Foggia, in 40mila per celebrare le vittime delle mafie: «Ma ricordare non basta»
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mercoledì 21 marzo 2018
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di Luca Carofiglio
Giunta alla 23esima edizione, si tratta dell'annuale manifestazione a sostegno della legalità che il 21 marzo coinvolge decine di città italiane, una delle quali viene indicata dai promotori come località "centrale" dell'iniziativa. Quest'anno la scelta è ricaduta sul capoluogo della Capitanata e non certo a caso. Del resto l’ultimo rapporto della Direzione Nazionale Antimafia afferma come siano due i posti in Italia dove la malavita continua ad ammazzare: Napoli città e la provincia di Foggia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proprio a San Marco in Lamis, paese del vicino Gargano, lo scorso agosto si è consumato l'omicidio dei fratelli Luciani, uccisi perchè "rei" di aver assistito involontariamente a un agguato legato alla malavita locale. «Noi però avevamo già deciso a maggio il luogo chiave della ricorrenza - ha spiegato Ciotti -. Ma certo non è stata preveggenza: da queste parti regna infatti la “Società foggiana”, quarta realtà mafiosa della Penisola dopo Cosa Nostra, Camorra e Sacra corona unita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma parliamo della manifestazione che ha visto la presenza di decine di movimenti e gruppi: dagli scout agli studenti universitari, dalle scuole superiori alle associazioni antiracket. Il lungo fiume umano si è snodato stamattina tra le vie della città per approdare poi (sotto la pioggia) in piazza Cavour, dove è stata letta un’interminabile lista di più di 900 nomi: quelli delle vittime delle cosche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il principale diritto di ogni persona è quello di essere chiamata per nome - ha evidenziato don Ciotti -. Ed è per questo che ogni primo giorno di primavera declamiamo l’elenco deicaduti senza colpa, ridando dignità ai martiri meno conosciuti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al seguito del corteo c'erano ovviamente i parenti di alcune persone uccise. «Ho perso mia madre all'età di 5 anni - ha raccontato il 26enne di Napoli Francesco Clemente -. Era l’11 giugno 1997: mentre tornavamo a casa dall’asilo, nel quartiere Vomero, fu raggiunta da uno dei quaranta proiettili vaganti sparati in uno scontro tra clan. Oggi non solo ricordiamo i nostri cari, ma rinnoviamo l’impegno giornaliero per chiedere verità e giustizia anche per quelle morti maturate in circostanze mai chiarite».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E a proposito di sforzi quotidiani, tra i presenti si trovava anche il barese Pinuccio Fazio, papà di Michele, il 15enne assassinato il 12 luglio del 2001 nel centro storico durante un conflitto a fuoco tra affiliati delle famiglie Capriati e Strisciuglio. «Ricordare non basta: bisogna agire - ha sottolineato Pinuccio -. Dopo aver perso nostro figlio io e mia moglie abbiamo aperto un’associazione che si occupa di doposcupola, dando così un’opportunità a quei bambini più inclini a cadere nella mani della malavita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perchè il 21 marzo è la giornata in cui si riunisce la parte sana del Paese, quella che di piegarsi a tanta violenza non ne vuole sapere. Tra i tanti gruppi presenti abbiamo ascoltato i giovanissimi studenti del liceo Cartesio di Triggiano.
«Nel mio istituto sto frequentando il laboratorio di legalità - racconta la 19enne Lucy -. Prima la “mafia” per me era solo un nome misterioso e lontano: ora invece ho capito che la criminalità organizzata è ovunque». «Io invece oggi ho compreso la violenza con cui operano le cosche – afferma la 16enne Federica - ma ho anche scoperto che con coraggio ci si può rialzare dopo aver toccato il fondo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio