di Giancarlo Liuzzi - foto Rafael La Perna

Bari, il Lungomare Sud tra passato, presente e futuro. Racconto n.3: Via Giovine
BARI – E siamo arrivati al terzo e ultimo racconto sul Lungomare Sud del capoluogo pugliese. Stiamo infatti ripercorrendo la storia della strada costiera lunga sei chilometri che si estende dal centro cittadino sino a San Giorgio. Il tutto prima che cambi totalmente volto, per via dei lavori di riassetto della ferrovia e della realizzazione del parco Bari CostaSud.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Il primo capitolo del nostro reportage è stato dedicato a Corso Trieste, il tratto di lungomare che va da Pane e Pomodoro al Torrente Valenzano. Il secondo ha invece riguardato via Giovanni Di Cagno Abbrescia, ovvero il segmento più disabitato e degradato che arriva sino al lido “Il Trullo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi invece vi parleremo dei due km che compongono via Alfredo Giovine, arteria che giunge sino al lido dell’Acquedotto Pugliese, punto in cui la strada costiera devia poi nell’entroterra. (Vedi foto galleria)

Parliamo di un tratto di lungomare sicuramente più vissuto rispetto al precedente. Qui infatti i binari della ferrovia sono più lontani dalla costa e questo ha permesso che negli anni sorgessero di fronte al mare numerose villette, le più antiche delle quali presentano una particolare architettura neogotica. Anche questa zona però con il tempo, soprattutto a causa della chiusura dei locali che un tempo la animavano, è stata colpita dal degrado e dall’isolamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il futuro dovrebbe essere comunque più roseo. Non sono infatti previste particolari opere pubbliche, ma verranno concesse aree sul litorale per attività turistico-ricreative (già in via di assegnazione). In più, come per il resto del lungomare, la deviazione dei binari della ferrovia a seguito dei lavori del cosiddetto “collo d’oca” permetterà alla strada costiera di ricongiungersi con il resto della città

Riprendiamo dunque il nostro viaggio verso sud partendo dal lido “Il Trullo”. Dopo pochi passi, sulla nostra destra, incrociamo i primi edifici della zona: delle basse e bianche costruzioni in pietra con dei comignoli sul tetto e una specie di campanile ad arco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Adiacente a questi immobili due robuste colonne prive di cancello danno accesso alla prima delle ville antiche dell’area. La dimora di colore ocra, costruita nella prima metà del 900 ma con adattamenti successivi, si sviluppa su un solo piano rialzato con un grigio torrino in alto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta comunque di un edificio abbandonato da tempo con un vialetto di accesso ricolmo di rifiuti ed elettrodomestici. Una loggetta balaustrata ci conduce all’interno che si mostra decadente e pieno di immondizia di ogni genere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo sui nostri passi e procediamo sulla via costiera fino a una delle aree demaniali oggetto di concessione. Si tratta di uno spazio terrazzato a ridosso del mare che già la scorsa estate ha ospitato un bar-ristorante provvisorio posato su pedane in legno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superato un complesso di villette incrociamo sulla destra un’azienda di piscine che si trova ad angolo con strada Sant’Anna, una delle viuzze che vanno a morire sui binari. Anche su questa parte di strada costiera non mancano però vecchi capannoni in abbandono: fabbricati in pietra e lamiera ormai quasi interamente diroccati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La costa invece si fa più attraente grazie a piccole calette che si insinuano tra gli scogli, raggiungibili attraverso delle piazzole circondate da bassi muretti fatte realizzare dal Comune tra il 2006 e il 2009. Una di queste si affaccia come un balcone sull’Adriatico ed è lì dove un tempo sorgeva il locale “La Sirenetta”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Di proprietà dei fratelli Vincenti, fu progettato nel 1953 dagli architetti Chiaia e Napolitano. Inizialmente composto da un solo livello e contraddistinto da un’alta insegna con pesci colorati, fu poi ampliato con una vasta sala a vetri vista mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per anni rappresentò il ristorante dei matrimoni baresi: erano infatti in tanti a sceglierla per il "grande giorno". E ospitò concerti di famosi cantanti come Peppino di Capri, Patty Pravo e Gianni Morandi. A seguito della catastrofica mareggiata del 1980 l’immobile subì però ingenti danni e il titolare fu costretto a chiudere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulla destra di via Giovine veniamo invece attratti da una graziosa struttura in pietra, simile a un castelletto, con finestre ad arco “goticheggianti” e una fine merlatura sul tetto. Tratti architettonici che contraddistinguono più dimore presenti su questa strada. Ci avviciniamo all’edificio, in via di restauro, dove incontriamo la proprietaria, la quale non ci permette di fotografare l’immobile da vicino rivelandoci però che risale al 1920.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo una centinaia di metri incontriamo uno storico locale serale adagiato sul mare. Nato negli anni 50 col nome di “Verde Luna”, nel 1981 prese il nome di “Le Bateau 2” per diventare, nel 2000, il “Reef”. Chiuso quattro anni fa è stato recentemente concesso dal Comune a una società la quale realizzerà al suo interno un bar-ristorante dotato di terrazza esterna, zona solarium con accesso al mare e un vasto giardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dal lato opposto della via si trova invece un grande cancello bianco. È l’ingresso della Drop House Amaranta: centro per donne vittime di sfruttamento e violenza, aperto nel 2022. La struttura sorge nell’ex Villa Loreta, confiscata al clan mafioso dei Capriati nel 2009 e in disuso fino a pochi anni fa.

