quando questo luogo profumava di vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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