Dall'elettroshock alla macchina della verità: a Bari un museo racconta la storia della psicologia
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venerdì 24 gennaio 2025
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di Laura Daloiso - foto Rafael La Perna
La raccolta rappresenta il tredicesimo museo dell’Ateneo: istituto che nel corso degli anni ha aperto al pubblico collezioni dedicate a specifiche materie quali Mineralogia, Informatica, Matematica e Scienze della Terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo quindi andati a visitare il neoneato museo facente capo al Dipartimento di formazione, psicologia e comunicazione, ospitato all’interno di Palazzo Chiaia Napolitano, in via Crisanzio. (Vedi foto galleria)
Quando arriviamo veniamo subito accolti dalla docente Antonietta Curci, responsabile dell’esposizione e dal ricercatore Ivan Mangiulli. I due ci conducono al piano terra dell’edificio: qui si apre una larga stanza dove sono posti all’interno di teche in vetro i vari strumenti. Un cartello espositivo riporta invece alcune interessanti fotografie storiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il museo conserva il nucleo originario della strumentazione utilizzata negli anni 50 dal Consultorio di Psicologia Universitario diretto da Alberto Marzi - ci spiega la professoressa -. I macchinari sono divisi in tre blocchi raccolti attorno a tre grandi tematiche: apprendimento e motivazione, processi cognitivi ed area clinico forense. Alcuni provengono anche da centri di orientamento professionale e dall'ex Ente Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni. Il motivo? Erano stati progettati per valutare il grado di motivazione di un lavoratore nei confronti delle mansioni richieste. Rappresentano una testimonianza della psicotecnica: l’applicazione della psicologia all’attività lavorativa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le nostre guide cominciano a illustrarci i primi dispositivi. Partiamo dalla Teaching Machine, ideata nel 1957 da B.F.Skinner, docente di Harvard. «È una macchina per l’apprendimento - spiega Mangiulli -. Permetteva di insegnare una varietà di contenuti attraverso una serie di test. Lo studente spingeva un tasto e se la sua risposta era errata la macchina emetteva un suono. Si tratta di un precursone dei moderni software educativi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Passiamo ora al Test del Tornitore di Lahy. In questo caso il soggetto con uno stiletto appuntito doveva seguire il tracciato disegnato su una placca metallica, così da rendere possibile la valutazione del coordinamento dei movimenti manuali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Questi due strumenti sono invece dei Tachistoscopi - ci illustra Curci -. Servivano per misurare la capacità percettiva e di attenzione. La macchina si apriva per un brevissimo tempo mostrando delle immagini che poi il paziente doveva “recepire” e descrivere. Uno dei due è più moderno ed è dotato di otturatore fotografico, mentre l’altro (detto di “Netschajeff a Caduta”) non possiede un sistema elettrico bensì un ingranaggio a contrappesi. Qui veniva inserita la cartolina con l’immagine e dopodiché col peso si giostrava sui tempi di esposizione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguiamo la visita e ci avviciniamo alla raccolta di strumenti che hanno avuto applicazioni in campo clinico forense: consentivano di valutare psicologicamente coloro che commettevano un reato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad attrarci subito è il Poligrafo, meglio noto come Macchina della verità. «Funzionava così - ci illustrano i docenti -. Degli elettrodi venivano collegati al soggetto per valutarne il respiro, la sudorazione della pelle, il battito cardiaco e la pressione sanguigna. Si pensava infatti che nel caso in cui il reo mentisse, il suo corpo avrebbe emesso dei segnali di “nervosismo”. Una penna meccanica aveva poi il compito di tracciare un diagramma che evidenziava le alterazioni dei parametri fisici».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La Macchina della verità in Italia non è mai stata considerata attendibile, a differenza di Paesi come Stati Uniti e Giappone dove invece il Poligrafo è ancora utilizzato in sede investigativa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Curiosità: una foto ritrae l’inventore del dispositivo, l’americano William Moulton Marston, famoso anche per essere stato il creatore del personaggio dei fumetti Wonder Woman.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma eccoci davanti a uno strumento a dir poco terrificante: l’Elettroshock portatile. Quello esposto qui proviene dall’ex Ospedale psichiatrico di Bisceglie. «Venne messo a punto negli anni 30 dal neurologo italiano Lucio Bini - dice Mangiulli – ed era utilizzato per “curare” depressione, psicosi maniaco-depressive e persino l’omosessualità. Sulla testa del paziente venivano posizionati degli elettrodi e poi avviata la scossa elettrica. Il passaggio di corrente era monitorato attraverso una lampadina che doveva accendersi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A partire dagli anni 60 l’elettroshock fu per fortuna abbandonato: venne infatti provato che la macchina bruciava i neuroni causando danni alla corteccia cerebrale. Anche se la pratica di stimolare il cervello attraverso piccole e molto più lievi scariche elettriche è ancora utilizzata per curare alcune patologie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Concludiamo la visita al museo con il ben più tranquillizzante Test Minnesota. Si tratta di una scatola di legno che contiene una serie di cartoncini sui quali si leggono domande poste per misurare le diverse funzioni cognitive. Un test ideato nel 1942 e ancora utilizzato in vari ambiti, che permette di valutare la capacità di prendere decisioni, il pensiero critico e la risoluzione di problemi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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