A seguito dell’avvenuto restauro sono oggi ben evidenti i tratti lussuosi che caratterizzavano la dimora, con il suo massiccio pronao ad archi con colonne ioniche.

Proseguiamo il nostro viaggio nell’ultimo tratto di via Giovine. Qui fa subito capolino una delle strutture più singolari della zona: una villetta in pietra finemente ristrutturata che pare una piccola fortezza. Colpiscono le grigie finestre ad arco medievaleggianti e l’elegante merlatura. Di fianco alla residenza, in un verde giardino, sorge anche una chiesetta dedicata a San Giorgio con tanto di vetrate colorate, fini guglie angolari, campaniletto polilobato e una statua del Cristo.

Fino agli anni 70 questa dimora ospitava alcune suore, le quali in estate accoglievano i bambini per la colonia estiva, sfruttando anche una piccola torretta bianca affacciata sul mare e circondata da un muretto in pietra. Una struttura che è ancora lì, anche se la scorsa estate dopo essere stata ristrutturata è stata riadattata a bagno-magazzino di un bar.

Giungiamo infine davanti all’ultima insenatura del lungomare che ospita l’ingresso del lido Cral dell’Acquedotto pugliese, attivo dall’inizio degli anni 50. Qui il lungomare si interrompe deviando verso l’interno, non prima di aver costeggiato un antico edficio rosso e, sul lato opposto, Villa Sada: un’altra graziosa dimora dal gusto “gotico” con finiture ocra.

Adiacente alla quale una serie di palazzine in costruzione stanno sorgendo su un’area dove, fino a cinque anni fa, operava il pastificio Ambra. Il nome del complesso, che ospiterà 70 appartamenti, è “Residence CostaSud”: un omaggio al nuovo parco costiero e alla rinascita, dopo decenni, dell’isolato Lungomare Sud di Bari.

(Vedi galleria fotografica)

