A Bari l'unica stazione italiana "Cospas Sarsat": un aiuto a navi e aerei in difficoltà
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venerdì 21 dicembre 2018
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di Eva Signorile
La stazione è ospitata all’interno dei capannoni della Guardia Costiera, a cui accediamo guidati dal capitano di fregata Giancarlo Salvemini, direttore della stazione. L’ufficiale ci spiega il significato del nome. “Cospas” è l’acronimo di una frase russa traducibile in "sistema spaziale per la ricerca di navi in difficoltà", mentre “Sarsat” sta per "Search And Rescue Satellite-Aided Tracking" (localizzazione satellitare per le operazioni di ricerca e salvataggio).
Il sistema fu progettato alla fine degli anni 70 allo scopo di fornire rapidamente l’individuazione di persone in pericolo. Vennero installati una serie di antenne in tutto il mondo e in Italia fu scelta Bari, probabilmente per la sua posizione strategica nel Mediterraneo.
L’ufficiale ci accompagna ora all’interno del suo ufficio per mostrarci tre piccoli strumenti di forme e colori diversi. «Si chiamano “Beacon” e si identificano con sigle differenti: “Epirb”, “Elt” e “Plb” – ci illustra Salvemini -. Si tratta in pratica di trasmettitori che inviano la richiesta di aiuto ai satelliti. Il primo è un dispositivo obbligatorio sulle grosse navi, il secondo si trova su aerei ed elicotteri, l'ultimo è invece è per i mezzi privati e ad uso personale e non c'è obbligo di detenzione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I primi due hanno una doppia modalità di attivazione: manuale e automatica. «Può avvenire in effetti che l'emergenza si realizzi in tempi talmente rapidi da non riuscire ad accendere lo strumento – spiega il capitano -. Così quello navale è programmato per attivarsi automaticamente quando si raggiunge una certa profondità in acqua, mentre quello aereo manda il segnale quando c'è un'improvvisa accelerazione nella discesa del velivolo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dunque in una situazione di estremo pericolo questi oggetti trasmettono l’avviso ai satelliti e questi a loro volta li inviano a tutte le 35 stazioni “terrestri” presenti nel mondo. I dati ricevuti vengono infine spediti al più vicino “Spoc” (Punto di Contatto per la Ricerca ed il Soccorso): in Italia è la centrale della Guardia costiera di Roma. «Lavoriamo tutti 7 giorni su 7, 24 ore su 24, seguendo procedure standard identiche in tutti i Paesi», avverte il militare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre parliamo ci spostiamo in quello che è il cuore pulsante della struttura: i locali che ospitano le strumentazioni che ricevono e decodificano i segnali di emergenza. Sembra di trovarsi sul set di un film di fantascienza. Sulla destra, protetto da una vetrata, si trova un “cervello elettronico” tanto grande da occupare lo spazio di una stanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel resto dell'ambiente ci sono alcuni computer e delle scrivanie intorno a cui si muovono le altre “guardie” che studiano e confrontano i dati. Ma ciò che cattura l'attenzione sono grandi schermi luminosi sulla parete sinistra: proiettano ognuno un'immagine diversa. Uno ad esempio riprende il raggio di azione delle varie “costellazioni” di satelliti, un secondo invece sta rivelando una possibile emergenza in Kenya.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E mentre speriamo che quel messaggio proveniente dall’Africa non comporti nulla di serio, capiamo come la vita di tante persone può dipendere dal lavoro dei 27 uomini che operano in una stanza nascosta nella periferia di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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