Bari, il dissesto della costa di Torre a Mare: «Se non si interviene crollerà tutto»
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giovedì 25 giugno 2020
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di Nicolò Devitofrancesco
Per comprendere meglio gli effetti del dissesto idrogeologico basta percorrere via Trulli, il lungomare che dal porticciolo del quartiere percorre tutta la costa sud del rione. (Vedi foto galleria)
Già all’altezza di largo Abbà Garimà, nei pressi del chiosco-bar Ske, possiamo notare come l’erosione abbia portato al crollo di un’importante porzione di scogliera. Per salvaguardare l’incolumità di pedoni e automobilisti è stata transennata l’area, andando a restringere vistosamente il traffico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguendo su via Trulli arriviamo al punto più critico di tutta la zona, pochi metri dopo Cala Colombo, dove la strada risulta addirittura sbarrata da vistose e arrugginite barriere in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da oltre dieci anni infatti gli ultimi 200 metri dell’arteria, quelli che portano sino a Cala Sant’Andrea, sono stati chiusi al traffico, dato che proprio in questo tratto l’alta scogliera si è andata sbriciolandosi a vista d’occhio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Basta fare qualche passo oltre la barriera per osservare gli effetti devastanti dell’erosione. Qui, a diversi metri a strapiombo sull’acqua, una frana ha fatto crollare una grossa porzione di roccia che ha portato con sè nel mare parte del guardrail, un pezzo di marciapiede e una buona porzione di manto stradale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il progressivo deterioramento ha inoltre causato vistose spaccature sull’asfalto. Il tutto mentre la piccola barriera e le deboli recinzioni poste per questioni di sicurezza sono state consumate dagli agenti atmosferici e oggi risultano solo un ulteriore rischio per i passanti.
La strada infatti, nonostante il divieto di circolazione, è frequentata quotidianamente da numerose persone, visto che rappresenta l’unica via di accesso alle pocket beach di Torre a Mare, tra le poche spiagge sabbiose della città. Parliamo di Cala Settanni, della frequentatissima Cala Sant’Andrea e delle calette delle Due Colonne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al pericolo per bagnanti e pedoni va poi aggiunta la possibilità che venga cancellato per sempre un pezzo di patrimonio storico e archeologico cittadino. Questo litorale infatti è caratterizzato da siti risalenti al Neolitico: caverne e strutture scavate da antichi “residenti” (forse i primi in assoluto ad abitare Bari) che rischiano di andare distrutte per sempre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fino ad ora il Comune è intervenuto solo con il fine di salvaguardare l’incolumità delle persone, vietando con ordinanza n.65 del 2019 l’accesso a tutta la scogliera del litorale. Misura però come detto del tutto inosservata da cittadini e avventori e pertanto di scarsa efficacia.
Ma che cosa si potrebbe fare per salvare questo particolare tratto di litorale? Lo abbiamo chiesto al geologo Vito Pellegrini, che da anni si occupa dei fenomeni che contraddistinguono la costa barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Cosa sta succedendo alla costa di Torre a Mare?
È in atto un importante fenomeno erosivo, che con il tempo ha provocato e continuerà a provocare fenomeni di dissesto idrogeologico. Con le mareggiate l’acqua si infiltra infatti nelle fratture della roccia e quando esaurisce la sua forza d’urto resta compressa nella scogliera. Questo ciclo, ripetuto nel tempo, porta ad un allargamento delle crepe, che a sua volta comporta un’erosione della roccia e il distacco di piccoli blocchi. Si tratta di un’azione silenziosa ma costante che, protratta, può provocare improvvise frane. È l’assoluta imprevedibilità di questi crolli a rappresentare il rischio maggiore: possono comportare anche il cedimento della strada, come è accaduto in diversi punti di Torre a Mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché il fenomeno è così evidente qui e non ad esempio a Polignano?
Bisogna considerare lo stato fisico della roccia: quella di Torre a Mare è cagionevole perché ha una composizione carbonatica, soggetta a carsismo e degrado se a contatto con l’acqua. A Polignano invece la roccia è calcarea, quindi resistente e integra. In più la scogliera malleabile ha portato l’uomo a scavarla fin dalla preistoria, come dimostrano i numerosi siti archeologici presenti su questo tratto di costa. Un ammasso roccioso modellato però si indebolisce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma come mai questo fenomeno millenario sta venendo alla luce proprio negli ultimi anni?
Le costruzione di strade ed edifici sul litorale, oltre al malfunzionamento di sottoservizi come acquedotti o fognature sotterranee (le cui eventuali perdite possono portare a fenomeni di infiltrazione) sono alla base di un ulteriore indebolimento della costa. Non vanno poi sottovalutati i cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale che conducono a una maggiore violenza da parte dei fattori atmosferici (precipitazioni, venti, mareggiate).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quali sono i rischi che corre questo litorale?
Se non si interviene in maniera adeguata l’erosione continuerà ad avanzare portando a fenomeni di dissesto. È un rischio che mette in pericolo la costa e le sue ricchezze in ogni momento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è un modo per salvare calette e grotte?
Certo. Si possono disporre dei frangiflutti in modo da proteggere il litorale dall’azione violenta del mare. E poi dove la roccia è particolarmente lesionata si può aumentarne la resistenza, ad esempio con iniezioni di cemento nelle fratture o con l’installazione di tiranti: chiodi lunghi diversi metri che ancorano il blocco roccioso alla scogliera. Si tratta però di azioni molto onerose che hanno bisogno di tempo per essere attuate. È necessario però capire fino a che punto si è disposti a rischiare prima di intervenire in maniera efficace.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Nicolò Devitofrancesco
Nicolò Devitofrancesco
I commenti
- Mirko Saponaro - Il laboratorio AGLab del DICATECh con altri colleghi ricercatori del Politecnico di Bari ha avviato un'attività di monitoraggio e sperimentazione di questo tratto di costa. Si spera in un coinvolgimento dell'amministrazione per individuare una soluzione sostenibile ed efficiente.