Bari e quel suo acre odore del mare: «È dato dalle preziose praterie di alghe e posidonia»
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mercoledì 27 gennaio 2021
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di Federica Calabrese
Certo, spesso questi organismi si spiaggiano e, se non rimossi subito, avviano un processo di putrefazione che trasforma il loro odore in fetore. Anche se è bene sapere che l’accumulo di alghe che si viene a creare ha una funzione protettiva che limita il dirompente effetto dell’erosione costiera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per approfondire l’affascinante mondo della vegetazione adriatica di Bari, abbiamo parlato con il 35enne biologo marino Michele de Gioia. (Vedi foto galleria)
È possibile asserire che il mare barese è più “verde” rispetto ad altri litorali?
Sì, perché il fondale di Bari e delle zone limitrofe è in maggior parte di natura rocciosa, il che lo rende ideale per l'attecchimento delle specie vegetali. La concentrazione e la biodiversità dei popolamenti è infatti di notevole interesse e sicuramente più abbondante rispetto a litorali più sabbiosi. Il tratto compreso tra Barletta e San Vito viene del resto denominato con l’acronimo di Sic (Sito di interesse comunitario), proprio perché contraddistinto da praterie di posidonia oceanica. Queste ultime, seppur oggi in forte regressione, colorano il mare assieme ad alghe rosse come la Pterocladiella capillacea e verdi come la Codium bursa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per quale motivo la presenza di posidonia è considerata di “interesse comunitario”?
Perché costituisce un habitat di pregio negli ambienti marini sia per quanto riguarda il ruolo ecologico che per il paesaggio sommerso. È capace di costruire il proprio ecosistema e ha un ruolo fondamentale, poiché fornisce riparo e nutrimento a tantissime specie. Inoltre essendo una pianta contribuisce all’apporto di ossigeno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come mai si assiste al fenomeno di spiaggiamento di questi organismi?
Non è raro: coinvolge tutte quelle zone interessate da un importante movimento idrologico. Con le mareggiate, alghe e fanerogame si staccano dal fondo e vengono trascinate sulla battigia, creando dei veri e propri strati di materiale che via via si decompongono emanando quel particolare odore sulfureo. Questi accumuli vengono chiamati banquettes.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qual è la differenza tra alghe e fanerogame?
Le prime sono semplici organismi unicellulari e pluricellulari, le seconde sono vere e proprie piante acquatiche caratterizzate persino dalla presenza di radici, foglie, fiori e frutti. La posidonia oceanica ad esempio produce le cosiddette “olive di mare”, molto facili da reperire sulle spiagge, ma anche le palle egagropile, sfere sballottate anch’esse dalla risacca.
Riguardo alle banquettes è possibile capire dal colore o dalla forma se si è in presenza di alghe o piante?
Dipende tutto dallo stato di conservazione. La posidonia però si distingue facilmente per la forma e la natura coriacea delle foglie verdi, a differenza delle alghe che di solito sono mollicce. Alghe che hanno un processo di decomposizione più veloce che tende quindi a farle decolorare presto, rendendo così le varie tipologie più difficili da riconoscere. In generale le banquettes hanno comunque un colore marrone scuro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È vero che gli accumuli hanno una funzione protettiva?
Normalmente sono considerati un problema, soprattutto negli stabilimenti balneari dove la presenza di posidonia spiaggiata rende i lidi “poco appetibili” per i bagnanti. Infatti spesso si procede alla rimozione di questi “rifiuti speciali”, sobbarcandosi notevoli costi di smaltimento. Ma non tutti sanno che lo strato algale e vegetale crea una barriera che può contrastare il dirompente effetto dell’erosione costiera. Trattenendo tra le proprie maglie un grande quantitativo di arenile, salvaguardano così la battigia, creando una sorta di diga contro cui le onde si infrangono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È possibile pensare a un riutilizzo di questi “rifiuti”, magari anche culinario?
Ci sono numerosi test che riguardano il loro riutilizzo come biocarburanti, fertilizzanti o fibre tessili. Per quanto riguarda la cucina, le alghe che vengono proposte nei ristoranti appartengono a specie oceaniche (anche se in Sardegna si mangia fritta la lattuga di mare). Ciò non toglie che si potrebbe sperimentare: servirebbero chef coraggiosi e assaggiatori volenterosi. Anche se i baresi sono già “avanti” da questo punto di vista: sono infatti in tanti coloro che mangiano i ricci senza eliminare le alghe dall’interno. È un buon inizio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Patrizia - Ricordo con tanta nostalgia quando arrivando da Milano, entravo nella via della mia nonna che si affacciava sul lungomare e, finalmente, sentivo il profumo del mare
- Alberto Ricciardi - Ed è 'grazie' al decreto Ronchi del 1997 che le banquettes, tanto tempo raccolte dai contadini con carri a trazione animale per concimare i suoli coltivati...sono diventati rifiuti speciali e rimossi purtroppo con ruspe per salvaguardare le narici degli intolleranti bagnanti più desiderosi di avere spiagge 'pulite' che di salvaguardare coste che in terra di Bari sono crollate ed erose quasi ovunque!