Letto: 3306 volte | Inserita: martedì 3 settembre 2013
| Visitatore: Luca
Ognuna delle frasi citate non è funzionale al raggiungimento di un obiettivo perché priva di razionalità e logica, quindi poco aderente alla realtà.
“Avrei potuto”, “potevo fare meglio” alludono a qualcosa che è ormai passata e che quindi non può essere cambiata. Non ha alcun senso pensarci se non ci si può fare nulla. Inoltre non si può davvero sapere “se” si fosse tentata un’altra soluzione come sarebbe andata. Pensarci non cambia le cose, è sterile e fa solo perdere tempo.
Il problema in questi casi è il perfezionismo, la tendenza a porsi degli standard troppo alti. Tutti aspiriamo al meglio, ma volere la perfezione vuol dire perdere in partenza. Questo modo di vedere è rigido e assoluto e ostacola inevitabilmente la felicità.
Non c’è nulla di sbagliato nell'essere determinati a dare il meglio, purché lo si faccia con flessibilità, ossia riconoscendo realisticamente che gli errori sono esperienza comune e vanno accettati. Se si adotterà una linea di perfezionismo non sano, quindi basato su aspettative rigide e irrealisticamente elevate, ogni singolo errore verrà invece visto come un fallimento globale.
Alla luce di questo i rimpianti non servono a molto, anzi, perpetuano idee che verosimilmente portano a sentirsi depressi, ansiosi e in colpa. La prossima volta in cui sarete assaliti dai rimpianti dovete chiedervi se si tratta di quesiti logici e razionali e quindi tali da poter essere messi in discussione e soprattutto se questo modo di pensare vi aiuta a stare bene.
Ponendosi queste domande si potrà prendere ciò che accade per quello che è e non per quello che si crede che sia o che avrebbe dovuto essere. Di conseguenza i rimpianti scompariranno e si potrà guardare alle scelte future con più serenità.
Risponde
MONICA LASARACINA – Psicologa
Psicologa, si dedica alla libera professione e si occupa di attività clinica e di ricerca presso il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell'Azienda USL di Piacenza.