Niente connessione e pochi "mi piace": le nuove fobie legate a social e smartphone
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venerdģ 11 novembre 2016
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di Cassandra Capriati
I tempi moderni dominati da computer, smartphone e social network hanno infatti portato tutta una serie di nuove fobie che, sebbene non siano ancora ufficialmente entrate nel Dsm (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), sono comunque oggetto di studio da parte degli esperti del settore. Ne abbiamo parlato con lo psicologo barese Tommaso Colonna.
Innanzitutto: che cosa si intende con il termine fobia?
Una paura immotivata e irrazionale nei confronti di situazioni, oggetti, attività, animali o persone. Ad esempio come la claustrofobia, la paura degli spazi chiusi. Quando un soggetto fobico si trova a essere “imprigionato” ha sempre reazioni esagerate, come pianti, urla, eccessiva sudorazione e battito accelerato. A scatenare il tutto è l’ansia, un’emozione che comunica al cervello che ci si trova di fronte una minaccia. L’ansia provoca due reazioni: l’attacco o la fuga. Nelle fobie l’individuo sceglie quest’ultima, cercando di evitare in tutti i modi la situazione “rischiosa”. E quindi il claustrofobico ad esempio non prende mai l’ascensore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Parliamo delle nuove fobie.
Non possiamo ancora annoverarle ufficialmente tra i disturbi mentali perché per far ciò c’è bisogno di studi più lunghi nel tempo, però noi esperti le stiamo considerando seriamente. Tra queste c’è la nomofobia, la paura di restare senza cellulare o staccati dalla rete. Secondo una ricerca britannica il 58% degli uomini e il 48% delle donne tende a mostrare uno stato ansioso quando ha il telefono scarico o non ha connessione internet. Per ciò fanno di tutto per evitare di restare a lungo senza telefono ed evitano di recarsi in posti dove il cellulare non prende, come ad esempio quelli immersi nella natura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quali sono i soggetti più colpiti?
Sarei portato a dire i giovani, perché tendono ad utilizzare maggiormente questi strumenti. In realtà però dipende dall’utilizzo che ognuno ne fa: più è importante per l’individuo rimanere “collegato”, sapere ciò che stanno facendo i suoi amici, tanto più è probabile che possa avere una reazione ansiosa in caso di mancanza dell’amato smartphone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La nomofobia però non è l’unica della nuove paure…
No, ad esempio c’è la fobia di non avere abbastanza “mi piace” sui social: di postare qualcosa e di non vedersi riconosciuto un ritorno in termini di visibilità e di popolarità. Per questo motivo c’è chi, magari dopo un post che ha avuto poco successo, decide di evitare per sempre di pubblicare qualsiasi pensiero o fotografia, proprio per non dover affrontare la delusione di ricevere pochi “like”. Alla base ci sarebbe il timore del giudizio, come per il fobico sociale, colui che non esce perché ha paura di non risultare adeguato, di essere giudicato male.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci sono altre fobie legate al nuovo modo di stare insieme?
La deipnofobia: la paura persistente, anormale e ingiustificata di affrontare le conversazioni al momento di un pranzo o di una cena. Secondo l’Associazione di psicologia cognitiva (Apc), circa il 13% della popolazione ha avuto almeno un episodio di deipnofobia nella sua vita. Nei casi più gravi il fobico evita gli appuntamenti per non dover essere poi costretto a dire qualcosa di interessante. La deipnofobia deriverebbe dall’attuale assenza di regole a tavola. In passato il momento della cena prevedeva che ognuno “stesse al suo posto”: si parlava solo quando si veniva interpellati. Ora tutte queste norme sociali che davano un certo senso di sicurezza non ci sono più: bisogna apparire sempre “brillanti” e adeguati al contesto in cui ci si trova. E questo fa paura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma l’essere “social” non ha proprio lati positivi?
Certo, c’è un’altra faccia della medaglia. Ad esempio su internet ci sono tanti gruppi di conversazione nei quali chi è affetto da qualche fobia può trovare sostegno in altre persone che hanno lo stesso problema. “Parlare” con gli altri della propria difficoltà nel “comunicare” può sembrare contradditorio, ma rappresenta un ottimo modo per condividere strategie utili ad affrontare una nuova ma pericolosa situazione.
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Cassandra Capriati
Cassandra Capriati