Abbandono, topi e nostalgia: viaggio nel centenario e lugubre ex asilo di Bitetto
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martedì 5 giugno 2018
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di Diana Carolina Porras - foto Antonio Caradonna
L'edificio sorge al civico 28 di via Guglielmo Marconi, a pochi passi dalla città vecchia e si sviluppa su due livelli. «Lì dentro ci si divertiva un mondo - ricorda Marta, 60enne che frequentò l'istituto poco prima che venisse abbandonato -. C'erano due classi molto capienti, alberi di mele e pere nei giardini e una fontanella centrale dove ci dissetavamo tra un gioco e l'altro. Una grande stufa ci riscaldava nei mesi più freddi ed era attiva una mensa per sfamare i bambini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Quello stabile - spiega Rosamaria, altra "reduce" della scuola - era un vero e proprio gioiello. Oggi invece è la vergogna di Bitetto: pieno di cani randagi, luogo di ritrovo per tossicodipendenti e posto talmente sporco da favorire la proliferazione di topi. Per difendersi dai ratti chi abita nei paraggi è ormai costretto a vivere con dei gatti in casa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una situazione che almeno a breve difficilmente si sbloccherà. Come racconta Onofrio Damone, ex vicesindaco del paese, le modalità di riutilizzo della costruzione sono oggetto di un estenuante braccio di ferro tra Comune e Opera pia che dura dal lontano 1987: l'idea più gettonata è trasformarla in una casa di riposo, ma per ora non c'è nulla di concreto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In attesa di buone notizie, abbiamo quindi visitato l'ex istituto (vedi foto galleria).
In cima alla sua facciata è inciso l'anno in cui fu eretto, mentre l'ingresso principale posto sotto di esso risulta sbarrato da una ringhiera arrugginita. Scegliamo così di usare l'accesso secondario situato in via Sterlacci, che troviamo aperto sul lato destro della struttura, ritrovandoci così in una selva di sterpaglie alte un metro che dominano il vecchio giardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Avanziamo a fatica verso la porta secondaria, collocata sul retro dell'asilo. La oltrepassiamo ed entriamo: ad accoglierci una serie di stanze senza porte invase da riviste strappate, pezzi di legno e altri rifiuti di ogni genere. Appoggiato a un muro un pezzo di ringhiera circondato dalla polvere, affiancato a poca distanza da quel che resta di vetusti mobili rovesciati da tempo immemore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In alcuni punti la luce del sole fa veramente fatica a penetrare: il buio che si viene così a creare, sommato alle tetre finestre senza vetri, "regala" scorci piuttosto inquietanti. Preferiamo quindi salire al primo piano. La rampa che utilizziamo è tutt'altro che rassicurante, visto che gran parte del corrimano è costituito da malmesse assi di legno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche quassù però il degrado regna sovrano: una sequela di vani spogli, pareti luride e cavi che pendono dal soffitto sono l'inevitabile risultato di decenni di abbandono. Usciamo sul terrazzo, stupendoci di come uno stabile così deteriorato sia così vicino ai palazzi del centro cittadino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci affacciamo sul retro dell'asilo, rendendoci conto ancora una volta della "prepotenza" della vegetazione spontanea del giardino. Anche se proprio mentre stiamo per uscire, sentiamo dei rumori provenire dall’esterno: sono degli operai: proprio nel giorno in cui abbiamo deciso di visitare la struttura sono stati mandati qui a tagliare l’erba. Che incredibile coincidenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Diana Carolina Porras
Diana Carolina Porras
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna