A Madonnella una stradina chiusa nasconde un pezzo della Bari ottocentesca: è Vico Cettigne
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giovedì 30 gennaio 2025
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di Paola Campanella - foto Rafael La Perna, Giorgia Lucrezia Settembre
Sebbene il tempo ne abbia in parte mutato i tratti e sbiadito i colori, questo vicoletto privato conserva ancora numerose tracce delle storie che l’hanno attraversato e che tuttora lo animano. Siamo andati a visitarlo (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Imbocchiamo quindi corso Sonnino sino ad arrivare al civico 147/bis, situato tra l’ex caserma dell’Aeronautica Sonnino e la chiesa di San Giuseppe. Qui ci ritroviamo davanti a un cancello in ferro color cannella che limita l’accesso al vico, il cui toponimo è riportato su una targa posta in alto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Cettigne, da cui la stradina prende il nome, è il paese di nascita di Elena del Montenegro, consorte di Vittorio Emanuele III di Savoia, la quale nel 1896 abiurò il credo ortodosso per convertirsi alla fede cattolica nella Basilica di San Nicola di Bari. Leggenda vuole che la regina abbia alloggiato proprio in un palazzo di questo vicolo: un edificio tuttora esistente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che varcare la soglia. Ad aprirci il cancello è Salvatore Capoccia, che qui ha il suo studio di gestione condomìni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superato un breve tratto asfaltato stretto tra due pareti, ci ritroviamo a camminare su una particolare pavimentazione in cotto che una ventina d’anni fa è stata impiantata in sostituzione delle vecchie e ormai dissestate chianche bianche.
Ci guardiamo intorno e notiamo come la strada sia costituita da antichi e bassi edifici costruiti a fine 800. In origine abitazioni, nel corso del 900 furono poi adibiti a botteghe.
La prima costruzione sulla nostra destra presenta una facciata bianca interrotta da una porta azzurra a vetri cui fa pendant una persiana di egual colore. È il laboratorio dell’87enne falegname Pinuccio Volpe, che troviamo però chiuso al nostro arrivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Del signore ce ne parla il 71enne idraulico Franco Floro, che lavora al civico 14 della via. «Io sono qui da 25 anni, mentre il signor Volpe è nato e cresciuto in questo vico – ci dice –. Mi ha raccontato che, quand’era piccolo, in ognuna di queste case vivevano 3-4 persone. In quello che oggi è lo studio dell’amministratore ce n’erano addirittura 10, tutte in una stanza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguendo lungo la viuzza troviamo sulla sinistra l’unico alloggio ancora abitato, come testimoniano le mollette colorate che affollano i fili per stendere il bucato sistemati accanto all’ingresso della casa. Ci viene però riferito che l’inquilino non ami essere disturbato: evitiamo così di bussare alla sua porta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
All’edificio è annessa una saracinesca che chiude un locale dismesso in cui un tempo lavorava un idraulico: il signor Timo. Alla parete è appeso un canestro da basket che pare inutilizzato da tempo. Abbandonate risultano essere altre due botteghe, di cui una chiusa da un vecchio portone in legno, che ospitavano un altro falegname e l’inventore Nicola Loglisci, morto pochi anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma eccoci ora davanti allo studio dell’amministratore Capoccia. Varchiamo la soglia per entrare in una larga stanza che conserva un originale pavimento di chianche in pietra calcarea dell’800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ho fatto ristrutturare personalmente l’edificio, che prima del mio arrivo era ridotto a un rudere – esordisce il proprietario –. Io, da residente del quartiere Madonnella, sono sempre stato innamorato di questo vicoletto che somiglia a una stradina di paese. Così vent’anni fa ho deciso di aprire qui il mio studio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insieme a Salvatore andiamo alla scoperta dell’ultimo tratto di vico Cettigne, occupato da un’imponente dimora abbandonata. Tra tutti i segreti che la via sembra celare, il più affascinante appare quello sussurrato da questa residenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Sebbene il palazzo sia attualmente diroccato – osserva Capoccia – è possibile comunque intuire la maestosità e il pregio che l’hanno caratterizzato in passato. Si racconta tra l’altro che sia proprio in questo stabile che abbia alloggiato Elena del Montenegro nel suo soggiorno a Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La struttura si staglia su tre livelli, tra cui il piano terra utilizzato un tempo come stalla. L’edificio è molto grande, più di quanto appaia dall’esterno: di fatto la sua parte posteriore si estende per tutta la via. Per entrarvi infatti dobbiamo tornare all’inizio della strada, lì dove un portone in ferro ci permette di accedere a un lungo corridoio. Veniamo quindi condotti in un largo ambiente con le pareti in pietra e dei particolari incavi nel muro: forse gli accessi a un vecchio pozzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sul lato opposto fa capolino una porta che, una volta superata, ci permette di ammirare uno scorcio che da fuori avevamo potuto solo intravedere. Interamente ricoperto da edera e altre piante rampicanti, si apre infatti ai nostri occhi il giardino della residenza che, sebbene ormai abbandonato a se stesso, emana ancora un certo fascino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo ora dall’immobile per ritornare alla fine della strada e mentre camminiamo notiamo in un angolo un pallone colorato. «Proviene dall’adiacente campo dell’oratorio della chiesa di San Giuseppe – spiega la nostra guida –. Prima era facile che durante una partita i palloni arrivassero qui, superando il muro divisorio. Poi però è stato creato un nuovo terreno di gioco più riparato e dotato di una rete di protezione e quindi le “invasioni” calcistiche sono diventate meno frequenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Eppure di tanto in tanto qualche pallone riesce ancora a fare gol in vico Cettigne, proprio come è capitato a quello che abbiamo visto noi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma vico Cettigne e San Giuseppe sono legate anche da un’altra particolare circostanza. Vicino al campetto di calcio è infatti possibile dissetarsi da un’antica fontana in ferro: una tipica cape de fiirre con evidente fascio littorio, verniciata però di un insolito colore rosso. «In passato era collocata proprio nel vico – sottolinea Capoccia –. Fu spostata perché doveva necessariamente essere collocata su un suolo pubblico, visto che la stradina nel frattempo era diventata privata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo infine un cortile attualmente utilizzato come parcheggio e delimitato dal muro che separa la strada dalla ferrovia. Qui vico Cettigne finisce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oltre la parete predetta notiamo però un edificio molto simile a quelli della nostra via. Ed è a questo punto che realizziamo che i binari tagliano in due quella che originariamente era un’unica strada. C’è quindi un tratto di vico Cettigne rimasto “orfano”, ma che comunque, nonostante “l’isolamento”, ha mantenuto l’aspetto originario ottocentesco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un piccolo angolo di Bari di cui abbiamo già parlato in passato. È situato all’inizio di via Oberdan ed è composto da una stradina fiancheggiata da basse case “gemelle” a quelle di vico Cettigne. Versa in uno stato di forte degrado ma ha conservato la sua fontana in ferro tuttora funzionante: simbolo di una vecchia Bari che, nascondendosi in queste viuzze, è rimasta uguale a se stessa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Trifone - Ricordo che era tanto anni fa un centro di artigiani ebanisti vari
- Scolamacchia Rosa - Interessante scoperta, sono passata di lì infinite volte ma non mi sono mai accorta di questo scorcio oltre il cancello. Articolo molto preciso e minuzioso.