La spettrale Statale 96: un tempo "via dello shopping", ora cimitero dei capannoni
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giovedì 26 gennaio 2017
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di Luca Carofiglio - foto Antonio Caradonna
Fino a poco tempo fa qui sorgevano numerose e grandi aziende che davano lavoro a centinaia di dipendenti. Parliamo al passato perché per via della crisi di questi negozi è rimasto ben poco: la maggior parte ha chiuso, lasciando però in “bella” vista enormi edifici abbandonati, che fanno oggi della 96 un vero e proprio “cimitero dei capannoni”. Un luogo spettrale dove ancora sopravvivono le vecchie insegne poste in alto a dominare parcheggi vuoti e cancelli serrati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«E' iniziato tutto due anni fa - conferma Paolo Bevilacqua, presidente dell'associazione delle imprese dell'area Asi - è la causa è stata solo una: la crisi economica, che ha stroncato queste attività».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo percorso la strada in un pomeriggio di gennaio (vedi foto galleria). Arrivando da Bari, superato il Villaggio del Lavoratore, via Bruno Buozzi cambia nome in statale 96 e la strada diventa a due corsie delimitate da uno spartitraffico centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Subito sulla destra si trova un cartello che indica l’area di commercio “X-Planet”, con sotto una serie di caratteri cinesi. Perché in questa zona gli unici che riescono a tirare avanti sono proprio loro: i cinesi, che in molti casi hanno rilevato capannoni abbandonati, per aprire i propri esercizi commerciali. Un pannello giallo infatti impera su quest’area grigia e ci informa che ci troviamo davanti alla “Chinatown ingrosso”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Continuiamo sulla 96: sempre sulla destra troviamo lo scheletro di un edificio. Una targhetta informa che per entrare è necessario citofonare, ma in realtà il cancello è aperto e permette di avere accesso in un’area dominata da rifiuti, spazzatura e una palma morta. Alzando lo guardo si nota un cartello con su scritto “Future Gate”: si trattava di una società che costruiva e gestiva slot-machine ma che fu chiusa per via di presunti illeciti. Riusciamo a intravedere dietro a una finestra senza vetri una fila di diciotto schermi di video-lottery ormai in disuso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Più avanti un’enorme insegna con scritto “Asfalti Ranplast” sovrasta un altro ingrosso cinese di casalinghi e giocattoli. L’azienda di asfalto e bitumi è ormai chiusa da tempo e i cinesi hanno comprato questo edificio senza preoccuparsi di sostituire il vessillo. L’edificio rossiccio, circondato da tante tipiche lanterne rosse contiene ancora uffici in fittasi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ora davanti a un edificio che coloro i quali sono stati giovani negli anni 80 e 90 ricorderanno bene: il “Bowling del Levante”, una grande sala che ospitava l’unico bowling di Bari. Di quel tempio dello svago dal colore rosso non è rimasto nulla, se non un’insegna di un blu sbiadito con una scritta gialla che indica nostalgicamente un posto che non c’è più.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo aver passato tre enormi silos grigi abbandonati, arriviamo allo svincolo per Altamura e seguiamo le indicazioni verso la città murgiana. Ci troviamo a questo punto davanti a un recinto che circonda alcuni magazzini. Tra questi un supermarket in evidente stato di abbandono e il negozio di scarpe e abbigliamento “Primissimo” che quando arriviamo ha aperto da qualche minuto ma che non mostra ancora clienti al suo interno. Del resto l’ampio parcheggio è desolatamente vuoto. Parliamo con il proprietario, un uomo sulla sessantina. «Qui non si lavora più: questa è diventata una zona poco frequentata e degradata – ci dice con tono malinconico -. Io continuo a tirare avanti ma sono l’unico. Sono lontani i tempi in cui alla chiusura della cassa settimanale si registravano 250mila euro di incasso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Adiacente al parcheggio si trova un altro edificio a fasce blu e arancione sbiadite: svetta alto ma è anch’esso in disuso. Si tratta della vecchia sede del negozio di mobili “Nuova Arredo”, l’ennesimo capannone abbandonato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Continuiamo il nostro percorso e sulla destra notiamo un’ulteriore area commerciale. I cancelli blu sono tutti chiusi con catene e lucchetti corazzati. Un’insegna a mezza luna informa che i magazzini all’interno sono in fittasi o in vendesi: si tratta di 4000 mq disponibili per attività commerciali. Un “cimitero” dove un tempo sorgeva un’altra sede di Primissimo, come è scritto sulle vetrine vuote. Più avanti un altro capannone senza vita: è quello di “Marianna”, un ex negozio di scarpe e abbigliamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Facciamo inversione e torniamo verso Bari. Sull’altro lato della strada la statale ritrova un po’ di vita, sono ancora tante le aziende che resistono, ma è difficile non notare l’inattivo Hotel Bari Nord, su cui campeggia ancora l’insegna con una scritta a metà: “Hot”. Oppure il salottificio “Europa divani”, la cui targa arancione sovrasta un palazzo bianco e vuoto o l’ “Olearia Pugliese”, di cui resta solo il nome che continua a perdere lettere. E infine un edificio dal color marrone sbiadito con le ringhiere gialle e recante il manifesto “vendesi”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Vendesi. Ma a chi? Chi metterebbe mai dei soldi per ristrutturare e ridare nuova vita a questi edifici, chi aprirebbe mai un’attività in questa zona così spettrale? Nessuno, tranne forse qualcuno con gli occhi a mandorla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna
I commenti
- Cecilia colapietro - E gia'! Quante volte sono andata in quei centri a fare soese e quante volte il sabato sera siamo andati con gli amici al bowling. Ora è una triste realtà! Ma da questa constatazione mi viene spontanea una proposta. Perché questi edifici abbandonati nn possono essere usati per ospitare tante persone, magari immigrati, stipate in maniera inumana, nell'unico centro di accoglienza?