Foto di copertina di: Antonio Caradonna
 


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Il racconto dei due chilometri compongono via Alfredo Giovine, tratto di lungomare che parte dal lido Il Trullo per giungere sino al lido dell’Acquedotto Pugliese, punto in cui la strada costiera devia poi nell’entroterra
Riprendiamo dunque il nostro viaggio verso sud partendo dal lido “Il Trullo”. Dopo pochi passi, sulla nostra destra, incrociamo i primi edifici della zona: delle basse e bianche costruzioni in pietra con dei comignoli sul tetto e una specie di campanile ad arco
Adiacente a questi immobili due robuste colonne prive di cancello danno accesso alla prima delle ville antiche dell’area: una dimora di colore ocra, costruita nella prima metà del 900 ma con adattamenti successivi
Si tratta comunque di un edificio abbandonato da tempo con un vialetto di accesso ricolmo di rifiuti ed elettrodomestici
Una loggetta balaustrata ci conduce all’interno che si mostra decadente e pieno di immondizia di ogni genere
Ritorniamo sui nostri passi e procediamo sulla via costiera fino a una delle aree demaniali oggetto di concessione
Si tratta di uno spazio terrazzato a ridosso del mare che già la scorsa estate ha ospitato un bar-ristorante provvisorio posato su pedane in legno
Superato un complesso di villette...
incrociamo sulla destra un’azienda di piscine che si trova ad angolo con strada Sant’Anna, una delle viuzze che vanno a morire sui binari
Anche su questa parte di strada costiera non mancano però vecchi capannoni in abbandono: fabbricati in pietra e lamiera ormai quasi interamente diroccati
La costa invece si fa più attraente grazie a piccole calette che si insinuano tra gli scogli...(foto di Antonio Caradonna)
...raggiungibili attraverso delle piazzole circondate da bassi muretti fatte realizzare dal Comune tra il 2006 e il 2009
Una di queste si affaccia come un balcone sull’Adriatico ed è lì dove un tempo sorgeva il locale “La Sirenetta”
Di proprietà dei fratelli Vincenti, fu progettato nel 1953 dagli architetti Chiaia e Napolitano. Inizialmente composto da un solo livello e contraddistinto da un’alta insegna con pesci colorati...
...fu poi ampliato con una vasta sala a vetri vista mare
Per anni rappresentò il ristorante dei matrimoni baresi: erano infatti in tanti a sceglierla per il "grande giorno". E ospitò concerti di famosi cantanti come Peppino di Capri...
...e Gianni Morandi
Sulla destra della strada veniamo invece attratti da una graziosa struttura del 1920 in pietra, simile a un castelletto, con finestre ad arco “goticheggianti” e una fine merlatura sul tetto
Dopo una centinaia di metri incontriamo uno storico locale serale adagiato sul mare. Nato negli anni 50 col nome di “Verde Luna”, nel 1981 prese il nome di “Le Bateau 2” per diventare, nel 2000, il “Reef”
Chiuso quattro anni fa è stato recentemente concesso dal Comune a una società la quale realizzerà al suo interno un bar-ristorante dotato di terrazza esterna, zona solarium con accesso al mare e un vasto giardino
Dal lato opposto della via si trova invece un grande cancello bianco. È l’ingresso della Drop House Amaranta: centro per donne vittime di sfruttamento e violenza, aperto nel 2022
La struttura sorge nell’ex Villa Loreta, confiscata al clan mafioso dei Capriati nel 2009 e in disuso fino a pochi anni fa (foto di Gennaro Gargiulo)
A seguito dell’avvenuto restauro sono oggi ben evidenti i tratti lussuosi che caratterizzavano la dimora, con il suo massiccio pronao ad archi con colonne ioniche
Proseguiamo il nostro viaggio nell’ultimo tratto di via Giovine. Qui fa subito capolino una delle strutture più singolari della zona: una villetta in pietra finemente ristrutturata che pare una piccola fortezza
Colpiscono le grigie finestre ad arco medievaleggianti e l’elegante merlatura
Di fianco alla residenza, in un verde giardino, sorge anche una chiesetta dedicata a San Giorgio...
...con tanto di vetrate colorate...
...campaniletto polilobato...
...e una statua del Cristo
Fino agli anni 70 questa dimora ospitava alcune suore, le quali in estate accoglievano i bambini per la colonia estiva, sfruttando anche una piccola torretta bianca affacciata sul mare e circondata da un basso muretto in pietra (foto di Gennaro Gargiulo)
Una struttura che è ancora lì, anche se la scorsa estate dopo essere stata ristrutturata è stata riadattata a bagno-magazzino di un bar
Giungiamo infine davanti all’ultima insenatura del lungomare...
...che ospita l’ingresso del lido Cral dell’Acquedotto pugliese...
...attivo dall’inizio degli anni 50
Qui il lungomare si interrompe deviando verso l’interno, non prima di aver costeggiato un antico edficio rosso...
...e, sul lato opposto, Villa Sada: un’altra graziosa dimora dal gusto “gotico” con finiture ocra
Adiacente alla quale una serie di palazzine in costruzione stanno sorgendo su un’area dove, fino a cinque anni fa, operava il pastificio Ambra
Il nome del complesso, che ospiterà 70 appartamenti, è “Residence CostaSud”: un omaggio al nuovo parco costiero e alla rinascita, dopo decenni, dell’isolato Lungomare Sud di Bari



