Il pazzo tram Santo Spirito-Bitonto: finì in mare e partì senza macchinista
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giovedì 23 maggio 2013
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di Francesco Sblendorio
Ma andiamo con ordine. All’inizio del 900 il collegamento tra Bitonto e Santo Spirito era ancora affidato a un lento e traballante servizio di omnibus a trazione animale istituito nel 1872. Più di un’ora per percorrere 6 chilometri, trasportando al massimo 3 o 4 passeggeri per volta. Dal 1906 si iniziò a pensare a una tramvia elettrica che congiungesse l’entroterra barese (Modugno, Bitetto, Palo del Colle, Bitonto) alla rete ferroviaria adriatica. Ma tale progetto non vide mai la luce. Fu necessario superare la bufera della Prima Guerra Mondiale per vedere finalmente una linea ferroviaria elettrica collegare Bitonto e Santo Spirito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quello che da subito fu affettuosamente chiamato “tram” venne inaugurato il 28 ottobre 1928, sesto anniversario della Marcia su Roma. I lavori per la sua realizzazione, iniziati il 27 giugno 1923, erano durati 5 anni ed erano costati 7 milioni di lire. Un’opera fortemente voluta da un buon numero di cittadini bitontini che già nel 1911 avevano costituito la SAF (Società Anonima Ferroviaria). Da quell’autunno 1928, il tram iniziò i suoi viaggi. Partiva dalla zona della villa comunale di Bitonto, percorreva un tragitto di 6 chilometri, entrava in Santo Spirito passando sotto la stazione ferroviaria e quindi scendeva verso il mare attraverso l’incrocio con via Napoli, via Savona, via Udine e giungeva in piazza Roma, nei pressi del mercato ortofrutticolo. E lì si fermava. Sempre. Tranne una volta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A settembre del 1929 la stagione estiva volgeva al termine, ma erano ancora molti i bitontini che quotidianamente affollavano le spiagge di Santo Spirito. Un giorno di quelli, il macchinista perse il controllo del convoglio, che non si fermò al capolinea, ruppe i paracarri, terminando la sua corsa in mare (vedi foto). Il tutto senza gravi conseguenze per nessuno dei passeggeri che fecero in tempo a mettersi in salvo prima che il tram “ammarrasse”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sarà stato un errore del macchinista o un malfunzionamento dei freni (ancora oggi ci sono versioni diverse sulle cause dell’accaduto) ma in ogni caso l’episodio spinse a correre ai ripari. «Per evitare che l’incidente si ripetesse – racconta Angelo Roncone, esperto di storia locale – in corrispondenza del tratto conclusivo della tramvia fu creata una biforcazione dei binari. In questo modo, da quel momento in poi, il tram si sarebbe dovuto fermare per forza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’episodio del tram che finì in mare entrò subito nei racconti ironici della gente del posto che iniziò a tramandarlo da una generazione all’altra. Ma la storia del tram sembrava maledetta perché fu un altro, ancora più incredibile incidente a decretarne la fine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il 23 gennaio 1963 un’abbondante quanto rara nevicata si abbattè su Bari e provincia. La neve fece ghiacciare i binari del tramvia tanto da rendere complicate le regolari corse. A Bitonto un macchinista si allontanò dal locomotore lasciandolo in moto, fermo, con il freno a mano inserito. Mai pausa caffè fu più avventata. Il calore prodotto dal motore sciolse il ghiaccio sui binari, il freno a mano si disinserì e il locomotore iniziò la sua corsa solitaria verso Santo Spirito. Da qui un altro convoglio era regolarmente partito alla volta di Bitonto. L’incontro tra i due (o meglio: il terribile scontro frontale) avvenne all’altezza di via Lembo (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quel giorno lo ricorda bene Felice, erede di una storica famiglia di parrucchieri di Santo Spirito. «Nel 1963 avevo 9 anni e quel giorno nevicò talmente tanto che mio padre proibì categoricamente a noi figli di uscire di casa. Ma a un tratto – racconta – sentii le sirene delle ambulanze, il vociare della gente sempre più forte. Noi abitavamo in via De Giosa, a due passi da via Lembo. Non resistetti alla curiosità e corsi fuori di casa. Vidi una scena incredibile: il locomotore senza macchinista accartocciato sul tram appena partito. Per fortuna tutti riuscirono a mettersi in salvo prima dell’impatto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma il tram pagò le conseguenze di quella giornata. Fu proprio in seguito a quell’incidente che si decise di sopprimere la ferrovia a trazione elettrica Santo Spirito – Bitonto. I tempi erano cambiati. All’inizio degli anni 60 si era in pieno boom economico, le possibilità nei trasporti si erano moltiplicate, l’avvento della motorizzazione di massa e i servizi offerti dalla ferrovia Bari Nord rendevano di fatto superflua la tramvia. Per il vecchio tram era giunto il momento di andare in pensione. Di lui oggi rimane il ricordo ironico delle sue disavventure e qualche traccia non ancora rimossa. Ma anche un po’ di nostalgia nei cuori di quei 300mila passeggeri che il tram trasportava ogni anno.
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