Alte, isolate e affacciate sul mare: sono le 6 antiche torri di avvistamento di Bari
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venerdì 25 novembre 2016
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di Ilaria Palumbo e Cassandra Capriati
«Furono tutte edificate seguendo determinate regole – ci dice Antonino Greco, presidente dell’Archeoclub di Bari -. Si dovevano trovare in prossimità di un torrente o di una lama, a quattro chilometri di distanza l’una dall’altra. Erano poi collegate ai numerosi castelli fortificati che si trovavano sulla costa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quelle che possiamo osservare oggi sono solo una minima parte delle torri costruite. Solo tra Bari e Torre a Mare ce n’erano ben tre: Torre Quetta, Torre Nera e Torre Carnosa. Alcune infatti sono andate distrutte, ma altre sono però state restaurate ed è possibile quindi ammirarle in tutta la loro possenza. In alcuni casi sono ambita meta dei nudisti, visto che spesso si trovano lontano dai centri abitati. In terra di Bari ne sono rimaste sei: a Molfetta, Santo Spirito, Torre a Mare, San Vito, tra Polignano e Monopoli e Capitolo. Siamo andati a visitarle (vedi foto galleria)
La prima tappa del nostro viaggio ci conduce a Molfetta. Una volta arrivati nei pressi della litoranea a nord del centro, è necessario imboccare strada vicinale San Giacomo, una lunga e stretta via che prima attraversa le campagne e poi costeggia il mare, interrompendosi poco prima di Torre Calderina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’edificio si trova a ridosso del mare, sulla costa rocciosa e frastagliata, circondata da macchie di vegetazione spontanea e muretti a secco che delimitano i campi. Immerso in un’oasi naturale protetta (anche se colma di rifiuti e persino di acque di scarico), per l’elevata presenza di uccelli migratori, si presenta in pietra color ocra, a pianta quadrata e con tre caditoie per lato, inizialmente usate da chi era di vedetta per difendersi dal nemico ormai prossimo, ma poi diventate semplice elemento di decoro. All’altezza dell’ingresso è visibile una scala esterna aggiunta successivamente durante il periodo in cui la torre è stata usata come caserma della Finanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per trovare la seconda torre da visitare è necessario arrivare fino a Santo Spirito, il quartiere più settentrionale di Bari. La struttura si trova in centro, alla fine del lungomare: da una parte guarda il porticciolo, dall’altra il mare aperto. Diventata parte integrante del tessuto urbano (è completamente addossata a una casa rossa a due piani), si presenta a pianta quadrata, con la superficie della struttura muraria completamente intonacata, di colore bianco. La torre di Santo Spirito mostra tre caditoie su ogni lato, delle finestrelle e sul terrazzo due torrette di vedetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo ora il sud di Bari, per recarci a Torre a Mare, il quartiere che sorge proprio attorno a Torre Pelosa, edificio che domina la piazza principale, a due passi dal porto. In ottimo stato e circondata da un giardinetto, si presenta anch’essa con una struttura a pianta quadrata e tre caditoie per lato. E’ possibile accerdervi tramite una scala esterna incorporata successivamente. Usata in passato come negozio, sede di partito politico e anche abitazione, è oggi utilizzata per conferenze, concerti e mostre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dobbiamo ora spostarci di una ventina di chilometri verso sud, per raggiungere San Vito, la pittoresca frazione di Polignano a Mare. La torre detta “Saracena” è raggiungibile seguendo un breve sentiero alla sinistra del porticciolo. Si trova praticamente sul mare, in quel punto particolarmente basso, sovrastando una spiaggia formata da scogli e pietroline. E’ conservata in ottimo stato, ha una pianta quadrata e presenta una piccola finestra su ogni lato. Non è visibile l’accesso al piano terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Continuiamo ancora verso sud per altri 8 chilometri per trovare, tra Polignano e Monopoli, Torre incina, quella che è forse la torre più pittoresca tra quelle visitate, affacciata com’è su un mare cristallino e situata su una costa rocciosa e a strapiombo. Per raggiungerla è necessario imboccare la complanare in zona contrada Corvino e percorrere una stradina che conduce a Cala Incina, spiaggetta frequentata dagli amanti delle immersioni subacquee.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Circondata da numerosi cactus, un muretto a secco e da un cancelletto in ferro, la torre presenta evidenti strati di intonaco sulla pietra tufacea originaria e risulta per questo più bianca rispetto alle altre. Sempre a pianta quadrata, mostra un muretto superiore di protezione leggermente arrotondato e delle finestrelle chiuse con tegole in legno color porpora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima torre ancora esistente in terra di Bari si trova a Capitolo, frazione sud di Monopoli. E’ Torre Cintola, in realtà parzialmente distrutta ma non per questo priva di fascino. L’edificio si trova nei pressi della chiesetta rupestre di San Giorgio, a ridosso del mare e posta sulla roccia calcarea. Circondata da un basso muretto è punteggiata da piantine selvatiche. Il lato che si affaccia sulla costa è quello meglio conservato e ci permette comunque di immaginare la semplice ma imponente struttura originaria, gli altri lati invece sono quasi del tutto crollati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si trova in questo stato a causa delle esercitazioni di artiglieria delle truppe inglesi effettuate durante la Seconda Guerra mondiale. Ha resistito agli attacchi dei pirati, ma non ha potuto nulla contro le armi alleate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
* con la collaborazione di Vincenzo Drago
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