Da Carbonara a New York: una giovane pianista barese si esibisce alla Carnegie Hall
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venerdì 16 marzo 2018
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di Raffaele Caruso
La tua è stata un’esperienza che ogni musicista vorrebbe provare: come ci sei riuscita?
Ho vinto il “Golden Classical Music Awards”. È un concorso che ha come scopo quello di scovare giovani talenti per poi lanciarli sul palcoscenico internazionale. Oltre me è stato selezionato un altro ragazzo italiano e dei pianisti coreani.
In che modo ti hanno scovato?
Ho mandato la mia candidatura attraverso un video dove suonavo senza interruzioni la terza suite francese di Bach, la sonata di Beethoveen op.31 n.3 e l'Allegro Barbaro di Bartók. Ho saputo l'esito il 10 gennaio, il giorno prima di un esame universitario. Ho ricevuto una email quando ero a casa della mia migliore amica: abbiamo fatto salti di gioia per dieci minuti.
E dopo due mesi sei volata a New York: come è andata?
Sono stata serena fino a pochi minuti prima della mia performance, poi però quando hanno chiamato il mio nome mi sono sentita spaesata. Ma appena salita sul palco sono stata accolta dall’applauso di trecento persone che mi hanno dato coraggio. Ho iniziato così ad esibirmi riproponendo la sonata di Beethoveen che mi aveva fatto arrivare fin qui. Bene, non credo di aver mai suonato meglio in vita mia: mi sono divertita e ho amato ogni nota che facevo uscire dal mio strumento. Non badavo alla sala piena e silenziosa, ma solo a lui, al mio compagno di vita: il pianoforte. E alla fine sono arrivati gli applausi. È stato un giorno per cui è valso vivere.
Parliamo allora del tuo “compagno”...
Ho iniziato a suonare il piano quando avevo 5 anni. È stata mia madre a spingere affinchè iniziassi, ma poi con il tempo mi sono innamorata della musica. Ho fatto tanti sacrifici. Quando frequentavo il liceo classico avevo giusto il tempo per mangiare un panino e all’uscita di scuola volavo al Conservatorio. Ho rinunciato a tanti pomeriggi con le amiche, ma ripetevo a me stessa che dovevo far di tutto per riuscire. La vita del musicista è fatta di solitudine, ma poi si viene ripagati con delle emozioni indescrivibili.
Qual è il tuo modello di riferimento?
La mia pianista preferita è l’argentina Marta Argerich, che tra l’altro ho avuto l’onore di conoscere due anni fa. Sono andata a Roma per assistere a un suo concerto e dopo l’esibizione sono riuscita ad avvicinarmi a lei e a farmi autografare il primo concerto di Čajkovski. Vorrei un giorno arrivare al suo livello, ma nel frattempo ho tanti altri sogni da realizzare.
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Scritto da
Raffaele Caruso
Raffaele Caruso