Molfetta, l'area industriale «emblema del rischio idrogeologico pugliese»
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venerdì 3 gennaio 2014
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di Eva Signorile
La zona industriale di Molfetta è oggi infatti inserita in un territorio che l’Autorità di Bacino della Puglia individua come area ad elevato rischio idrogeologico. La situazione è ben visibile nella foto in evidenza, che riporta in blu scuro le zone ad alto rischio idrogeologico e in azzurro più chiaro quelle a medio rischio. Le perimetrazioni effettuate dai tecnici dell’Autorità di Bacino, però non trovano d’accordo il Comune di Molfetta, che ha fatto ricorso al Tribunale superiore delle Acque Pubbliche. La situazione si trascina da anni, a colpi di sentenze. Ne parliamo con un tecnico del settore, che ha chiesto però di rimanere anonimo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di tutto: cosa si intende per “alto” rischio idrogeologico?
Un'area è definita ad alta pericolosità idraulica quando è soggetta a fenomeni alluvionali con elevata frequenza, cioè con un tempo di ritorno di 30 anni. Il tempo di ritorno è l'intervallo medio che intercorre tra un fenomeno alluvionale di una certa entità e quello successivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E Molfetta non se la passerebbe bene…
Molfetta è l’emblema del rischio idrogeologico pugliese. Ciò che la rende vulnerabile è la sua natura carsica che fa sì che gli alvei (i letti dei corsi d’acqua) restino privi di deflusso per intervalli di tempo anche decennali. Se l’acqua non si vede, molti sono portati a credere che il rischio non sussista e si finisce col dimenticarlo. Ma invece c’è la seria possibilità che, in caso di precipitazioni fuori dalla norma, l’intero territorio possa essere inondato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Molfetta però è solcata da numerose lame, non dovrebbero rappresentare una salvezza?
Quando le precipitazioni sono superiori alla capacità di assorbimento del terreno, l’acqua inizia a ruscellare e finisce nei “compluvi”, cioè nelle lame, che fanno confluire questo concentrato di fango e acqua, in grado di trascinare tutto ciò che trova lungo il percorso, fino al mare. I problemi arrivano quando le lame risultano ostruite per qualche motivo: coltivazioni abusive o costruzioni, ad esempio. Ed è il caso di Molfetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma è possibile costruire nelle lame?
Oggi la normativa è molto attenta in materia di difesa del suolo, ma nei periodi di “vuoto normativo è successo di tutto: si è costruito dappertutto. Le lame sono state occupate da tendoni e serre o sono attraversate da strade che non consentono il corretto passaggio dell'acqua nell'alveo. La stessa SS16 bis presenta numerosi attraversamenti idraulici: opere posizionate dove le strade intersecano le zone di scorrimento dell'acqua. Nelle lame ritroviamo persino case e insediamenti produttivi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La zona di Molfetta incriminata è quella industriale, iniziata nel 1976, che ha poi avuto una seconda fase di espansione con il PIP 2 (Piano di Insediamento Produttivo) e ora prevede anche un PIP3, nel quale dovrebbero campeggiare anche due torri direzionali, cioè due grattacieli.
Dunque nel 2005, l’Autorità di Bacino adotta il PAI, cioè il Piano di Assetto Idrogeologico, che riporta aree a pericolosità idraulica, presenti anche a Molfetta. Le perimetrazioni vengono poi aggiornate nel 2009, sulla base di nuovi studi. L’allora amministrazione di Molfetta, volle continuare con l'urbanizzazione dell'area industriale, ignorando le indicazioni dell’Autorità e fece ricorso al Tribunale Superiore delle Acque (TSAP), chiedendo l'annullamento delle perimetrazioni, che il TSAP invece ha respinto, confermando la validità delle perimetrazioni dell'Autorità di Bacino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a quel punto, il Comune di Molfetta ha fatto nuovamente ricorso in Cassazione che, con la sentenza n. 16885, del 5 luglio 2013, ha emesso una sentenza non del tutto favorevole all'Autorità di Bacino.
Non è esatto. Con questa sentenza si è evidenziato un "vizio di forma": alla riunione del Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino che approvò le perimetrazioni di Molfetta, furono convocati solo i membri che avevano attinenza con gli ordini del giorno, a differenza di quanto previsto dallo statuto che vuole che debbano essere convocati tutti i rappresentanti. E’ questo il punto criticato dalla sentenza, che però non tocca la validità tecnica dello strumento di pianificazione a tutela delle persone e delle opere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E adesso?
Ora c’è una nuova giunta comunale: bisogna vedere cosa deciderà in merito al rischio idrogeologico. C'è inoltre un particolare che non va trascurato: la vecchia amministrazione, guidata dal sindaco Antonio Azzollini, mentre faceva ricorso contro le perimetrazioni dell’Autorità di Bacino, progettava, allo stesso tempo, opere di mitigazione del rischio idrogeologico nell'area industriale. Ma se non c'è rischio, perché allora progettare un canale deviatore per "mitigare il rischio"? Delle due cose l'una: o il rischio c'è, oppure non c'è e quindi non è necessario progettare un canale deviatore. Per mettere in sicurezza il territorio di Molfetta dal rischio idraulico bisognerà iniziare a lavorare seriamente per recuperare il tempo perso e porre rimedio a quanto fatto in questi anni. Il rischio di serie inondazioni è alto.
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