Bari, «sostituzioni improprie»: Soprintendenza interviene a tutela dei palazzi storici
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lunedì 25 febbraio 2019
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di Luca Carofiglio
Il fatto è sempre quello: vengono distrutti palazzi di fine 800/inizio 900 per far posto a più grandi edifici dal dubbio gusto estetico. Una “consuetudine” che nei decenni passati ha anche causato la morte di gioielli liberty quali l’ex Palazzo della Gazzetta e i Villini Postelegrafonici.
Negli ultimi tempi però queste “sostituzioni” hanno subìto una nuova accelerata e questo grazie all’approvazione del cosiddetto “Piano Casa”. Si tratta di una disposizione inserita nel decreto legislativo n.112 del 2008 che permette, una volta avvenuta la demolizione, di ricostruire aumentando il volume delle abitazioni preesistenti del 35%. Una novità che rappresenta una vera e propria manna dal cielo per i costruttori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In Puglia il Piano è stata recepito con la legge n.14 del 30 luglio 2009. E nel 2010 il Comune di Bari, preso atto della norma, ha deciso di mettere in pratica un “ambiguo” censimento. L’amministrazione ha infatti demandato a una serie di esperti il compito di “mappare” gli edifici dei quartieri Murat, Libertà e Madonnella.
Sono così stati individuati 327 palazzi storici sopravvissuti. Di questi 227 hanno avuto il “bollino” di elevato valore architettonico, ma i restanti 100 sono stati dichiarati tranquillamente “sostituibili”. Così lo studio, pur proteggendo buona parte dei fabbricati dei tre rioni, ha di fatto “condannato a morte” decine e decine di edifici. Censimento che inoltre non ha preso in analisi quartieri come Carrassi, San Pasquale, Picone, Carbonara o Ceglie, escludendo così da una possibile difesa altre centinaia di immobili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La ricognizione è stata così prima inserita nella variante di adeguamento del PRG al PUTT/P approvata dal Comune nel 2014 e infine nella delibera del Consiglio Comunale del 29 giugno 2018. E in definitiva, pur salvando gli edifici “non sostituibili”, l’amministrazione ha lasciato al proprio destino tutti gli altri, dando carta bianca ai proprietari che avrebbero voluto demolirli.
Consideriamo che in Italia non esiste una norma che tutela i fabbricati con più di 70 anni di età (a differenza di quelli pubblici) e che per Bari non è stato mai previsto un vincolo paesaggistico generale oltre a quello esistente per la città vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’unica salvezza poteva così arrivare dalla Soprintendenza, che seppur non avendo l’obbligo di intervento, ha deciso di entrare nella vicenda, allarmata dal “perpetuarsi di sostituzioni edilizie improprie”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per prima cosa l’ente ha avviato una procedura di apposizione di vincolo monumentale sul palazzo di via Calefati, interrompendone il restante lavoro di demolizione. E il 14 gennaio scorso ha risposto con una lettera a uno studente barese che chiedeva delucidazioni in merito agli abbattimenti di Ceglie del Campo. Una missiva, inviata anche e soprattutto alla Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune, in cui l’ente, per bocca dell’architetto Lucia Caliandro, ha fatto una precisa “proposta” all’amministrazione cittadina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ stata infatti sollecitata la comunicazione “di ogni eventuale ed ulteriore richiesta di intervento di sostituzione e/o ristrutturazione edilizia compresi i casi di demolizione e ricostruzione, attinente tutti gli edifici di epoca anteriore al 1954 siti all’interno dell’intero territorio del Comune di Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con queste poche parole la Soprintendenza ha chiesto quindi di poter entrare nel futuro processo decisionale, riservandosi la possibilità di apporre un vincolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E il Comune? Sembra aver preso positivamente questa possibilità di “collaborazione”. «Siamo in costante contatto con la Soprintendenza – dichiara Carla Tedesco, assessore all’Urbanistica e alle Politiche del Territorio -. Abbiamo infatti avviato una nuova procedura che prevede l’invio all’ente di tutte le richieste di interventi edilizi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma non è tutto. Nella lettera la Soprintendenza ha chiesto di “attivarsi repentinamente in merito alla redazione di piani di recupero relativi ai centri storici, ad oggi del tutto inesistenti”. La Caliandro faceva riferimento alle zone antiche delle ex frazioni (Ceglie, Carbonara, Loseto, Torre a Mare, Santo Spirito e Palese), che pur ricadendo nell’ambito del territorio cittadino non hanno la stessa tutela di Bari Vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E il Comune anche su questo punto sembra essere d’accordo. «E’ una cosa che vogliamo fare – sottolinea la Tedesco -, ma prima dobbiamo approvare il Piano Urbanistico Generale all’interno del quale potremo riconoscere lo status di zona “A”, cioè di centro storico, anche ad alcune aree che oggi sono di zona “B”. In questo modo si potranno finalmente difendere quartieri notevolmente importanti per questa città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
I commenti
- Francesco Quarto - Non che plaudire alle iniziative di Barindita a tutela della dignità architettonica, urbanistica e paesaggistica della città. Era atteso un intervento della soprintendenza (quale?), ma è auspicabile un moto di opinione pubblica e di iniziative serie e solide a contrastare gli attacchi dei palazzinari, a quanto pare collusi con le istituzioni cittadine. Temo che la soprintendenza (quale?) abbia in realtà ormai poche armi al proprio arco di autorità, se non altro a causa dello spaventoso depauperamento delle risorse (umane e finanziarie) cui le soprintendenze tutte e le altre istituzioni culturali del paese è sottoposto. I beni culturali, alla cui tutela sono preposti gli organi del ministero eponimo, sono ormai terra di conquista di pescecani che millantano sensibilità ma agiscono per lucrare in ogni modo (vedi la boiata della finta mostra di van gogh) Ancora complimenti e un invito "Restitere, Restittere, Resistere"