«Io lo avevo detto»: ecco cosa c'è di vero dietro le "profezie che si autoadempiono"
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venerdì 16 luglio 2021
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di Gaia Agnelli
Si tratta di un meccanismo mentale che conduce a modificare le proprie azioni facendo sì che una convinzione, positiva o negativa, alla fine si realizzi per davvero. Un processo che non ha nulla di “magico”, ma che al contrario, noto anche come “effetto Rosenthal” o “effetto “Pigmalione”, è stato analizzato da sociologi e psicologi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per approfondire l’argomento abbiamo intervistato Magliozzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Che cos’è una “profezia che si autoavvera”?
Si tratta di un fenomeno psicologico attraverso il quale si attivano una serie di comportamenti tesi a far sì che una propria previsione si trasformi in realtà. In altre parole: se siamo sicuri che qualcosa possa verificarsi, faremo di tutto affinchè ciò che abbiamo previsto si realizzi concretamente. Quando sentiamo qualcuno esclamare «io lo avevo detto», «sapevo che sarebbe andata a finire così», «era destino», ci troviamo di fronte a un “effetto Pigmalione”. Non tutti naturalmente riescono a raggiungere il risultato profetizzato, però pensando ed agendo in un determinato modo è più probabile che le cose vadano proprio come ci aspettavamo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella maggior parte dei casi però si tratta di previsioni “negative”…
Sì, è più comune che le previsioni siano pessimistiche. L’essere umano tende infatti per natura a “mettere le mani avanti” nell’eventualità che le cose possano andar male. Questo a causa di un’impostazione atavica della nostra mente programmata per essere più recettiva ai pericoli e alle minacce. Il sentimento della paura è del resto alla base delle profezie negative. In più tutti agiamo considerando sempre ciò che abbiamo già vissuto in passato. Se nella nostra vita determinati eventi si sono verificati in una maniera specifica, inconsciamente ci aspetteremo che anche gli avvenimenti futuri possano seguire le esperienze precedenti: questo fenomeno è chiamato “generalizzazione”. Un atteggiamento che però si rivela controproducente, visto che conduce ad “auto sabotare” le nostre azioni, modificandole in peggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Facciamo un esempio.
Immaginiamo che io sia uno studente universitario: se mi convinco che l’esame andrà male, metterò in atto una serie di atteggiamenti negativi e limitanti che avranno come obiettivo quello di spingermi nella direzione del pensiero che più temo. Durante la prova quindi sarò agitato, darò l’impressione di non ricordare le cose, inizierò a balbettare: il mio inconscio, ricevuto il comando della “profezia”, si attiverà infatti per far sì che le cose vadano, paradossalmente, proprio nel modo in cui non volevo che andassero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E se invece l’esame va comunque bene? Che fine fa la profezia?
E qui casca l’asino, perché molto spesso non si è in grado di comprendere che la profezia si basava su un presupposto sbagliato. Al contrario si commette l’errore di sminuire il risultato ottenuto dando il merito del successo non a noi stessi ma al puro caso. E si ritorna così al punto di partenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le cose sarebbero quindi più facili se cominciassimo a pensare in maniera positiva?
Sì, perché quando la previsione è ottimistica scatta in noi un meccanismo che ci sprona a dare il meglio per raggiungere il risultato desiderato. Del resto si dice: “volere è potere”. Ritornando all’esempio dell’esame, se ci autoconvinciamo di meritare un bel voto innescheremo una serie di atti utili al conseguimento del successo e così timidezza, balbettii e dimenticanze saranno sostituiti da buona gestualità, sicurezza nella voce e memoria di ferro. E la prova avrà più chance di essere superata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sembra una formula magica…
Attenzione: ciò non vuol dire che si può fare in modo che l’impossibile accada. La vita è infatti un mix di casualità e causalità: noi possiamo agire solo su ciò che ci riguarda, ma non controlliamo quello che ci circonda. Però di certo possiamo essere, almeno in parte, fautori del nostro destino. Come? Attivando tutte le risorse interiori ed aumentando così le probabilità che le cose vadano per il verso giusto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E come possiamo trasformarci da pessimisti in ottimisti?
Bisogna compiere un grande lavoro su sé stessi e sulla propria autostima, cercando di avere più fiducia nelle nostre capacità e comprendendo nel contempo che le azioni non sono immutabili ma modificabili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma gli “altri”? Possono anch’essi essere influenzati dal nostro atteggiamento?
È proprio ciò che ha provato lo psicologo tedesco Robert Rosenthal negli anni 60, che condusse uno degli studi più importanti sulle “autoavveranti”. L’esperto sottopose una classe elementare a un test di intelligenza. Poi però selezionò in modo del tutto casuale un gruppetto di studenti, senza tener conto dei risultati da loro ottenuti e indicò agli insegnanti quei bambini spacciandoli per i più dotati. Bene, il ricercatore dopo un anno ripassò dalla scuola e verificò che il rendimento di quegli alunni era migliorato notevolmente. Erano infatti avvenute due cose. I maestri, convinti che quegli allievi fossero per natura i più intelligenti, avevano cambiato atteggiamento nei loro confronti motivandoli maggiormente, premiandoli e stimolandoli. E gli studenti a loro volta, notando l’approccio positivo dei professori, si erano autoconvinti di valere più degli altri, dando quindi il via a comportamenti positivi e intraprendenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma, in conclusione, nella vita non è meglio subire una delusione “profetizzata” piuttosto che una delusione inaspettata?
Questo è il motivo per cui le profezie sono, come detto, quasi tutte in negativo. La paura della sconfitta ha sempre la meglio. Ma bisognerebbe chiedersi: un comportamento del genere a cosa può portare? A nulla. Se ci innamoriamo di qualcuno e abbiamo timore che questa persona possa respingerci, questo “rassicurante” pensiero negativo ci porterà inevitabilmente al fallimento. Se invece partiamo convinti che le cose andranno bene, durante il corteggiamento metteremo in campo tutte le nostre risorse facendo sì che le probabilità del successo aumentino. La persona che vogliamo conquistare del resto potrebbe essere influenzata da un atteggiamento sicuro e propositivo, assecondandoci e aiutandoci così a raggiungere il risultato sperato e previsto. Non è certo che questo accada, dato che non possiamo sempre ottenere ciò che vogliamo, ma sicuramente “provandoci” aumenteremo le nostre chance. Basta crederci.
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I commenti
- Antonio - Le conclusioni a cui è giunto il Dr. Magliozzi, mi sembrano un ..... tantino plagiate da un antichissimo detto popolare : aiutati che il Ciel t'aiuterà !!!!!