Torre a Mare, nei meandri di Grotta della Regina: lì dove Bona Sforza faceva il bagno senza veli
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mercoledì 25 maggio 2022
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di Marco Montrone e Federica Calabrese - foto Antonio Caradonna
Il posto è famosissimo e dà sia il nome alla strada che bisogna percorrere per arrivarci, sia al locale che, ormai abbandonato da tempo, fu per cinquant’anni un punto di riferimento delle serate baresi. Si tratta però di un anfratto visibile solo dal mare, perché celato dall’alta scogliera che raggiunge in questo punto i quattro metri di altezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungere il luogo basta muoversi per 500 metri sulla via costiera che si dispiega a sud del porticciolo di Torre a Mare. Superati alcuni storici ristoranti di pesce e l’insenatura di Cala Fetta, si arriva davanti al rudere del ristorante Grotta Regina, che ospitò feste, cene e concerti dagli anni 60 sino al 2012. Oggi ne è rimasto solo lo scheletro, complice anche un grosso incendio che nel 2015 ha definitivamente distrutto il poco che era rimasto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Circumnavigando l’ex club sulla sinistra si apre un sentiero che conduce sulla costa. Siamo nei pressi di Punta della Penna, soprannominata così per la conformazione di un lembo di scogliera che somiglia alla penna di un volatile. In realtà la zona è chiamata da tutti “bunker” per via della piccola struttura militare di fortificazione presente.
In questo punto ci aspettano una serie di gradini scolpiti nella roccia che permettono la discesa sino al mare. È qui, sporgendoci sulla sinistra, riusciamo a scorgere la grande bocca dell’antro semisommerso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Stando attenti a non scivolare, camminiamo quindi sugli scogli bagnati dall’Adriatico, per entrare in una sorta di ingresso che ci conduce nei meandri della grotta. Da qui ci dirigiamo sulla sinistra, dove ci aspetta un primo ambiente illuminato solo dalla scarsa luce solare che passa attraverso una piccola fessura che incornicia il molo del porto in lontananza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Notiamo come la stanza, dalle pareti verdognole ed erose, sia caratterizzata da una piscina naturale di 60 centimetri di profondità che raccoglie l’acqua marina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Percorrendo un passaggio levigato evidentemente scavato dall’uomo, è possibile poi giungere nel secondo ambiente della grotta, quello più grande e “monumentale”, di circa 10 metri per 10.
Anche qui, con la protezione della barriera scogliosa, si è creata una vasca rupestre della profondità di 80-90 centimetri. Quella in cui, nel 500, Bona Sforza si immergeva assieme al suo amante: quel marchese Gian Lorenzo Pappacoda che sarebbe però divenuto in seguito il suo assassino.
Ma la duchessa non fu la sola a frequentare questo luogo. Nel 600, pure il conte Giulio Antonio II Acquaviva d’Aragona, con la consorte Dorotea d’Atri, scelse le piscine di Grotta della Regina per rilassarsi d’estate tra le onde del mare. La cavità è infatti anche conosciuta come “Grotta del Conte”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I nobili all’epoca erano ospitati dai duchi di Carafa, signori di Noja (oggi Noicattaro) e venivano sin qui da Conversano perché preferivano evitare la frequentazione delle più vicine coste di Mola e Polignano per via di contrasti con i marchesi di Radulovich.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci guardiamo nel frattempo intorno e notiamo come l’antro sia caratterizzato da due anfratti dall'entrata ad arco realizzati dall’uomo. Uno è di fatto murato, l’altro invece conduce in uno stretto corridoio colmo di rifiuti e massi. L’ambiente comunica infatti con l’esterno, anche se l’entrata dal lato terra, essendo evidentemente pericolante, è protetta da dalle barriere in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E sulle mura di questa sorta di stanzino, che vogliamo pensare fosse stato creato quale “cabina” per permettere agli illustri ospiti di cambiarsi, sono incisi anche alcuni graffiti di non chiara identificazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo infine nella cavità principale e qui, nel completo silenzio interrotto solo dal suono dell’Adriatico, volgiamo lo sguardo verso l’esterno. E ci basta un attimo per ritornare indietro di cinquecento anni, quando la splendida Regina ammirava il sole alzarsi dal mare assieme al suo amatissimo marchese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Mariella Lipartiti - Che bella storia! Non conoscevo l'origine del nome né questa storia. Grazie
- annamaria - Grazie, davvero interessante, peccato che sia totalmente abbandonato.
- Marco - Gran bel articolo, lo pubblicherò sulla mia pagina barese. Siete sempre sul pezzo bravi bravi bravi
- Nicola - Ottimo articolo. Volevo solo precisare che le transenne metalliche sono presenti solo da due anni circa. Questo perché si è aperto un varco superiore che prima non era presente oppure era stato precedentemente coperto dal cemento. Giù in grotta infatti si possono notare evidenze di un crollo.
- STEFANO - Beh siete proprio cattivoni (in senso buono) quel luogo era il preferito da me e da tutti i miei amici, quando eravamo ragazzi, per andare a fare il bagno e giocare a diventare indiani. Prima che sulla grotta regina ci costruissero (indegnamente) quel ristorante non più attivo, ci si poteva accedere tranquillamente; alle spalle vi erano dei grandi alberi di Gelsi rossi. Il nostro divertimento era quello di mettersi in costume, mangiare e spararsi addosso i gelsi rossi. Quando i nostri corpi erano ben inguaiati di rosso, ci si buttava in acqua e si otteneva una reazione chimica che ci faceva diventare tutti violacei tale da sembrare indiani. A parte questo, sempre da giovane, io e mio fratello facevamo la spola, con un lambretta furgone, tra il negozio di attività dei nostri genitori e il ristorante Grotta Regina (che se non ricordo male faceva capo ai titolari dell'allora Aida nonchè al sig. Calabrese imprenditore) per portare continuamente bomboniere distribuite durante i vari matrimoni che ivi si festeggiavano. Certo è che qualche speculazione edilizia ha contribuito sul fatto che i baresi lo frequentassero sempre meno spingendosi più verso Polignano e Monopoli. Comunque bei ricordi e spero che l'attuale popolazione saprà rivalutare tale zona.