Giancarlo Liuzzi
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Rafael La Perna
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  • Vito Petino - I RAGAZZI DI JAPIGIA E LA MASSERIA MANZARI Abitavamo da poco nella Quarta Traversa di Japigia. Durante le vacanze scolastiche tre erano i passatempi preferiti, la partita di pallone, i bagni nella spiaggia libera a sud del lido Marzulli, la nostra spiaggia della vecchia Panepmmdor per intenderci e, quando il mare era agitato, le lunghe passeggiate sino al Camping di San Giorgio. Passavamo spesso perciò davanti al cancello della masseria Manzari, senza saperne il nome. Ricordo con nostalgia la seconda metà di giugno. La mattina all'alba ci riunivamo ragazzini dai 10 ai 14 anni nel cortile delle nostre case per marciare a schiere compatte, partendo dalla nostra Traversa e procedendo lungo il viale col solito panino fresco e già tagliato per colazione. In mezzo vi spiaccicavamo i fioroni appena colti dai rami sporgenti sulla strada, oltre i muretti a secco. Tutto il viale Japigia, dalle nostre ultime case in poi, era limitato dal verde agreste, e finiva sull'argine nord del Canalone. Di solito le camminate brevi terminavano nel suo letto. Trasformati in spericolati esploratori e armati di pietre, davamo la caccia a ogni cosa che si muoveva, soprattutto scorzoni che si nascondevano nei bunker di cemento, residuati della seconda guerra. Dall'argine sud si allungava via Gentile, o via Nuova di Mola, sino a incrociare la provinciale per Triggiano. Il ponte sul Canalone fungeva da nastro che legava insieme le due strade. Via Gentile era punteggiata da filari dirimpettai di alberi d'alto fusto, gelsi che s'alternavano a platani, dandoci ristoro e frescura con la loro ombra. Prendevamo i primi d'assalto. Scalato il tronco ci si piazzava in equilibrio precario sui rami e facevamo scorpacciate delle succose e dolci more. Dita delle mani e musi rossi ci rendevano irriconoscibili quando si scendeva dall'albero. Alla prima fontanina dell'Acquedotto lungo la strada ci si lavava alla meglio. Quelle che non andavano via erano le macchie sui vestiti. Per questo si stava attenti a non strofinarci le dita addosso mentre mangiavamo i gelsi per non prenderle dai genitori. Giunti di fronte alla masseria Iacobellis, tuttora esistente a sinistra di via Gentile, duecento metri prima d'imboccare la complanare, di alberi sui lati della strada non ce n'erano più. Da quel punto la campagna si estendeva fin dove l'occhio arrivava. E si diventava tutti cacciatori. Sfilata la fionda appesa al collo davamo la caccia a lucertole e uccelli. Polso fermo e dita serrate sul manico "du frcidd", ricavato da un ramo d'albero a Y e adattato al palmo della mano con un preciso lavoro di coltello. Caricavamo una pietra del giusto calibro nella pezzetta di cuoio che collegava le due molle da camera d'aria, attaccate quasi in cima ai due rametti del forcello e, alzate le braccia sino a portare la pezzetta di cuoio a livello d'occhio per meglio mirare il bersaglio, facevamo partire il colpo. Strage di poveri rettili e volatili ci facevano veri barbari inconsapevolmente crudeli. Per stabilire chi vincesse il titolo di miglior cacciatore del giorno, avevamo decretato un punteggio per ogni bersaglio centrato. Un punto lucertola grande; tre la piccola; cinque il taglio netto della coda di ogni lucertola, coda che ci divertiva veder danzare, comunque senza la coda scappavano lo stesso e avevano salva la vita, nascondendosi nelle fessure dei muretti; dieci punti gli uccellini. I piccoli rettili li abbandonavamo dove erano stati colpiti. Gli uccelli li prendevano quelli di noi che avevano il coraggio di portarli a casa. Dopo averli spennati e appesi per farne colare il sangue da cui si otteneva il sanguinaccio, farli fare in padella dalle madri. Giunti all'incrocio della strada per Triggiano, giravamo a sinistra, e se il passaggio a livello fosse chiuso, ci si sedeva sui muretti laterali a riposarci prima del ritorno, che prendevamo sul lato mare, lungo la via Vecchia di Mola. All'epoca strada ferrata e strada proveniente da Triggiano erano poste sullo stesso livello, come sullo stesso identico livello erano situate la via Gentile e la via Vecchia di Mola. Sono stati i lavori di realizzazione della circonvallazione a portare anni dopo più in basso la strada da Triggiano col doppio sottopasso, stradale e ferroviario, per poi farla risalire verso il Camping, eliminando il passaggio a livello; un ponte ferroviario in pietra lo sostituì, mantenendo i binari a livello originario fra le due sponde del ponte stesso. Tutta la zona risultò totalmente sconvolta dopo i lavori. Passato il treno, e percorso il breve tratto fino al Camping, si girava a sinistra, seguendo la costa, che in quel tratto prendeva il nome di Michelangelo Interesse, commerciale e ragioniere che realizzò il Camping San Giorgio; la figlia Caterina sposò mio zio Uccio Belviso, avvocato; da grande ho avuto incarichi professionali per la sistemazione catastale dello stesso Camping e dintorni. Continuavamo a marciare sul tratto successivo, via Alfredo Giovine sino al Lido Trullo, che da quel punto e sino al Canalone cambiava ancora nome in via Giovanni Di Cagno Abbrescia. Ma noi, arrivati all'altezza del Lido Marzulli, scavalcavamo la staccionata ferroviaria di cemento, attraversavamo binari e viale per tornare a casa, in seno alla nostra Quarta Traversa di Japigia, dirimpettaia del fascio di binari, felici per le avventure trascorse in tutta la mattinata. Migliore attività all'aria aperta non si poteva pretendere per ragazzini con mezzi economici familiari risicati, senza che i genitori spendessero un soldo. L'ottima salute dei ragazzi, dopo quelle attività fisiche e mentali quotidiane, era a prova d'ogni malanno...


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