Al Flacco il liceo si fa breve, diploma in 4 anni: «Non creiamo classi elitarie»
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venerdì 5 dicembre 2014
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di Adriana Favia
Sono queste le parole scelte da Antonio d’Itollo, preside del liceo classico Quinto Orazio Flacco di Bari, per motivare la decisione del consiglio scolastico di avviare nell’istituto la sperimentazione a “indirizzo internazionale”. Il progetto, istituito con i decreti ministeriali n. 902 e 904 del 5 novembre 2013, ha interessato altre tre scuole italiane: l’Ettore Maiorana di Brindisi, l’Enrico Tosi di Busto Arsizio e il Carlo Anti di Verona. L’obiettivo? Permettere il conseguimento del diploma in quattro anni anziché cinque e offrire agli studenti la possibilità di immettersi prima nel mondo del lavoro, adeguandosi a ciò che avviene in buona parte dell’Unione Europea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le novità che caratterizzano il “liceo breve” riguardano innanzitutto la metodologia didattica. Così materie e programmi restano gli stessi (si aggiunge solo lo studio di una seconda lingua straniera, il francese) ma sono distribuiti con tempistiche differenti: 4.752 ore in quattro anni, cioè sei ore al giorno per sei giorni a settimana, più 233 ore di laboratorio e stage. Un significativo aumento del monte ore medio settimanale: 36 per l’indirizzo internazionale a fronte delle tradizionali 31 del liceo nel corso quinquennale, che l’Istituto supporta in termini di flessibilità oraria e didattica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Cambia anche il modo di fare lezione, si punta sulla “codocenza”, ossia l'esaminare un singolo argomento in più materie di studio, il che permette di ottimizzare i tempi di insegnamento e apprendimento. «L‘italiano si intreccia con il latino, l’inglese con la storia così da favorire una competenza più ampia e originale delle materie», afferma d’Itollo. Un comitato tecnico-scientifico composto da docenti universitari controlla e valida lo svolgimento della sperimentazione. Ad affiancare poi i classici libri di testo nello studio, acquistano ruolo primario i tablet, distribuiti in comodato d’uso gratuito dalla scuola e l’uso dei laboratori d'informatica, strumenti cardine con i quali realizzare lo svolgimento delle attività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«E’ fondamentale - spiega il preside - che la scuola venga incontro alle esigenze di un apprendimento al passo con i tempi e che sappia “comunicare l’antico” alle nuove generazioni con strumenti tecnologici e linguaggi a loro più vicini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per i professori che hanno aderito, il progetto costituisce un nuovo modo per mettersi in gioco. «L’utilizzo dei laboratori e delle nuove tecnologie è un valido aiuto per rendere più partecipi gli studenti. Si crea una sinergia particolare tra docenti e alunni che ne modifica il tradizionale assetto relazionale», dichiara la vicepreside Antonella Giannone, che insegna nel corso internazionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Rimangono però le polemiche sulla “natura elitaria” del corso: il Consiglio di Stato deve pronunciarsi sulla sentenza del Tar Lazio che ha dichiarato illegittima la sperimentazione internazionale (il ricorso era stato presentato dalla Cigl), proprio perché presumerebbe una disparità di trattamento degli alunni. Ma su questo punto d’Itollo chiarisce: «Non si tratta di un gruppo di studenti privilegiato rispetto agli altri, non vi sono state selezioni per accedervi. Sono stati iscritti tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, senza esclusioni e sono state create due classi per un totale di 64 alunni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma gli alunni che dicono, sono contenti di studiare di più? Sembrerebbe di sì, almeno a sentire il 13enne Enrico, rappresentante degli studenti, che frequenta una delle classi “speciali”. «E’ stata una scelta personale – afferma - i miei genitori inizialmente erano contrari. Ma terminare un anno prima il percorso scolastico obbligatorio per me è una grande opportunità, così potrò iscrivermi subito all’Università, quando sarò ancora minorenne. E ho già le idee chiare: voglio fare Medicina».
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Scritto da
Adriana Favia
Adriana Favia