di Antonio Bizzarro

Dallo squalo di 450 chili a
BARI – Storie al limite dell’inverosimile, vite leggendarie, mille soprannomi, amicizie indissolubili. Sono questi i motivi per cui abbiamo parlato spesso dell’affascinante mondo dei pescatori: dalla storica famiglia barese dei Pupillo, conosciutissimi tra i moli Sant'Antonio e San Nicola all’84enne Giovanni Cinquepalmi, il “superman" del quartiere Torre a Mare. Oggi la nostra caccia alle "storie di mare" si sposta all'estremo nord di Bari, nel porticciolo del rione Santo Spirito: anche qui infatti è possibile fare incetta di aneddoti affascinanti di una tradizione marinara che si tramanda da generazioni. (Vedi foto galleria)

La nostra ricerca si svolge ovviamente sul lungomare Cristoforo Colombo, la strada che cinge lo scalo del borgo, comunemente chiamata "La marineria" e dominata da una possente torre di avvistamento del 500. Le acque che lambiscono l'arteria pullulano di pescherecci, barche a vela e gozzi dai colori sgargianti. Ed è in uno dei bar che si affacciano su questo pittoresco panorama che riusciamo a scambiare due chiacchiere con un gruppo di pescatori del posto, tutti con decenni di esperienza alle spalle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Li incontriamo mentre sorseggiano una birra fresca, uno dei loro mezzi preferiti per contrastare il gran caldo di inizio maggio. Subito ci spiegano che loro non sono i più navigati in assoluto: il “matusalemme” della situazione è infatti il 92enne Oronzo D'Aloia, "istituzione" di Santo Spirito visto che ha abbracciato il mestiere all'età di 6 anni e non vuole ancora saperne di abbandonarlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Da giovane - sottolinea il 39enne Enzo, figlio di Oronzo - mio padre si fece conoscere soprattutto per i ricci di mare: fu il primo a venderli in zona. Del resto anche lui come me aveva cominciato a navigare assieme al suo babbo: mio nonno infatti salpava e attraccava ogni giorno con la sua imbarcazione nel punto dove oggi sorge il molo di Maestrale. Ai suoi tempi in quel luogo c'era solo sabbia e nemmeno l'ombra di un pontile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Era un'epoca in cui si assisteva a scene di vita quotidiana oggi impensabili. «Capitava spesso di vedere persone sulla riva intente a lavare cavalli con l'acqua del mare - prosegue Enzo -. A portarli fin qui erano soprattutto bitontini, gli stessi che nei decenni successivi hanno poi fatto del nostro borgo il loro posto di villeggiatura estivo preferito».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ il momento ora di parlare con Chianidd, ("ciabatta"): si tratta di Raffaele Altieri, così chiamato perchè suo padre indossava quasi sempre un paio di sandali. «Prima le scarpe chi te le doveva dare?», evidenzia con un sorriso l'uomo, uno dei pochi a calare ancora le reti in acqua a bordo di un gozzo e non di un peschereccio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


A fargli eco è il suo amico 41enne Pinuccio Fiorentino, detto "Il pechinese". «Quando papà mi chiamava per andare a lavorare salivo sulla barca così in fretta da non avere tempo per indossare le scarpe - afferma -. Molti poi non le usavano di proposito: si diceva infatti che così i piedi si sarebbero "raddrizzati". Una mentalità lontanissima da quella dei giorni nostri».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fiorentino poi narra dell'animale più grosso che sia mai riuscito a catturare. «Avevo 20 anni - dice mentre sul suo cellulare ci mostra le foto di quell'evento -  e ricordo che un giorno tirammo fuori dall'acqua una rete particolarmente pesante. Mio padre pensava si trattasse dei soliti copertoni gettati in mare, poi però si accorse che avevamo caricato sulla barca uno squalo smeriglio vivo, un colosso di quattro quintali e mezzo difficile da trovare nei dintorni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Per fortuna nessuno si fece male - continua Pinuccio - e anzi quando lo portammo dai grossisti per venderlo tutti ci dissero che non avevano mai visto niente di simile. Nel suo stomaco inoltre trovammo un osso che facemmo analizzare da un dottore: dagli esami emerse un particolare inquietante, cioè che quei resti appartenevano a un uomo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il 41enne ci fa ammirare altre immagini del suo "mondo". In una compare l'anziano collega Oronzo Lagioia mentre gioca con le fauci di uno squalo, in altre è ritratto il "sommo" D'Aloia prima con il suo gozzo celeste e poi in compagnia di altri decani del mestiere come Franceschino Tatoli, Minguccio e Nardino Lagioia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutti fanno o hanno fatto parte di una cooperativa che riunisce i pescatori del quartiere dal 1975. In particolare il consorzio a partire dal 1985, l'anno in cui il rione fu investito da una spaventosa tromba d'aria, ha ravvivato il vecchio culto della Madonna con nuove celebrazioni e dato il via a una serie di feste domenicali che proprio in questo periodo animano il molo di Levante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In occasioni come queste è possibile ascoltare altri curiosi nomignoli dei membri della cooperativa: U' grek, Cosèt, Custòd, Tonin u're d l'pulp, Ninucc cazz cazz. Il significato di quest'ultimo ce lo svela sul molo Nicola Gentile, a sua volta soprannominato U’brridd, dal nome di uno dei pesci tipici della zona (vedi video).   

«Appartiene a un pescatore che un giorno salpò portando con sè un giubbotto realizzato da sua madre - dice Nicola in dialetto ridendo di gusto -. Ben presto si accorse che però l'indumento non aveva tasche e così esclamò "Se prendo qualche c…, dove c…. me lo devo mettere? E da allora lo abbiamo sempre chiamato così in ricordo di quell’episodio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) il pescatore Nicola ci spiega l’origine del soprannome di “Ninucc cazz cazz”:



 


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Il 92enne Oronzo D'Aloia, "istituzione" di Santo Spirito, visto che ha abbracciato il mestiere all'età di 6 anni e non vuole ancora saperne di abbandonarlo
D'Aloia sul molo di Levante
Pinuccio Fiorentino e lo squalo di quattro tonnellate pescato quando aveva 20 anni
Il pescatore Oronzo Lagioia mentre gioca con le fauci di uno squalo
D'Aloia, sulla destra, in compagnia di altri anziani pescatori: Franceschino Tatoli, Minguccio Lagioia e Nardino Lagioia
I pescatori della cooperativa di Santo Spirito



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  • enzo apicella - bellissimo, caro bizzarro, abbiamo gran bisogno di storie come questa !GRAZIE!


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