«Il calcio è stato la salvezza di mio padre, sopravvissuto al più grande campo di concentramento per prigionieri di guerra italiani». Sono le parole di Giovanni De Benedictis, 67enne barese figlio di Matteo, uno dei reclusi di “Zonderwater”: un luogo del lontano Sudafrica in cui durante la Seconda guerra mondiale furono internati 94mila connazionali. Una vera e propria città delimitata dal filo spinato, i cui “abitanti” trovarono una sola ragione per vivere: il gioco del pallone.