Le storie di Piazza Umberto, punto d'incontro per chi non sa dove andare
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mercoledì 11 febbraio 2015
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di Carmen Pisanello
Un luogo da visitare quindi (vedi foto galleria).
Noi ci siamo stati giovedì mattina, il giorno libero per le badanti ucraine, romene, polacche, bielorussie e georgiane. Sul lato della piazza che si affaccia sulla stazione centrale ci sono loro: si incontrano sempre qui, ogni settimana e pranzano insieme. Su una panchina tre donne rumene chiacchierano, hanno tutte e tre la stessa frangetta bionda, ma età completamente differenti. Ania, Kasha e Lucia sono rispettivamente nonna, madre e figlia. Mentre Ania e Kasha lavorano come badanti, Lucia va a scuola, frequenta l’ultimo anno al De Lilla. « Prima ero sola a Bari - racconta Kasha - mettevo da parte i soldi per Lucia che era rimasta in Romania con la nonna e mio marito. Ci vedevamo una volta all’anno ed era molto difficile per me non vedere mai mia figlia. Ma quando mio marito è morto, abbiamo deciso di ricongiungerci e lei e mia madre sono venute qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo verso le panchine centrali e troviamo un gruppo di persone rumoroso, tutti con occhiali da sole nonostante il tempo uggioso e tutti con in mano una birra Peroni da 66 cl. Sono appena le 11 di mattina. Tra di loro c’è Michele, di Japigia. Lui ha 42 anni ma ne dimostra di meno, forse per l’abbigliamento “giovanile”: chiodo di pelle e capelli ossigenati al centro. «Non c’è un motivo particolare per cui veniamo qui – spiega - è un luogo d’incontro dove passano tutti. D’altronde non hai molte alternative se non hai una casa tua, né soldi da spendere. Io non avendo un lavoro stabile vivo ancora con mia madre».
Poi passa una signora con un grosso cappello di lana che si trascina dietro un carrello. Il gruppo la prende un po’ in giro. «Quella è una matta, si chiama Filo, sta sempre da queste parti», ci dice Michele. Li lasciamo per inoltrarci all’interno della piazza. Passeggiando non mancano gli “hey bella”, il più originale “quanto mi piace il tuo cappello” e il classicissimo “ci possiamo conoscere?”. Del resto avevamo parlato delle molestie (non solo verbali) che subiscono le ragazze che pattinano sulla pista che da qualche mese di trova su questa piazza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Spostandoci verso via Sparano superiamo varie panchine e notiamo nordafricani che bevono latte, studenti dell'Ateneo che si scambiano appunti, la volante dei vigili urbani parcheggiata, clochard che giocano a carte e un gruppetto di ragazzi turchi che chiacchiera. Uno di loro lo riconosciamo, è un giovane che lavora in un “kebbabbaro” aperto tutta la notte. Gli chiediamo quando dorme, visto che la notte di solito è al lavoro, ci risponde ridendo: «Avevo un appuntamento qui con i miei amici, se la sera e la notte lavoro, almeno a pranzo esco. Siamo abituati a incontrarci qui in piazza per poi andare via insieme».
Continuiamo ad attraversare il centro della piazza e lì, all’altezza del piccolo bar chiosco, un ragazzo di colore ci chiede se vogliamo comprare una sigaretta. Non un pacco, una sigaretta sola, per evitare di essere accusato di contrabbando. Lui si chiama Alfa, ha 25 anni e viene dal Senegal. In realtà lui preferiva vivere in Francia, è dovuto tornare a Bari perché la legge impone il rinnovo del permesso di soggiorno nel Paese d’arrivo, dunque nel caso di Alfa e di molti altri, in Italia. Gli chiediamo se gli piace piazza Umberto: «Sì mi piace, certo – ci risponde - mi piace che quando non c’è lavoro la gente può venire qui a parlare, anche se spesso le persone hanno pregiudizi e non mi parlano perché vedono che sono nero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci salutiamo e passiamo sul lato della piazza dove ci sono le giostrine, su cui sono sedute delle signore. Di bambini neanche l’ombra. Scattiamo una fotografia e un uomo fa cenno con la mano e da lontano: «Hai guardato bene tutto eh?». Questa è piazza Umberto, chi la attraversa lo fa in fretta, mentre coloro che la frequentano si riconoscono tutte fra loro: un volto nuovo e curioso salta subito all’occhio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci avviciniamo temendo che l’uomo voglia litigare, ma in realtà dopo qualche battuta il discorso vira immediatamente sulla sua vita. Si fa chiamare Nico ed è un tunisino di 52 anni , vedovo di una barese. Una figlia è laureata in giurisprudenza e vive con gli zii a Torino, il figlio piccolo è iscritto al Politecnico, facoltà di Ingegneria. «In fondo sono felice di stare qui anche se sono povero – ammette - perché per me la famiglia è la cosa più importante». Nico è con il suo amico Sabri, che invece lavora in una pizzeria e arrotonda la paga aiutando persone a traslocare con il suo furgone. Ormai è pomeriggio e la piazza si riempie di anziani che giocano a carte sulle panchine. Si gioca a briscola, però puntando delle piccole cifre. «Si vede che quelli prendono la pensione», commenta Sabri laconico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbandoniamo i due tunisini, ma proprio quando credevamo di aver visto abbastanza, qualcuno ci ferma chiedendoci se per caso abbiamo bisogno di un lavoro. L’offerta arriva da un uomo di mezza età, italiano, in mocassini e abiti curati, che si presenta come un «dirigente di un ente pubblico»: cerca una donna delle pulizie. Ci fingiamo interessati perché l’offerta è alquanto insolita. L’uomo aggiunge di essere separato e ben presto il lavoro serio assume i contorni di un lavoro “particolare”. «Pagherei meglio di 7 euro all’ora – afferma -. Vuoi vedere casa mia? Sono un tipo molto, molto pulito, anche la mia casa è molto pulita». Se è così pulita non avrà bisogno di una donna delle pulizie, quindi abbandoniamo il signore che tentava di adescarci e lasciamo definitivamente la piazza.
Che dire di Piazza Umberto? Abbiamo collezionato molte storie e incontri, alcuni gradevoli, altri meno. Di certo è un posto “vitale”, dove cerca di esistere una fetta di società, fatta di italiani e stranieri, sempre più poveri e sempre più numerosi, che vivono nei luoghi pubblici perché non ne possiedono di propri, perchè non sanno dove andare. O forse semplicemente perché li preferiscono, per sentirsi meno soli.
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Scritto da
Carmen Pisanello
Carmen Pisanello
I commenti
- Roberto Telesforo - Mi sembra corretto. Piazza Umberto non è il posto peggiore del mondo, come qualcuno sostiene.