Leggi ad hoc, solidarietà e buon senso: negozi e supermercati sprecano sempre meno cibo
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mercoledì 10 luglio 2019
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di Luca Carofiglio
Il risultato degli esercizi commerciali non è però casuale: lo si deve a leggi create ad hoc, al buon senso dei venditori e all’importante attività di associazioni ed enti religiosi.
Partiamo dalla “norma antispreco”: la 166/2016, entrata in vigore il 14 settembre di tre anni fa. «La legge - spiega Laura Costantino, ricercatrice di Diritto Agrario dell’Università di Bari - si occupa di favorire la destinazione dei prodotti che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza, possono essere ceduti gratuitamente per il consumo a persone indigenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lo Stato ha quindi di fatto dato il benestare alla cessione degli alimenti tra cui quelli che, pur avendo superato di poco la data segnalata dalla dicitura “consumare preferibilmente entro”, rimangono comunque edibili, seppur meno freschi e fragranti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una disposizione che va incontro sia alle persone bisognose che ai commercianti. «Sì perché la merce avanzata per noi rappresenta un danno - sottolinea il proprietario di una catena di supermercati baresi –: oltre al mancato guadagno dobbiamo infatti sobbarcarci anche il costo dello smaltimento previsto dalla Asl, pagando ad hoc delle ditte specializzate. Per questo si cerca sempre di vendere ad ogni costo, anche abbassando notevolmente i prezzi attraverso delle offerte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi però questi esercizi possono risparmiare sullo smaltimento regalando i beni in eccedenza. Ma a chi? A questa domanda risponde la norma 13/2017 della Regione Puglia che, attuando la legge nazionale, ha stabilito i soggetti preposti a ricevere le donazioni. Si va dalla Caritas alla Croce Rossa, sino ad arrivare al Banco Alimentare e alle associazioni “Incontra” e “Farina 080”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Regione che ha già stanziato un primo finanziamento di 600mila euro. «Questo denaro – dichiara il consigliere regionale Ruggiero Mennea –, assieme ai contributi nazionali, è usato dalle associazioni per affittare i locali dove conservare il cibo e per sostenere i costi dei mezzi con cui recuperare gli alimenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra queste organizzazioni c’è la già citata Incontra, che ha creato un “supermercato solidale” in via Azzarrita da Trani, nel quartiere San Paolo di Bari. Attiva dal settembre 2016, aiuta 661 famiglie alle quali sono stati attribuiti dei “punti di acquisto” in base al reddito. «Una parte della merce che distribuiamo proviene proprio da grossi punti vendita come Metro, Eataly ma anche dal mercato generale di Bari», afferma uno dei volontari, il 57enne Raffaele Zurlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dal 2015 la onlus Farina 080 ha invece avviato il progetto “Avanzi Popolo 2.0” che si occupa di recuperare eccedenze alimentari poi depositate nei “frigoriferi solidali” collocati in sei punti diversi delle città, tra i quali la chiesa di San Sabino e l’Ateneo. «Siamo in prima linea per riutilizzare il cibo da 120 realtà - afferma il 38enne responsabile Marco Ranieri -. Tra queste anche aziende agricole, società di catering e sale ricevimenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E poi c’è la Caritas, che si “serve” ad esempio nei punti Coop. «Da anni abbiamo attivato il progetto “Buon fine” – ci riferisce la 48enne Valentina Lomoro, che si occupa di iniziative sociali all’interno della catena commerciale -. Se un prodotto nonostante gli sconti rimane invenduto viene donato a onlus, parrocchie e mense che aiutano persone svantaggiate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Anche se comunque un po’ di merce viene ancora buttata – precisa Catia, dipendente dell’Ipercoop di Japigia -. I preti che vengono da noi non prendono proprio tutto, fanno una selezione: ad esempio le focacce ritirate sono solo quelle intere, non i singoli tranci».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché come detto in Puglia rimangono sempre 46.500 tonnellate di cibo sprecato: una cifra che però, grazie al circolo virtuoso che si è attivato, si spera possa pian piano diminuire nel corso del tempo.
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Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio